52. SENSI DI COLPA

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Lasciarono il boschetto, muovendosi in direzione del Terwen. Idemar era convinto di riuscire a ricordare la posizione del fiume e lo aveva detto a Erya, spiegandole quali fossero le sue intenzioni.

«La cosa più importante, in questo momento, è disorientare i Pukrob ed evitare che riescano a trovarci. Non sarà un'impresa da poco, perché sono avvantaggiati: questo è il loro territorio, sono vicini a casa, e conoscono bene ogni prato e albero. Ho visto come si muovono, senza esitazioni, e sono certo esperti nell'arte di seguire le tracce, come hanno dimostrato con l'imboscata; non possiamo fuggire in eterno, prima o poi ci troveranno. Noi siamo stanchi, loro possono marciare veloci per ore e ore senza sosta»

«Cosa proponi di fare?»

«Dobbiamo cancellare ogni segno del nostro passaggio, e credo di sapere come fare: a circa un'ora di cammino a nord scorre il fiume Terwen. Lui ci può aiutare»

Così si erano incamminati. All'inizio nessuno dei due osava parlare, ed Erya si voltava spesso per assicurarsi che i Pukrob non fossero vicini. Il paesaggio tetro attorno a loro non stimolava la conversazione e incupiva gli animi. La terra era brulla, ma ciuffi d'erba verde pallido cominciavano a spuntare qua e là; di tanto in tanto un gruppetto di alberi smorti sorgeva triste, ma i due ragazzi distoglievano lo sguardo da quello spettacolo malinconico.

Mano a mano che si avvicinavano al fiume, però, gli alberi si fecero più verdi e rigogliosi, e l'erba che calpestavano cominciò a essere meno rada e più soffice, di un verde sempre più acceso. Allora Erya decise di chiedere all'amico ciò che le stava a cuore.

«Cos'è successo quando i Pukrob mi hanno rapita? Che ne è stato dei nostri compagni?» La visione di Aredel steso a terra la tormentava ancora.

«Non posso risponderti. Li ho abbandonati per seguire i Pukrob. Ma i nemici erano molti di più»

«Aredel...» mormorò Erya, ma non terminò la frase.

«È caduto» rispose Idemar, distogliendo lo sguardo dagli occhi di Erya, nel timore di leggervi disperazione; aveva capito che l'amica stimava il giovane Elfo, ma non gli era chiaro fino a che punto. «È stato colpito, ma non so cosa ne sia stato di lui, né quanto grave fosse la ferita. Era ancora vivo, quando me ne sono andato»

Erya non fece altre domande: aveva capito quello che Idemar stava cercando di fare, e gliene fu grata. Non avrebbe più rivisto i compagni che erano partiti con loro da Ajersis. Ma come poteva proseguire fingendo che non fosse accaduto nulla?

«Ricordi il luogo dell'imboscata?» chiese.

«Sì. Si trova a due giorni di cammino da qui» rispose Idemar.

«Credo che dovremmo recarci laggiù. Qualcuno dei nostri compagni potrebbe avere bisogno di aiuto»

Idemar era certo che non avrebbero trovato nessuno, non in vita. Nella migliore delle ipotesi Teanor, Meanir e Neagor erano fuggiti, ma non lo credeva possibile. Bisognava però che qualcuno si occupasse dei loro corpi, dandogli una sepoltura; non potevano abbandonarli.

«Non è una brutta idea» rispose, dopo qualche secondo di riflessione. «Anzi, potrebbe esserci d'aiuto nel tagliare fuori i Pukrob. Loro si aspettano che proseguiamo verso ovest, perché in quella direzione ci dirigevamo quando ci hanno trovati: se noi, al contrario, torniamo sui nostri passi, forse riusciremo a disorientarli»

Il fiume Terwen apparve ai loro occhi come uno zaffiro. Il suo blu acceso era bellissimo, in netto contrasto con il paesaggio triste che si erano lasciati alle spalle, ed Erya, che quando l'aveva attraversato per la prima volta era priva di sensi, lo accolse con un'esclamazione di stupore e gioia. Idemar riuscì a goderne lo splendore in modo più profondo, senza l'angoscia che gli aveva attanagliato il cuore durante l'inseguimento.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora