69. IL CANTO DELLA MARCIA

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Quella giornata di combattimento era costata cara all'esercito alleato, e la sera Darmet piangeva le numerose perdite. Un quarto degli Uomini giunti dalle altre città non sarebbe più tornato a casa, senza contare quanti erano rimasti feriti in modo più o meno grave.

Il nemico aveva sconfitto un terzo dei valorosi cavalieri di Darmet, e anche tra i Feark i caduti erano numerosi: i korkiani piangevano il loro Portavoce Dolunt, colpito alle spalle mentre stava tenendo testa con coraggio a uno tra i più forti comandanti nemici, e anche Kilian, capitano delle guardie di Darmet, era morto tra le braccia dei guaritori per le conseguenze di una ferita procuratagli dalla lancia di un grosso Swargr con il quale si stava confrontando.

Le forze dei combattenti erano ridotte al lumicino, e le pur esigue speranze stavano scomparendo in fretta dai cuori di Uomini e Feark.

Re Ulmer e Norken discussero a lungo sulle opportunità di prendere qualche provvedimento e, di comune accordo, decisero di ordinare l'evacuazione di Darmet da parte di tutti coloro che non partecipavano alla battaglia: quella notte stessa le donne, i bambini e gli anziani che da tre giorni vivevano nei sotterranei del palazzo avrebbero abbandonato la città seguendo il tunnel, come previsto.

Quando Norken raggiunse Erya, Idemar e Aredel sulle mura, dove si trovavano assieme ad Ashira, Pyxis e Nihirat, per comunicare loro la decisione presa, Erya non poté che notare la profonda trasformazione avvenuta nel Feark in quei giorni di combattimento: il volto ancora giovanile era solcato da piccole rughe e gli occhi erano stanchi e cerchiati. Anche i capelli sembravano più grigi, e lo sguardo era grave. Ma il guerriero parlò con voce decisa, senza alcuna nota di sconforto o rassegnazione, anche se tutta la città aveva ormai compreso la gravità della situazione ed era consapevole che Darmet sarebbe caduta in mano ai nemici di lì a poche ore.

Era una serata tranquilla e un triste silenzio – interrotto di tanto in tanto da qualche lamento o singhiozzo – era calato nella città. La luce della luna, intensa in quella notte senza nuvole, si rifletteva sulle ferite di Darmet facendo risaltare gli sfregi e le macerie; era una luce fredda, che donava connotati spettrali agli alberi e alle piante che crescevano nel giardino del palazzo.

Fu in quest'atmosfera di nascosto sconforto che giunsero.

Aredel fu il primo ad accorgersene. «Riuscite a sentirli?»

Idemar ed Erya non udivano nulla; niente interrompeva il silenzio. Si guardarono attorno, ma non c'era movimento fuori dalla città.

«Intonano il canto della marcia. A breve potrete ascoltarlo anche voi, come tutti, qui a Darmet. Ma ai nemici non giungerà una sola nota, perché soltanto gli alleati lo possono udire: è il segnale di arrivo del mio popolo»

Aredel aveva appena terminato di parlare che la melodia giunse alle orecchie di Idemar ed Erya, e a quelle di quanti si trovavano in città. Nessuno ebbe bisogno delle spiegazioni di Aredel per comprendere che gli Elfi erano in procinto di giungere a Darmet; quel dolce canto aveva il potere di rasserenare il cuore dei disperati, era un delicato balsamo per le ferite dell'animo. Esclamazioni di gioioso stupore si levarono dalle abitazioni della città e dalle mura, mentre finalmente anche gli occhi potevano distinguere la massa scura dell'esercito elfico che si avvicinava.

Dovevano essere almeno diecimila guerrieri, tra fanti e cavalieri, e tutti indossavano una cappa che riluceva argentea ai raggi lunari, che all'improvviso parvero meno freddi e ostili.

In prima fila, in sella a due splendidi cavalli bianchi, vi erano Orinden ed Elaniel, sovrani di Lithenor. Erya ne fu stupita, non avendo mai creduto possibile che una dama splendida e delicata come la regina Elaniel potesse partecipare a una battaglia, ma Aredel spiegò che la regina aveva fama di abile arciere ed era un'ottima guaritrice.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora