Tornarono al piano terra quando il sole si stava già avvicinando al picco del suo viaggio. Erano rimasti immobili, affacciati alla finestra, fino a quando l'improvvisa comparsa di un gruppo di Elfi che uscivano dal bosco con grandi ceste coperte non aveva distolto l'attenzione di Idemar dalla superficie del lago e costretto Erya ad allontanare lo sguardo dall'unica nuvola bianca che vagava nel cielo e della quale aveva seguito il cammino fin dalla comparsa.
Le loro mani si stringevano, anche se nessuno dei due se n'era accorto o avrebbe saputo dire da quanto tempo si trovassero lì, mano nella mano. Un po' imbarazzati le lasciarono andare e decisero di scendere, in attesa del ritorno della padrona di casa.
«Non conosciamo nemmeno il suo nome!» Erya si sedette su una delle panche. «Non si è presentata»
«Gli Elfi sono riservati» Idemar lanciò un'occhiata a ciò che restava sul vassoio e prese un acino prima di sedersi. «Non è semplice conquistare la loro fiducia, ma sanno essere generosi con chi se ne dimostra degno»
Aveva trascorso l'infanzia ascoltando i racconti dei mercanti, e alcuni parlavano degli Elfi, anche se spesso le notizie e le descrizioni erano discordanti e a volte anche del tutto in contrasto tra loro. Tutti, però, erano concordi nell'affermare che il popolo elfo amava la tranquillità e la solitudine, ed era insolito incontrare un Elfo lontano dai propri territori.
«Chissà se sarà difficile far capire loro che non siamo nemici!»
«Lo scopriremo molto presto» disse Idemar distogliendo in fretta lo sguardo da una delle aperture che fungevano da finestre. «Lei sta tornando»
Aveva ragione. La guardiana mora entrò, silenziosa, un attimo dopo; era sola, e quando li vide abbozzò un sorriso.
«Ho informato Orinden ed Elaniel, sovrani di Lithenor, della vostra richiesta, e sono autorizzata a condurvi allo shefrim reale. Seguitemi, dunque; vi riceveranno e potrete riferire loro le notizie di cui siete messaggeri»
Quindi gli Elfi erano governati da un re e una regina! Erya aveva immaginato che a capo del popolo elfo ci fosse un'assemblea, ma Idemar non rimase molto sorpreso, perché ricordava le leggende che narravano le gesta dei re elfici e la bellezza delle loro spose.
Entrambi furono incoraggiati dalla notizia: avevano una possibilità, un altro passo verso la verità era stato compiuto.
Si alzarono e seguirono la padrona di casa fuori dallo shefrim. All'esterno vi era un continuo andirivieni di Elfi, ma nessuno rivolgeva loro più di un fugace cenno di saluto.
Non c'era traccia degli altri tre guardiani che li avevano condotti a Lithenor, né dei due cavalli. Inoltre l'Elfa mora non aveva più con sé l'arco e le frecce, anche se indossava ancora l'uniforme.
Superarono decine di shefrim; non ce n'erano due uguali, perché gli alberi che li formavano erano tutti originali nei loro intrecci e nelle forme. Allo stesso tempo, non vi erano abitazioni che sovrastavano le altre o le superavano per bellezza ed eleganza, e avevano tutte più o meno la stessa altezza.
L'Elfa mora li guidava in silenzio e a passo sicuro tra le abitazioni e, mentre Idemar osservava con interesse tutti gli Elfi che incontravano nel loro cammino, Erya camminava fissando quasi esclusivamente i cespugli e le piccole piante che fiorivano ai bordi dei sentieri in una festa di colori. L'aria era tiepida e riposante, addolcita dal profumo dei fiori; non poteva esistere un luogo più incantevole, Erya ne era certa. C'era pace, a Lithenor, serenità, il trionfo della vita nei suoni, profumi e colori. Avrebbe potuto restare lì in eterno.
Quasi non si accorse che la loro guida si era fermata, e rischiò di andare a sbattere contro la schiena di Idemar. Davanti a loro sorgeva uno shefrim più imponente degli altri, risultante dall'intreccio di diversi alberi dal tronco bianco, non troppo dissimile da quello delle betulle, ma più massiccio e dalle sfumature argentee. Le tenere foglie avevano un colore verde chiaro ma acceso, dalle venature argentate.

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Il Cuore di Djinora
FantasyIdemar vuole scoprire il significato del segno che lo accompagna fin dalla nascita. Erya ha dovuto nascondere per tutta la vita le proprie capacità a causa della paura che quelli come lei - conosciuti con il nome di Diversi - infondono nella gente. ...