La luce di Galethil si spense quando la notte era più buia, e solo una pallida luna rischiarava debolmente il cielo.
Imril, che mai si era allontanata o aveva lasciato la mano dell'amato, si alzò in piedi e levò gli occhi al cielo, intonando un canto dolce e straziante. Erya non riuscì a trattenere le lacrime, e Idemar si sedette appoggiando la testa alle ginocchia. Subito anche gli altri Elfi cominciarono a cantare e, anche se i ragazzi non comprendevano le loro parole, non poterono che lasciarsene travolgere, provando tristezza e dolore. Ma le note finali erano pervase da speranza, come una luce che rischiara il cammino nell'oscurità.
Quando il canto terminò, il corpo di Galethil era scomparso.
«È tornato alla terra» mormorò Dauril come unica spiegazione.
Ripresero il viaggio in silenzio, col capo chino. La perdita di Galethil pesava come un macigno sui cinque; nonostante i suoi modi bruschi non avessero conquistato la simpatia di Idemar ed Erya, l'Elfo aveva sempre guidato il gruppo facendolo sentire al sicuro.
Dauril aveva preso in consegna la mappa, diventando così la guida; il suo modo di fare era molto diverso da quello del compagno caduto: si consultava spesso con Eareniel per decidere assieme a lei il da farsi, e spiegava sempre ai ragazzi le ragioni dei cambi di rotta. I sensi di Erya e Idemar, infatti, non erano sviluppati come quelli dei compagni, e non coglievano i rumori e i movimenti lontani che mettevano in allarme gli Elfi.
Imril, dal canto suo, con la scomparsa di Galethil sembrava ancor più distratta; camminava in silenzio, e spesso Idemar la sorprendeva a fissare il cielo con sguardo vacuo, bellissima e triste. Era una visione che lo faceva stare male, e presto distoglieva gli occhi, addolorato.
Un altro mutamento c'era stato nel gruppo: le soste si erano fatte più brevi, e i cinque camminavano tutta la notte e gran parte della mattina, trovando la forza di sopportare il caldo finché la temperatura non si faceva davvero intollerabile, minacciando di togliere loro il respiro. Non che mancasse il bisogno di riposo; il ricordo di quanto accaduto e la paura che potesse ripetersi rendevano il sonno agitato e nervoso e nessuno riusciva a rilassarsi.
Come quel giorno. Tutti si erano addormentati, ma Erya, tormentata dal ricordo del volto pallido di Galethil morente, non riusciva a chiudere occhio. Erano ormai trascorsi tre giorni dall'attacco dei mostri, e la ragazza non aveva accumulato che poche ore di sonno.
Si mise seduta. Il caldo era insopportabile perfino al riparo della tenda di foglie.
Anche Eareniel era sveglia, e il suo bel volto era stanco e sofferente; non l'aveva mai vista tanto smunta! Avrebbe voluto chiederle se aveva qualche problema, ma lei la anticipò. «Non ti ho mai detto quanto sia rimasta sorpresa quando da sola hai sconfitto quel mostro» disse, abbozzando un sorriso.
«Non io» rispose lei. «Non direttamente. Il gruner...»
«Gli Elfi non sono in grado di comunicare con i gruner» le ricordò Eareniel. «Mentre tu ci sei riuscita, hai sentito la vita che scorreva dentro di loro»
«Ero molto spaventata. Solo quando sono sopraffatta dalle emozioni posso comunicare con le piante» spiegò Erya.
«Questo perché ancora non sai come controllare il tuo potere. In te c'è molto più di quello che credi, e le tue potenzialità sono enormi. Presto sarai in grado di gestire meglio emozioni ed energie e scoprirai di poter fare altre cose»
Erya aggrottò le sopracciglia. «Come?»
«Tu comunichi con tutto ciò che è vivo. Come puoi chiedere alle piante di aiutarti, e quelle mutano per te, così scoprirai di poterlo fare con gli animali e con le persone»
STAI LEGGENDO
Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...