57. IL RASHAR

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Si fermarono a Kamiran solo due giorni. Bastarono loro per rendersi conto che quanto detto dal giovane corrispondeva a verità. Se a una prima occhiata la città pareva tranquilla, uno sguardo attento riusciva a intravedere l'apprensione delle guardie e di tanti cittadini. L'atmosfera serena era un velo che celava l'inquietudine, ma una volta strappato il velo, l'agitazione era tangibile.

Gli Uomini di Kamiran erano in attesa. Non sapevano quanto tempo avrebbero dovuto aspettare, ma erano consapevoli che qualcosa stava per cambiare, che la loro vita sarebbe stata sconvolta. Nessuno ne parlava, ma la parola "guerra" era nei pensieri di tutti quelli che intuivano più di ciò che era dato conoscere.

In pochi erano a conoscenza dell'alleanza tra Kamiran e Darmet, ma i mutamenti avvenuti nella Valle d'Oro suggerivano che qualcosa d'inquietante stesse per accadere, e non era difficile collegarli alle voci, sempre più insistenti, secondo le quali il re di Madaris, Hodger, stava allestendo un esercito con l'intenzione di marciare verso sud.

Non era il caso, per i tre amici, di perdere tempo prezioso. Sapere che Kamiran si stava preparando a scendere in campo era confortante, ma non bastava: avevano bisogno di numerosi alleati, per avere qualche possibilità di contrastare un esercito come quello di Hodger.

La via per Arisem era ampia e fiancheggiata da ciò che rendeva la Valle d'Oro più piacevole: prati, alberi, boschetti, fiori e fiumiciattoli dall'acqua cristallina. Camminavano spediti, dall'alba al tramonto e con poche pause per riposare. A mano a mano che avanzavano la fatica si faceva sentire sempre più.

Dopo quattro giorni di cammino entrarono nel territorio di Darmet; il regno era molto esteso, e solo le zone più a sud rientravano nella Valle d'Oro. Già il terreno si faceva meno rigoglioso, anche se solo lo sguardo attento di Aredel se ne accorse.

Non c'era molto traffico, ma incontrarono alcuni gruppi di mercanti e carovane. Nessuno viaggiava da solo.

Aredel avvistò il monte nel pomeriggio, ma i due ragazzi dovettero aspettare il giorno successivo per poterlo vedere.

Era una montagna dall'aspetto curioso: le pareti ripide, di roccia grigia e liscia, poche balze e nessun tipo di vegetazione. Mancava completamente della punta e la cima era piatta. Non era molto alto; niente a che vedere con i Monti Ursal o con quelli dove sorgeva l'Illinore.

Tutt'intorno, fitta e intricata, cresceva la boscaglia; anche Erya e Idemar, giunti a questo punto, potevano vedere la differenza rispetto al centro della Valle d'Oro. Il bosco che circondava il monte Rashar assomigliava molto di più a quelli che crescevano a nord che a quelli incontrati negli ultimi giorni di cammino, tanto che a Idemar ricordò i Monti Boscosi.

Gli arbusti crescevano in modo più disordinato e intricato, gli alberi erano meno eleganti, tozzi, i tronchi più rugosi e rigidi.

Quando abbandonarono la comoda via per inoltrarsi nel bosco ebbero la conferma di ciò che si aspettavano: l'attraversata non sarebbe stata semplice.

Ogni passo era una lotta contro la vegetazione che, intricatissima, sembrava voler impedire l'accesso a chi non era gradito. Il fitto sottobosco era formato da bassi cespugli – non di rado irti di spine – arbusti dai rami rigidi e rampicanti che talvolta s'intrecciavano a più alberi, quasi a creare delle reti invalicabili.

Idemar aveva proposto di creare un passaggio con l'utilizzo della spada, ma Aredel era stato categorico; non avrebbe spezzato un solo ramo, né estirpato una pianticella, a meno che non fosse stata la loro ultima speranza.

Quanto poi a usare il Cuore di Djinora, nemmeno Idemar osava pensarlo; il bastone era dono di un albero, e sarebbe stato un gesto contro natura utilizzarlo per distruggere altre piante.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora