NEVER GIVE UP #7

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BABY LYNN P.O.V.

Non c'è anima viva all'American Farm. Il pavimento di legno è lucidato di fresco. Scope e strofinacci sono addossati a una parete. La palestra riservata ai corsi di arti marziali della Harper High School si rifà ai dojo orientali, però da quando è diventata completo appannaggio degli allenamenti dei CAPS i valori della tradizione buddhista cinese sono andati perduti. Sin dal momento in cui hanno deciso di ribattezzarla American Farm.

«Hey, dove siete?» Questo è il mio primo giorno di addestramento nel Corpo dei CAPS. Ero convinta di essere arrivata puntuale, forse hanno rimandato e non sono stata avvisata. Il dojo è spoglio, tranne per una postazione PC allestita in un angolo che si abbina come il pugno in un occhio. Scorgo dei movimenti lì dietro. Qualcuno si tiene nascosto. Provo a sbirciare.

Un improvviso colpo di mano sta per sciabolarmi la spalla. Una mano che tenta di colpirmi con l'osso del palmo. Salto indietro appena in tempo. Il mio nemico è un ragazzo che indossa la tuta CAPS. Non l'ho visto arrivare. Mi ha colto di sorpresa. Si tiene in posizione bassa in avanti, con il ginocchio della gamba posteriore teso, pronto a scattare verso di me. Chiude la mano e unisce le punte delle dita nella forma del becco di un'aquila. È così che vuole colpirmi. Indietreggio. Lui avanza con il piede avanti, richiamando la gamba dietro. Che sta succedendo?

I suoi occhi lo tradiscono. Ha guardato qualcuno alle mie spalle. La persona che si nascondeva dietro la postazione PC. Ruoto su me stessa in tempo per parare alto il pugno che Justin Ward ha diretto alla mia faccia. L'ho immobilizzato, ma ha ancora una mano libera. Mi sferra due pugni simultanei al centro dello stomaco. Cado lateralmente. Non provo dolore, ha colpito in maniera esatta, giusto per atterrarmi. Ora mi sta sopra, impedendomi ogni mossa.

La detective Marshall entra nel dojo applaudendo, seguita da un corteo di giovani CAPS. «Ti facevo pronta a tutto. Mai abbassare la guardia, Baby Lynn. Il nemico si nasconde dietro ogni angolo.» Justin Ward mi libera, nessuno si disturba ad aiutarmi. Mi metto in fila con tutti gli altri. «Nessuno in questa vita vi darà una seconda occasione,» alla Marshall piace rigirare il coltello nella piaga, ancora le brucia per quello che le ho fatto. Non saranno facili queste due settimane, per niente. «Esistono solo grandi occasioni, o occasioni perdute. Tenetelo a mente quando verrà il vostro momento.» Ci tiene particolarmente a rendermi un caso esemplare, la stronza.

Si ritira nella postazione PC, lasciando che sia il signor Lee a tenere il corso di autodifesa alla "task force". Nel dojo dell'American Farm il signor Lee diventa il sensei Lee, con il kimono bianco e la bandana del Sol Levante. «Nei combattimenti da strada esistono tre semplici regole. Non indietreggiate mai, a meno che non abbiate una contromossa, o siete spacciati. Non abbassate mai la testa, neanche se la colpiscono, o siete spacciati. La terza regola è la più importante. Tenete sempre una mossa di riserva, e siate i più folli dell'arena.» Il professore di ginnastica Wilson Lee è un sinoamericano nato nel Foshan in Guandong. È stato allevato dalla madre, Cheung Yen, la quale gli ha insegnato la rarissima arte marziale del Wing Chun. Sua madre era stata l'unica allieva donna di Ip Man, il leggendario guerriero cinese che aveva respinto l'invasione giapponese. Cheung Yen aveva imparato le tecniche del Wing Chun per via orale da Ip Man e le aveva trasmesse al figlio, ora il signor Lee è pronto a condividerle con i CAPS. «Colpite per primi, colpite più forte, non abbiate paura.»

Tentiamo di replicare le posizioni di guardia del sensei e gli atteggiamenti delle mani. Io per tutti sono diventata Robbins, come il gelato Baskin Robbins, vista la facilità con la quale mi hanno fatto fuori al mio arrivo. Scopro che tutti i CAPS si danno dei soprannomi ridicoli, perlopiù denigratori. Possono sfottersi pesantemente fra di loro, ma non permettono a nessuno esterno al Corpo di deriderli allo stesso modo: loro possono, gli altri no. Il cameratismo è tale che nessuno di loro vorrebbe mai lasciare la divisa, più stanno dentro più vogliono restarci.

Allenandomi sul materassino vicino a Justin, noto che contrariamente a quello di molti coreani, il suo viso ha lineamenti prominenti e begli occhi grandi. Da quando è stato ammesso nei CAPS ha sviluppato un'ipertrofia muscolare che gli ha fatto guadagnare il rispetto e il soprannome di Rampart, bastione. Tutt'altra cosa rispetto a Robbins. Se i soprannomi dicono chi sei veramente, per quanto io possa fare per ottenere il loro rispetto, non mi scollerò mai di dosso quello sfottò.

Nella prima prova di lotta mi viene assegnato Justin come sparring partner. Siamo schiena a schiena, ruotiamo su noi stessi senza mai separarci, invertendo le posizioni e combattendo a turno i nemici che ci accerchiano. La tecnica del tamburello di Okinowa avrebbe più senso se ci fidassimo l'un dell'altro, invece lui lo fa apposta a lasciare dello spazio fra le nostre schiene, esponendomi ai colpi avversari, che in un paio di occasioni mi stendono. Il corso di autodifesa del sensei Lee dovrebbe incanalare il nostro odio per renderci più forti, però non credo ci renda meno aggressivi socialmente. Non vedo l'ora di essere fuori di qui per fare il culo a Justin Rampart Ward, alla mia maniera.

Scatta il time-out quando il bidello della scuola, Marvin Mulligan, porta le merende gratis. Gli piace intrattenersi con i CAPS, ha sempre sognato di fare il poliziotto, così li tratta con i guanti ed è diventato il loro beniamino. Quantomeno mi spetta una razione doppia di Wolfie. Durante la nostra ricreazione al dojo, sudata e con la barretta di cioccolato in mano, provo a capire cosa faccia il signor Mills sempre seduto alla postazione informatica nell'angolo, con la Marshall in piedi a vegliarlo come farebbe un avvoltoio.

Sono una CAPS, che piaccia o no. Pur con qualche ritrosia, mi spiegano cosa sia questo nuovo programma dell'elaboratore scientifico. Il super-computer setaccia scrupolosamente i profili social di tutti gli studenti della Harper in cerca di post social "sospetti". Non si limita agli ultimi giorni, la ricerca prosegue indietro nel tempo. Sullo schermo vengono segnalati in rosso il post facebook vecchio di tre anni di un alunno che si vantava di avere legato la macchina del signor Williamson (il nostro insegnante di musica) con un nastro rosso, o il post instagram di una ragazza che affermava (quando ancora era al primo anno!) di arrotolarsi la gonna lunga fin sopra la coscia non appena usciva di casa. La Marshall segna tutto su un'agenda.

«Non intenderà prendere provvedimenti per questo?» sbotto stritolando la confezione vuota della barretta. Sono una CAPS, ma mica tanto. «Non si può sospendere uno studente per quello che ha detto, o fatto, mesi se non addirittura anni prima.»

La Marshall mi guarda di sbieco. «Potrà non piacerti, ma ciascuno di noi è chiamato a rispondere delle proprie azioni. Pensi che io stessa faccia tutto quello che faccio solo perché mi diverte? Io devo rispondere del mio operato al distretto scolastico. Voi dovete rispondere della vostra condotta alla Harper. Se una persona ha sbagliato nel passato, aumentano le probabilità che possa ripetere l'errore in futuro. Noi dobbiamo evitare che queste persone mettano a repentaglio la sicurezza della scuola e dei vostri compagni.»

«Non sono più daltonico o quello è dei nostri?» Justin indica un'inquadratura sullo schermo. Non sapevo fosse daltonico, non uno come lui che dipinge quei murales pazzeschi. Pur se a soggetto unico, come il braccialetto della Cerchia. Sembra che guardarmi infastidito sia lo sport dell'anno. «Ti sorprende sapere che sono daltonico? Immagino la tua faccia quando scoprirai che soffro di vertigini.» La mia faccia trasecola. Ho visto foto di Justin appeso con la corda sopra travi di edifici in costruzione, a firmare graffiti altissimi mentre intorno a lui operai con l'elmetto mangiavano panini o lavoravano sospesi sul vuoto. Di qualità nascoste deve averne questo coreano muscoloso in canottiera e collana di proiettili.

«Sì, è uno dei nostri.» Conferma il signor Mills, senza nascondere il voltastomaco che prova nei nostri confronti: non vuole che si beva o si mangi così vicino alla sua tastiera. Io guardo meglio il monitor. Le telecamere della scuola inquadrano uno dei CAPS appostato nei bagni. Ha qualcosa di diverso... Ecco perché non l'avevo riconosciuto, non porta la divisa! Cos'è questa storia? Adesso fanno pure i poliziotti infiltrati? Non è tutto, da come si atteggia, bisbiglia, si rivolge agli altri ragazzi, sembra che voglia vendere loro della droga. «Spaccia Adderall. La droga è vera, viene dal deposito sequestri del preside,» mi spiega Justin. «Non ne perderà neanche un grammo, la restituiremo integralmente. Nel frattempo ci servirà da esca per acchiappare i drogati della Harper...»

WIZ BLONDE (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora