41. SVELAMENTO

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Non mancava nessuno. La piazza del giardino, centro di Ajersis, circondata da aiuole in fiore, era gremita di Elfi.

Erya, Idemar e Dauril, assieme ad Adimail, erano saliti su una piccola pedana all'ombra di un maestoso faggio, e gli occhi di tutti erano puntati su di loro, in attesa.

Adimail li introdusse con una breve spiegazione: aveva indetto quell'assemblea perché il piccolo gruppo proveniente da Lithenor l'aveva richiesta; Dauril ripeté quello che aveva già raccontato, di come avevano dovuto affrontare i Kral e i Pukrob e delle perdite subite.

«Ma questi sacrifici erano necessari, non potevamo rimandare il viaggio, perché le novità emerse non ammettevano ritardi. Abbiamo atteso per molti anni lo svelamento della profezia di Shirandon, chiedendoci quando sarebbe giunto il momento della rivelazione. Ecco, credo che quel momento sia arrivato: è Idemar la risposta alle nostre domande, colui che porta in sé il segno di Djinora»

Un brusio sorpreso si diffuse in fretta. La folla fremeva, e Idemar si sentiva addosso gli sguardi di tutti. Dauril sorrise, invitandolo a togliere la fascia che gli copriva il braccio.

Subito sulla piazza calò in silenzio; Idemar, a disagio per tutta quell'attenzione, non sapeva dove puntare lo sguardo. Tutti gli Elfi lo osservavano a bocca aperta, Dauril continuava a sorridergli incoraggiante ed Erya pareva anche più imbarazzata di lui.

Adimail fu il primo a recuperare l'uso della parola. «Nessuno di noi si attendeva una simile svolta» guardò Idemar e gli sorrise. «Quando ti sei accorto di avere sul braccio il segno di Djinora?»

Idemar spiegò di essere nato con quella macchia, e raccontò di come lo avvertisse del pericolo; limitò il numero delle parole, senza soffermarsi sugli episodi in cui il segno gli aveva salvato la vita.

Tutti ascoltarono in silenzio fino all'ultima sillaba. Quindi iniziarono i commenti, in un brusio crescente il cui significato non era comprensibile, anche se Idemar poteva intuire che qualcuno fosse disposto a credere al racconto mentre altri erano dubbiosi.

«Queste che siete venuti a portarci sono novità sorprendenti, che giungono a noi come un raggio di speranza in tempi bui» disse Adimail. «È ora necessario che il ragazzo veda ciò che l'ha spinto fino a qui. Il Cuore di Djinora»

Un paio di Elfi si allontanarono veloci, le vesti svolazzanti, e l'atmosfera si fece d'attesa permeata da un silenzio innaturale.

Poi, un paio di lunghi minuti più tardi, i due Elfi tornarono. Uno di loro portava un tavolino, l'altro uno scrigno dorato. Salirono sulla pedana e posero il piccolo scrigno sopra il tavolino, quindi scesero e si mescolarono alla folla.

Adimail aprì lo scrigno ed Erya vide la sfera alla quale pareva fosse legato il destino di tutti i popoli: era bianca, con sfumature madreperlate, più piccola di come l'aveva immaginata. Era bella, ma non sembrava emettere alcuna luce. Si voltò verso Idemar. Il ragazzo la fissava con un'espressione serena; ormai aveva accettato quello che sembrava essere il suo destino.

Invitato da Adimail, Idemar si avvicinò allo scrigno e si chinò sulla sfera. In trasparenza era visibile il segno, identico al suo, ed ebbe la conferma di non potersi sottrarre a quello che era destinato a lui. Con due dita ne sfiorò la superficie, che brillò per un attimo al contatto. Poi la afferrò.

Subito si sentì invadere da un'ondata di energia potente e tutto il resto perse ogni importanza. Non durò che pochi istanti, ma in quel breve tempo egli dimenticò il viaggio, Lithenor, il deserto e le perdite subite, Ajersis e quell'assemblea. Nulla aveva più significato, se non la pace che gli era scesa nel cuore.

Poi mise a fuoco il volto di Erya e si ricordò degli Elfi. L'assemblea era percorsa da brusii sempre più insistenti e meravigliati, e lo stupore era comparso anche sul volto dell'amica.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora