20. SACRIFICIO

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Nei minuti che seguirono, le cose cominciarono a prendere una piega tragica per gli abitanti di Isidra. Amaranto fu colpito a morte dalla coda di uno dei mostri, e gli Isidrani che erano accorsi per aiutarlo rimasero feriti dallo stesso bestione. Solo il provvidenziale intervento delle Fate, che giunsero a posarsi sulla testa del mostro per distogliere la sua attenzione dai piccoli guerrieri, riuscì a evitare altre vittime. L'Anziano fu trasportato fino ai limiti della radura coperta di cenere, e adagiato sull'erba. Molte Fate accorsero, ma non poterono che constatarne la morte.

La notizia della perdita dell'Anziano sconvolse tutto lo schieramento isidrano, permettendo agli invasori di avanzare ancora: un'altra fila di alberi fu ridotta a cenere.

Erya, le lacrime che le rigavano il viso impastandosi con lo strato di cenere che lo ricopriva, continuava a stringere con forza la Lacrima di Ilwyn come se, oltre all'energia, vi potesse attingere speranza e serenità: i suoi attacchi erano sempre più caotici e deboli; la resa era ormai prossima.

Idemar non si reggeva quasi più in piedi. Scoccò l'ultima freccia, che colpì un mostro sul naso, e avanzò barcollando verso Erya, con la confusa intenzione di trascorrere assieme a lei gli ultimi istanti. La fascia che aveva legato attorno alla ferita era zuppa, rivoli di sangue scendevano lungo il braccio e grosse gocce cadevano al suolo, inghiottite dalla cenere. Non si era mai sentito tanto stanco e infreddolito: il gelo gli pungeva le ossa e ormai il suo unico, sconnesso desiderio, era di stendersi accanto a un falò e dormire.

Erya lo vide avvicinarsi, e con un debole grido corse verso di lui. Nemmeno la fuliggine riusciva a nascondere il pallore cadaverico del volto. Gli prese la mano, e la voce le morì in gola: era gelata. «Idemar» sussurrò.

«Abbiamo perso»

Parlare era troppo faticoso. Chiuse gli occhi: gli alberi ondeggiavano e lo facevano stare male.

Erya lo fece sedere e gli disse che sarebbe andata a cercare soccorso; di sicuro le Fate lo avrebbero aiutato a stare meglio.

Stava per allontanarsi quando si rese conto di avere la pietra stretta in pugno. S'inginocchiò accanto a Idemar, gli prese una mano e posò la Lacrima di Ilwyn sul suo palmo. Poi chiuse il pugno di Idemar, tenendolo stretto tra le mani per qualche istante. Il ragazzo aprì appena gli occhi, e lei cercò di sorridergli.

«Torno subito»

Non fece neppure in tempo ad allontanarsi. Come ombre confuse i due ragazzi videro che i mostri avevano accerchiato lo schieramento isidrano, e che qualcosa scendeva in mezzo a loro. Poi una luce abbagliante avvolse l'intera scena, costringendoli a chiudere gli occhi.

Quando li riaprirono, la luce era sparita e la cenere che si era sollevata durante la battaglia andava posandosi lentamente al suolo, lasciando intravedere la scena che si stava svolgendo poco più in là.

Non era cambiato poi molto: i due ragazzi videro le alte sagome dei mostri, ancora ritti su due zampe, che attorniavano gli Isidrani spaventati. Solo che ogni cosa sembrava essersi immobilizzata, come se il tempo si fosse fermato. Attraverso la caligine cinerea, gli invasori apparivano innaturalmente rigidi, mentre gli Isidrani li guardavano attoniti; ma quella che avevano scambiato per un'espressione di paura, ora appariva loro come stupore incredulo: gli Isidrani fissavano i mostri come se li vedessero per la prima volta.

Erya cercò gli occhi di Idemar. Il ragazzo osservava la scena con preoccupata curiosità, stringendo ancora in mano la Lacrima di Ilwyn. Erya notò che il suo sguardo era un po' più vivo, anche se il sangue non aveva mai smesso di colare dal braccio e la cenere sotto di lui assumeva sfumature rossastre.

«Guarda!» mormorò con un filo di voce e un cenno del capo.

Erya si voltò verso gli Isidrani. La visibilità era molto migliorata, e quello che vide la lasciò senza fiato.

Il Cuore di DjinoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora