Il sole era ormai alto nel cielo, anche se offuscato dalla nebbia, quando davanti a loro emerse una sagoma scura.
«Cobalto!» esclamò Idemar.
Il cavallo si voltò, ma non si mosse. Era agitatissimo, e scalpitava.
«Che cos'hai?»
L'animale nitrì e scrollò la folta criniera.
I due ragazzi si avvicinarono e si accorsero che, davanti a Cobalto, stava accadendo qualcosa di strano.
Erya urlò, e si portò le mani alla bocca.
In una pozza di melma grande come un piccolo lago c'era Chiomadoro, che si dibatteva cercando di liberarsi. Era completamente immersa, a eccezione di collo, testa e zampe anteriori, con le quali si reggeva a un tronco.
Idemar notò un albero rinsecchito che cresceva accanto alla pozza; il tronco era stato quasi spezzato dalla furia di un cavallo, e i segni degli zoccoli erano evidenti. Cobalto l'aveva abbattuto per fornire un appiglio a Chiomadoro, ed era una buona soluzione perché il pezzo che andava a toccare la melma era in parte attaccato al resto del tronco, e non affondava.
Cobalto, disperato, marciava attorno alla pozza nitrendo in direzione di Chiomadoro, che era esausta e non aveva la forza di liberarsi da sola.
Mentre Erya s'inginocchiava a terra parlando con l'animale per tranquillizzarlo, Idemar fermò Cobalto e trasse dal bagaglio che portava sulla schiena una lunga e robusta corda, con la quale armeggiò per qualche minuto. Al termine del lavoro a un'estremità di questa era attaccato un grosso pezzo di legno.
Lo fece roteare un paio di volte, quindi lo lanciò in mezzo alla pozza. Il legno toccò la superficie melmosa e ne venne subito inghiottito, ma Idemar lo recuperò in fretta con uno strattone; il primo tentativo non era andato a buon fine, però era servito per prendere le misure. Fallì anche il secondo, ma il terzo andò a segno, e il pezzo di legno cadde proprio sopra il tronco al quale Chiomadoro si teneva aggrappata, davanti al muso.
Gli occhi della cavalla ebbero un lampo di comprensione, e subito allungò il collo per agguantare il legno e stringerlo con forza tra i denti.
Idemar ed Erya afferrarono la corda e cominciarono a tirare, ma fu presto chiaro che sarebbe stato vano: Chiomadoro non si era mossa nemmeno un po'.
Allora Idemar si voltò a parlare con Cobalto, che assisteva alla scena incuriosito, e gli chiese aiuto porgendogli la corda. Il cavallo strinse l'estremità con i denti e cominciò a tirare. I suoi sforzi, uniti a quelli dei due ragazzi, riuscirono a far smuovere il tronco al quale si appoggiava la cavalla, e a trascinarla lentamente verso la riva.
Oltre la melma, a opporre una fiera resistenza era lo stesso albero che Cobalto aveva quasi abbattuto. Le due parti del tronco erano ancora legate, e il loro gioco stava per spezzare quel legame; sapevano che quando anche l'ultimo brandello di corteccia sarebbe venuto meno avrebbero avuto solo pochi istanti per mettere in salvo Chiomadoro. Il tronco scivolava nella melma con una lentezza angosciante, accompagnato da uno scricchiolio che metteva i brividi.
Chiomadoro si teneva aggrappata al tronco con tutte le sue forze, rigida, gli occhi imploranti fissi su Erya, che aveva il viso rigato da lacrime di tensione. Con le zampe posteriori l'animale cercava di smuovere la melma per avanzare più in fretta, ma così facendo rischiava di affondare di più.
Poi, con uno schiocco spaventoso, l'albero si spezzò del tutto. La vibrazione provocata dalla rottura e il venir meno di una forza che si opponeva ai loro sforzi fecero sì che il tronco sul quale era appoggiata Chiomadoro avanzasse veloce per un breve tratto. Ma poi, come avevano temuto i due ragazzi, prese ad affondare in fretta, così che la cavalla si trovò senza appoggio.

STAI LEGGENDO
Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...