26. ILLINORE

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Quando raggiunsero i piedi dei monti erano riposati e pieni di speranza. Avevano trascorso la notte al riparo di una piccola macchia boscosa, dove i cavalli avevano banchettato come non facevano da tempo. Erya e Idemar si erano dovuti accontentare di un pezzo di carne essiccata accompagnata da pane raffermo, ma anche quel misero pasto sembrò loro succulento senza la deprimente cornice di nebbia della palude. Si erano svegliati all'alba, riposati e fiduciosi, ed erano montati in sella ai loro cavalli, felici di poter galoppare di nuovo liberi. E avevano corso, senza mostrare segni di fatica, per tutta la mattina, fino a raggiungere i monti.

Non avrebbero potuto essere più diversi dai Dol'Hern: torreggianti, dalle forme tanto perfette da sembrare scolpite, emanavano un senso di sicurezza. Il sole si rifletteva sulla loro superficie creando giochi di luci e ombre tra le balze.

Finalmente i due ragazzi si sentirono al sicuro. L'aria tiepida profumava di fiori e, lontano, si udiva il gorgoglio di acqua che scorreva. Il Fiume Bianco, l'Illinore, doveva essere vicino. Continuarono ad avanzare in direzione del rumore, a piedi, perché era piacevole camminare sotto quel cielo terso.

Lo scroscio aumentava d'intensità a ogni passo, e presto fu ovvio che non si trattava del semplice scorrere di un fiume. L'Illinore, infatti, fluiva da una balza della montagna, non dalle pendici.

Lo spettacolo li lasciò senza fiato per qualche minuto; acqua purissima sgorgava dall'altura e precipitava nelle rocce sottostanti formando una bianca e spumeggiante cascata. Le rocce, poste a diverse altezze, la lasciavano cadere a terra formando molteplici cascate più piccole. Qui tutta l'acqua si ricongiungeva a formare il fiume, che scorreva via, lunghissimo nastro bianco di cui non si vedeva la fine.

I raggi del sole filtrati dalle gocce d'acqua disegnavano piccoli archi colorati tra le rocce e alla base della cascata principale. Un intreccio di colori che rendeva la scena incantevole.

«Hai mai visto nulla di così splendido?» chiese Erya con gli occhi lucidi per l'intensità con la quale la luce si rifletteva sulle acque dell'Illinore.

«È incredibile che un luogo tanto bello disti un solo giorno di cammino da quell'incubo di nebbia e melma » commentò Idemar.

«Perché nessun villaggio è stato costruito qui vicino?»

«Non dimenticare quello che ha detto Roak: questi territori appartengono al popolo elfico e gli Elfi hanno un rispetto per la natura che va al di là della nostra comprensione. Non rischierebbero di rovinare una tale meraviglia costruendovi un villaggio accanto» rispose Idemar.

Erya si rese conto che l'amico aveva ragione, e anche gli Elfi: la presenza di un centro abitato avrebbe rovinato l'atmosfera del luogo, sottraendogli magia e vitalità.

Sedettero in riva al fiume mentre i cavalli scorazzavano liberi.

«Abbiamo raggiunto il fiume» disse Idemar. «Non ci resta che decidere come proseguire»

Avevano sempre immaginato l'Illinore come una meta, e ora che il Fiume Bianco era accanto a loro si rendevano conto che era solo una piccola tappa e che il loro cammino era ancora incerto. Non avevano pensato a una continuazione, e ora si trovavano ad affrontare il problema.

«Dobbiamo procedere lungo il corso del fiume»

Idemar seguì con gli occhi l'andamento dell'Illinore, fin dove poteva. «Sarebbe più semplice se potessimo navigarlo, ci farebbe risparmiare un sacco di tempo»

Presero in considerazione la possibilità per qualche minuto, poi la scartarono definitivamente quando Cobalto e Chiomadoro si avvicinarono. L'idea di costruire una piccola imbarcazione era già pazzesca; che poi riuscisse a trasportare anche i due cavalli era impossibile.

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