58. SIRKAT

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Tre minuti più tardi un cigolio giunse alle loro orecchie, costringendoli ad alzare gli occhi. Un'ampia piattaforma di legno scendeva lenta verso di loro. Sopra di questa, un individuo del tutto simile a un Uomo nell'aspetto. Era magro, non molto alto, e certo si sarebbe potuto credere che appartenesse al popolo umano se non fosse stato per gli occhi, come Erya e Idemar poterono notare quando fu più vicino. Erano leggermente allungati, di un colore che mai si era visto su un volto umano: di un azzurro acceso attorno alla pupilla, sfumavano veloci in un rosa altrettanto intenso.

I capelli, neri e lisci, erano tagliati corti, e la pelle del viso era delicata e priva di rughe.

La bocca sottile si socchiuse in un'espressione d'irritato stupore mentre osservava i tre visitatori, ma fu solo un istante.

«Pace a te!» esclamò Aredel appena fu vicino, accompagnando il saluto con un aggraziato inchino, che subito Idemar ed Erya cercarono di imitare in modo goffo.

«E a voi, stranieri!» rispose il Feark, mentre la piattaforma toccava terra senza quasi fare rumore.

La voce era bassa e calda, dall'accento un po' più aspro rispetto a quello degli Elfi. Gli incredibili occhi danzarono per qualche istante sui tre compagni, ma l'espressione rimase indecifrabile mentre diceva: «Un Elfo e due giovani Uomini! Uno strano gruppo, davvero! Da molto tempo il mio popolo non riceve visite, né ha a che fare con Elfi e Uomini. Cosa vi conduce, dunque, presso di noi?»

«Io sono Aredel di Ajersis, e loro sono Erya di Kilea e Idemar di Elymer»

«Il mio nome è Kemro, e voi siete giunti a Sirkat, la mia città»

«Non veniamo con l'intenzione di recarvi fastidio o di turbare la vostra serenità; siamo qui per chiedere udienza, pregandovi di ascoltare ciò che vorremmo esporre. Tuttavia è giusto che sappiate che non siamo guidati da liete notizie» disse Aredel.

Il Feark lo scrutò con espressione seria per qualche istante, poi spostò gli occhi sui due ragazzi, che sostennero lo sguardo.

«Seguitemi»

I tre compagni salirono sulla piattaforma di legno, accanto al Feark. Dall'alto qualcuno cominciò ad avvolgere le grosse corde che assicuravano la carrucola, e questa si staccò dal suolo; subito Erya si strinse al parapetto e rimase a guardare il pavimento di roccia che si allontanava sempre più.

Idemar guardò su e, per la prima volta, riuscì a distinguere le ombre nere che aveva visto sulla cima. Una balaustra di pietra circondava la cima quasi del tutto, a eccezione della zona che avrebbe ospitato la piattaforma, una volta alzata. A manovrare le corde, permettendo la loro salita, un piccolo gruppo di Feark.

La piattaforma di legno si fermò a livello del pavimento di pietra che costituiva la cima del Monte Rashar.

Kemro scese e fece un cenno d'intesa agli altri Feark presenti. In pochi istanti il gruppo si disperse.

«Ora vi condurrò in città, dove vi sarà data udienza» annunciò Kemro.

Lo seguirono attraverso la liscia pietra, fino al punto in cui un ampio foro si apriva sul pavimento. Qui si trovava una scala che conduceva verso il basso; i tre compagni cominciarono a scendere all'interno del monte Rashar, seguendo Kemro.

Lo spettacolo disorientò per un attimo Idemar: si trovavano ora in cima a uno scivolo di pietra che scendeva a spirale, simile a quello esterno ma più ampio e meno ripido.

Kemro li fece fermare e si spostò sulla destra. Da una nicchia della parete trasse un carrettino di legno, che spinse fino allo scivolo

«Con questo faremo più in fretta» con un cenno invitò i tre compagni a salire e prese posto in prima fila.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora