Nebbia, ombre e dolore. Non poteva muoversi, né riusciva ad aprire gli occhi per pochi istanti senza che la nausea la costringesse a richiuderli. I versi dei rapitori le torturavano le orecchie, stordendola ancor più dei continui sobbalzi che doveva sopportare.
La mente aveva perso ogni lucidità, rendendole difficoltoso anche il più semplice pensiero; nonostante questo una parola riusciva a incunearsi e a tormentarla: perché? Non sapeva perché i Pukrob l'avessero rapita e non riusciva a immaginare dove la stessero portando; aveva creduto d'incontrare la morte in battaglia, e non era in grado di spiegarsi come mai i Pukrob avessero preferito condurla via.
Non riusciva a quantificare il tempo trascorso da quando avevano lasciato in fretta il campo di battaglia: le sembravano passate intere settimane ma sapeva che non poteva trattarsi che di un paio di giorni. Di soste ce n'erano pochissime, e troppo brevi e confuse perché riuscisse a riflettere per trovare una soluzione al problema. Come se non bastasse, di solito si trovava in uno stato tanto pietoso da non riuscire nemmeno a ricordare ciò che era accaduto; aveva il forte sospetto che ciò facesse parte del piano dei Pukrob, perché quando sentiva di aver recuperato un po' di lucidità qualcuno dei rapitori la costringeva a ingurgitare un liquido dal sapore disgustoso, che subito le sconvolgeva la mente immergendola in una nebbia fitta e desolante. Erya odiava quella bevanda, ma allo stesso tempo sentiva di averne bisogno, perché era la sua unica fonte di nutrimento, a parte qualche avanzo di pane raffermo, l'unica cosa che la sostenesse in quelle ore buie.
Nei momenti meno annebbiati pensava alla piccola compagnia che si era lasciata alle spalle, impegnata in una battaglia che non poteva vincere. Al ricordo si sentiva angosciata: come poteva superare quella situazione, come sperare che le cose si sistemassero? Era sola, aveva perduto tutti gli amici e si trovava lontana da casa, prigioniera di un popolo di cui sapeva ben poco, e niente di questo poco era tale da confortarla.
Come alleata aveva soltanto la propria capacità, ma non aveva mai trovato alcuna possibilità di utilizzarla. Era troppo stanca e debole per poter fare qualcosa, e anche se ne avesse avuta la forza non ricordava di essere mai venuta a contatto con qualcosa di vivo: aveva sempre trascorso le soste sulla nuda terra, con la mente sconvolta e incapace di ragionare, e durante il cammino era sempre stata condotta in spalla da uno dei Pukrob. Ricordarne l'odore nauseabondo la fece stare male, e dovette chiudere gli occhi e massaggiarsi le tempie con delicatezza per riprendersi.
Riaprirli fu doloroso, perché la costrinse a vedere di nuovo la stanza in cui si trovava, sempre che potesse considerare così le quattro pareti di fango che la circondavano.
Non sapeva come fosse giunta fino a lì; ricordava in modo vago un viaggio in barca, e di essere stata gettata nelle acque scure di un lago. Aveva creduto che volessero affogarla, e quando l'avevano trascinata verso il fondo, sentendosi mancare il respiro e venir meno il cuore per la paura, aveva perso conoscenza.
Si era risvegliata su quel freddo pavimento di terra scura, scossa dai brividi, senza sapere come ci fosse arrivata. Si era alzata per esplorare la stanza, ma aveva subito capito che c'era ben poco da vedere: era priva di finestre, e il lucore che le permetteva di non brancolare nel buio proveniva da quella che doveva essere una porta, un'apertura dalla forma irregolare, alta e stretta, sbarrata da un fitto incrocio di pali scuri e irti di spine lunghe quanto il suo dito indice.
L'aria, satura di umidità, rendeva faticoso ogni respiro, ma nei primi minuti Erya aveva cercato una via di uscita prendendo a pugni le pareti di terra; gli sforzi non avevano avuto alcun esito e i muri non ne erano stati nemmeno deformati, così come inutile – e doloroso – era stato il tentativo di forzare la porta.
Si rannicchiò in un angolo e attese, mentre un vortice di ricordi e pensieri la avvolgeva. E lei se ne lasciò travolgere, lieta della ritrovata lucidità dopo il lungo e desolante annebbiamento che l'aveva colpita quando era stata rapita.
STAI LEGGENDO
Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...