74. L'OMBRA

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L'oscurità lo avvolgeva e il silenzio lo schiacciava, assordandolo. Non era morto, non ancora: il suo corpo gridava per il dolore e la stanchezza, percepiva ogni muscolo affaticato, ogni lembo di pelle ferita, e il senso di compressione al petto che gli impediva di respirare normalmente.

Sentiva la superficie del bastone tra le mani, e decise di illuminare con quello l'oscurità; ma non riuscì a stringerlo. Nessuno dei muscoli rispondeva ai suoi comandi, gli era precluso anche il più piccolo movimento.

Ma non poteva restare lì, steso in quel nulla: doveva combattere, aiutare gli amici a respingere l'esercito invasore, liberare i Diversi ancora schiavi di Hodger. Non poteva starsene lì, non dopo il sacrificio di Uomini, Elfi e Feark, e di Cobalto. Non poteva abbandonare gli amici.

In un attimo rivide i loro volti, uno a uno, poi quelli degli amici ancora in vita, che combattevano una guerra all'apparenza impossibile. Avevano bisogno di lui, o perlomeno avevano bisogno del Cuore di Djinora incastonato nel bastone.

Infine un bagliore lontano, dapprima appena percettibile, poi più potente. C'era speranza, c'era ancora speranza!

Un'esplosione di luce, un'energia che palpitava di vita, che lo scosse dal torpore e gli sciolse i muscoli. Riuscì ad afferrare il bastone e stringerlo forte tra le mani.

Eareniel era china su di lui. Accanto a lei Dauril.

«Come stai?»

«Io, bene, penso»

«Devi venire con noi» continuò lei. «Sei in grado di alzarti?»

«Credo di sì»

I due Elfi lo aiutarono a mettersi in piedi, e il ragazzo scoprì di essere meno malconcio del previsto.

La battaglia continuava, ma attorno a lui c'era una zona libera, anche se molti corpi giacevano a terra privi di vita. Distolse lo sguardo e si passò una mano sulla fronte, accorgendosi solo in quel momento di avere il viso bagnato dalle lacrime. Ma non ne provò vergogna.

Sorreggendolo, Eareniel e Dauril cominciarono ad allontanarsi dal luogo dello scontro.

«Io voglio continuare» disse allora Idemar.

Eareniel scosse la testa. «Hai bisogno di riposo, hai fatto fin troppo, per oggi» il tono era gentile, ma fermo. «Hai rischiato di lasciar fluire ogni soffio vitale, con quell'ultimo utilizzo del Cuore di Djinora»

«Lo so» mormorò Idemar.

«Nessuno di noi aveva mai visto nulla di tanto potente» disse Dauril. «Ha spazzato via i nostri avversari come fossero fuscelli e ha disorientato anche quelli più vicini. Questo ci ha dato modo di riorganizzarci e di guadagnare terreno»

Idemar annuì, lasciandosi docilmente accompagnare verso le mura di Darmet, intenzionato a tornare a fianco degli alleati non appena gli fosse stato possibile.

Urla improvvise li raggiunsero ben prima che i tre giungessero alle mura. Voltatisi, videro qualcosa che lasciò Idemar sgomento dall'orrore: un'informe massa nera avanzava da nord, puntando diritta sul campo di battaglia. Non poteva essere una creatura in carne e ossa, poiché non esisteva nulla di tanto grande in natura, e si muoveva con la leggerezza di una raccapricciante nuvola, senza toccare terra. Raggiunse i guerrieri, e questi levarono le loro armi contro di lei. Swargr e Uomini di Hodger parevano intimoriti quanto gli avversari dalla cupa presenza, ma non abbandonarono le posizioni in cui si trovavano.

Alcuni Feark lanciarono frecce infuocate in direzione dell'ombra, ma quella continuò ad avanzare inghiottendo i primi guerrieri senza dar segno di soffrire per i loro affondi di spada.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora