40. AJERSIS

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Il sole si levò luminoso e un raggio filtrò attraverso le chiome degli alberi colpendo il volto di Idemar, che si svegliò. Per un attimo rimase confuso nel vedersi attorniato da alberi, poi gli avvenimenti del giorno precedente gli piombarono addosso, e si sentì lieto e nello stesso tempo infelice, come se il cuore fosse spezzato a metà.

La pianura ricca di vegetazione li aveva accolti senza indugio, tra i rami degli alberi molti uccellini cinguettavano al loro passaggio e quei canti riempivano il cuore dopo il silenzio opprimente del Lennar. I ragazzi scorsero molte tane di piccoli animali, e talvolta musetti curiosi vi sbucavano per qualche attimo, per controllare chi stesse passando vicino alla loro casa.

La presenza dei due Elfi era una garanzia, e faceva sì che gli animali si fidassero del gruppetto, che non era guardato con timore né evitato. Nessuno fuggiva al loro passaggio, e quando si fermarono per una breve sosta –di cui Idemar aveva finto di aver bisogno per dar modo a Eareniel di riprendere fiato – due uccellini dalle piume variopinte si posarono su un ramo proprio sopra di loro e cominciarono a cantare una melodia bellissima, gioiosa, un rincorrersi di note veloci e trilli delicati.

Poi un leprotto dal pelo fulvo uscì da dietro un cespuglio e si avvicinò lentamente al gruppo, con fare incuriosito. Dauril spezzò un angolo del fragrante pane che stava mangiando e allungò la mano verso l'animaletto, che gli si avvicinò per mangiare.

Erya aveva quasi le lacrime agli occhi per l'emozione di fronte al legame che il popolo elfo aveva con piante e animali. Ricordò le parole di Eareniel, secondo la quale con il tempo e con l'esercizio anche lei sarebbe riuscita ad approfondire quel rapporto. Non ne era ancora convinta: non apparteneva al popolo elfo, lei, e quel potere le era stato donato per errore. Non poteva che trattarsi di uno sbaglio.

Era quasi mezzogiorno quando s'inoltrarono in un fitto bosco. Nonostante le piante crescessero vicine, lasciando appena lo spazio per un sentiero, la luce del sole riusciva a farsi strada attraverso i rami degli alberi, così il bosco era più luminoso di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.

«Ajersis è ormai molto vicina» disse Dauril quando camminavano nel bosco da circa un'ora. «Presto raggiungeremo la dorsale nord dei monti Ursal»

Giunsero alle pendici dei monti; qui la parete rocciosa mostrava aperture di diverse forme e dimensioni, che nascondevano grotte.

Senza indugi Dauril si avviò verso una di queste, semicoperta da piante rampicanti. Non era molto ampia, ma permetteva un passaggio abbastanza agevole.

«Il traguardo è vicino» disse in tono incoraggiante. Si era rivolto ai due ragazzi, ma Erya aveva sorpreso lo sguardo dell'Elfo posarsi su Eareniel, pallida e sfinita, che si appoggiava al bastone come se da quello dipendesse la sua vita. E forse era proprio così.

Superarono l'ingresso, emergendo in una grotta ampia e buia, piacevolmente asciutta e fresca.

Erya e Idemar si guardarono attorno, sorpresi e incuriositi: non avrebbero mai creduto che la città fosse costruita all'interno di una caverna. Dauril ed Eareniel non si fermarono, proseguendo lenti verso il fondo della caverna, dove il buio era più fitto. Lì Erya e Idemar scoprirono tre diversi cunicoli che non avevano notato, quasi identici nell'aspetto.

«Ci addentreremo ora nel labirinto che protegge Ajersis» annunciò Dauril. «È una difesa naturale, e mai nessuno è riuscito a raggiungere la città; è impossibile, se non si conosce la strada, soprattutto perché il buio nasconde la via»

Scelse l'apertura più a destra e la imboccò. Il buio era davvero fitto, tanto che Erya faticava a vedere dove posava i piedi.

«È ora di fare un po' di luce» suggerì Eareniel.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora