Finalmente giunsero alle montagne. Arrivarono alle pendici poco dopo l'alba, ma quel giorno la temperatura non sembrava intenzionata a salire: il torrido Lennar era ormai alle spalle.
I monti Ursal erano quasi del tutto privi di vegetazione, rocciosi e scuri. Sembrava impossibile poterli attraversare, perché erano alti e molto ripidi, e la liscia roccia rendeva assurdo anche pensare a un tentativo di scalata.
«Dobbiamo cercare il passaggio» disse Dauril. «Dovrebbe essere vicino, poco più a nord»
Erano in movimento dalla sera precedente, ma aver raggiunto le montagne donò al gruppo nuove forze. Il sole cominciò a scaldare, ma l'ombra degli alberi che crescevano alle pendici dei monti li riparava e una delicata brezza soffiava di nuovo, allietando l'avanzata dei cinque.
La liscia roccia risplendeva fioca alla luce del sole e sembrava voler evidenziare l'inviolabilità delle montagne; ma, dopo un'ora di cammino, il gruppo si fermò ed Erya comprese cosa fosse il passaggio.
Un enorme arco di roccia, irregolare ma splendido nella sua maestosità, spuntava dal terreno e si lanciava su, alto, oltre i monti, per poi, come spiegò Eareniel, scendere sul versante opposto.
Una specie di ponte naturale, abbastanza largo da permettere a due persone di avanzare fianco a fianco, e non troppo difficile da scalare.
Senza perdere tempo Dauril cominciò a salire, insieme a Eareniel. Nonostante la stanchezza dell'Elfa avanzavano veloci e senza mostrare troppi segni di affaticamento, grazie alla superficie ruvida della roccia, che formava quasi dei rudimentali scalini.
Idemar ed Erya li seguirono.
Proseguirono, lenti ma costanti, fino a che il sole fu alto nel cielo.
Erya non riusciva a distogliere lo sguardo dalla strada che aveva di fronte, perché sotto di loro si apriva un abisso, e scivolare significava morte certa. Idemar invece si guardava attorno di continuo, inquieto. Non c'era nulla che potesse insospettirlo, ma non riusciva a tranquillizzarsi. Quello che stavano facendo comportava dei rischi, certo, perché richiedeva una buona concentrazione per non avvicinarsi troppo al bordo del precipizio, ma fino a quel momento nessuno aveva mai corso veri pericoli, nemmeno Eareniel, che più degli altri faticava a salire.
Infine la roccia si fece pianeggiante. Sotto di loro lo spettacolo delle vette dei monti si offrì ai loro occhi.
«Il peggio è passato» disse Dauril. «Ora ci attende un tratto in piano, poi la discesa, che non è ripida »
Avevano fatto solo pochi passi quando Idemar avvertì una forte fitta al braccio. Subito avvisò gli altri. «C'è qualcosa! Siamo in pericolo!»
Gli Elfi si fermarono, voltandosi verso i due ragazzi.
Fu presto chiaro che Idemar aveva ragione; nessuno di loro si stava muovendo, ma tutti e cinque potevano udire un rumore di passi in avvicinamento.
Fu questione di pochi minuti. In entrambi i lati del passaggio comparvero delle sagome scure.
Avanzavano verso di loro ondeggiando la testa, ovale e leggermente schiacciata, sormontata da grandi orecchie triangolari. Erano creature bipedi, con piedi palmati dotati di tre dita uncinate. La pelle era lucida, bruna, rugosa.
Il piccolo gruppo si trovava in mezzo, chiuso in una morsa che non presentava vie di fuga.
«Sono Pukrob!» esclamò Eareniel. «Il popolo del fango. È inconsueto incontrarli tanto lontani dai loro territori»
Qualunque cosa fossero, Erya era certa che non avessero intenzione di aiutarli. Le creature, a decine, indossavano laceri abiti imbottiti color ruggine, erano armate di lunghe e rudimentali picche che tenevano strette in mano, e scandivano la costante marcia con versi gutturali, simili a grugniti divertiti.
STAI LEGGENDO
Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...