66. RICORDI

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Idemar avrebbe preferito rimanere accanto a Erya fino al risveglio del bambino; temeva infatti che Sjili, scoprendosi tra nemici, si considerasse prigioniero e cercasse di fuggire facendo del male alla ragazza. Ma Erya non era spaventata, né prendeva in considerazione quella possibilità; Sjili le era sempre stato amico, gli doveva la libertà ed era certa che sarebbero riusciti a intendersi.

Così Idemar, dopo essersi assicurato che l'amica avesse con sé il pugnale col quale difendersi in caso di necessità, raggiunse gli arcieri sulle mura. Da lassù il campo di battaglia si apriva ai suoi occhi, e quel che vide non poté che rattristarlo: molti corpi giacevano privi di vita, Uomini, Feark e Swargr. Aredel disse che i nemici avevano avuto maggiori perdite, ma ciò che il ragazzo vedeva era una piccola macchia di fanti e cavalieri, ora poco compatta, confrontarsi con una sterminata massa nera, e si rese conto di quanto le loro speranze fossero vacillanti.

Gli arcieri davano un buon contributo dalle mura, e i loro lanci erano più precisi di quelli avversari, anche grazie al favore della posizione. Le catapulte miravano alle retrovie dell'esercito di Hodger con violenza, ma anche i trabucchi avversari si erano messi all'opera, e più di un lancio aveva colpito le mura di Darmet, facendo crollare grosse pietre su quanti erano impegnati nel combattimento, schiacciando gli uni e gli altri senza pietà.

L'animo di Idemar era dilaniato dal dubbio: quando si era accorto che il ragazzino che aveva affrontato era lo stesso che gli aveva, solo qualche mese prima, affidato il compito di salvare Erya dalle guardie, aveva compreso pienamente la tragicità della situazione, che poneva l'intero esercito alleato in una condizione ancor più difficile.

Come potevano colpire quegli Uomini, tanto numerosi quanto pericolosi, sapendo che non agivano di loro volontà ma come burattini manipolati da Hodger e dai suoi collaboratori? Si trattava di uccidere degli innocenti, sia pure per legittima difesa; lo avvertiva come un grave delitto, tanto che aveva chiesto agli arcieri, appena raggiunte le mura, di non mirare ai Diversi.

La situazione di stallo che si era così creata, però, era destinata ad avere vita breve. Se fino a quel momento i Diversi erano rimasti defilati, mai al centro dell'azione, intervenendo solo contro gli arcieri che ripiegavano, era ovvio che in futuro Hodger avrebbe scatenato contro Darmet e i suoi difensori ogni briciola della loro capacità e della loro furia: non era possibile sperare che ciò non accadesse, dopo la lunga e paziente operazione che aveva permesso al re di Madaris di formare quello speciale comparto del suo esercito. Idemar, riteneva che fossero proprio loro l'arma segreta e più potente di Hodger.

Era necessario cercare un espediente che permettesse loro di sconfiggere i Diversi senza l'uso della violenza.

***

Quando Sjili aprì gli occhi, Erya era seduta al suo fianco e gli teneva la mano. Il bambino aveva un'espressione spaventata, carica d'angoscia, e annaspò come se gli mancasse il respiro. Poi sembrò rilassarsi, e gli occhi, di nuovo luminosi, incontrarono i suoi. Si colorarono di stupore mentre le labbra cercavano di articolare le parole. Poi deglutì a fatica, e la gola si liberò dal nodo che minacciava di soffocarlo.

«E-Erya» mormorò con un filo di voce.

«Oh, Sjili! Sì, sono io. Non ti preoccupare, qui sei al sicuro. Nessuno ti farà del male, ora»

«Dove mi trovo?» chiese, cercando di mettersi seduto, ma ricadendo subito tra le candide lenzuola, privo di forze.

«A Darmet. Ma cerca di riposare, ora, se puoi»

«Darmet? Ma non è possibile, Darmet è molto più a sud» sussurrò Sjili, rivolto però ora più a se stesso che a Erya.

In quell'istante vi fu un rumore assordante e il pavimento tremò violentemente. Il pensiero di Erya corse a Idemar, e il cuore le si riempì d'angoscia; ma la mano era ferma quando si posò sulla fronte del ragazzino.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora