44. LO SCONTRO

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Il braccio cominciò a dargli fastidio la mattina del quarto giorno dalla partenza da Ajersis.

Teanor, Meanir e Neagor accolsero la notizia senza grande apprensione. Erano sempre in allerta, pronti a cogliere il minimo segnale di allarme, e addestrati a non perdere la calma nei momenti di tensione. Inoltre si fidavano molto dei loro fini sensi, ed erano certi che li avrebbero aiutati in ogni situazione.

Erya e Aredel, al contrario, si mostrarono subito preoccupati. I silenzi si fecero più lunghi e ogni rumore destava in loro sospetti e veniva vagliato con estrema cura.

La Valle non aveva perso i colori e i profumi e sembrava impossibile che tra quegli alberi magnifici che ospitavano stormi di uccelli cinguettanti si nascondesse qualche pericolo; eppure col trascorrere del tempo il dolore di Idemar non diminuiva ma, al contrario, si faceva più intenso.

Non trascorse molto tempo prima che Meanir percepisse un movimento. «Qualcuno si sta avvicinando, a gran velocità» disse, dopo aver appoggiato un orecchio al suolo. «Non mi è possibile indovinare di che creature si tratti, né il loro numero. Non ancora»

Idemar si massaggiò il braccio e sfilò il bastone dalla tracolla che Dauril aveva fabbricato per lui. Afferratolo, sentì che il dolore si leniva, trasformandosi in un formicolio appena accennato.

Il gruppo abbandonò la via e attraversò i prati, finché i tre Elfi più esperti non trovarono un luogo di loro gradimento, un tratto di terreno erboso protetto da una cinta di alberi. Qui si fermarono, in silenzio.

Teanor, Meanir e Neagor s'inginocchiarono e studiarono a lungo il terreno, cercando maggiori informazioni sulle creature in avvicinamento. Rimasero per quasi un minuto immobili, i capelli che si intrecciavano all'erba verde, prima di rialzarsi.

«Sono un gran numero» disse Neagor. «Quaranta, forse più. Avanzano veloci, con il passo di chi sa cosa sta cercando»

«Se vogliono trovare noi è probabile che ci riescano» aggiunse Teanor. «Gli Uomini lasciano tracce evidenti del loro passaggio, non è possibile confonderle»

Erya avrebbe voluto ribattere in qualche modo, magari consigliando a Teanor e gli altri Elfi di allontanarsi per non essere trovati, ma non disse nulla. Vista la situazione non facile, peggiorare le cose con un battibecco sarebbe stato poco intelligente.

Guardò Idemar, e il suo volto esprimeva preoccupazione, ma anche fierezza. Non si sarebbe nascosto, non sarebbe fuggito di fronte al pericolo, era pronto a lottare se ce ne fosse stato bisogno.

L'attesa era snervante. Teanor, Meanir e Neagor si erano disposti a formare un triangolo davanti a Idemar ed Erya, mentre Aredel si era arrampicato su uno degli alberi più vicini e scrutava a destra e sinistra, cercando di individuare il movimento.

Era strano restare immobili aspettando l'ignoto, con il solo desiderio che tutto terminasse. Attendere l'arrivo delle creature alle quali appartenevano quei passi, senza nemmeno conoscerne le intenzioni, era logorante.

Presto si fece silenzio. Anche gli uccelli smisero di cantare e abbandonarono i rami, disturbati da qualcosa.

Perfino i due ragazzi lo percepirono distintamente. Impossibile dubitare: il rimbombo di quei passi decisi e regolari non poteva che indicare una marcia.

Infine Aredel riuscì a identificarli, e la notizia giunse a Erya e Idemar con lo stesso effetto di un colpo violento allo stomaco.

«Sono Pukrob!» esclamò. «Almeno cinquanta!»

Aredel non era un esperto guerriero, ma sapeva che i Pukrob non erano soliti allontanarsi troppo dai loro territori. Lo disse al resto del gruppo.

«Non credo sia un attacco casuale. Vi hanno già aggrediti al passaggio degli Ursal, e ora si presentano qui nella Valle. Non può essere una coincidenza»

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora