BIG TROUBLE #3

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BABY LYNN P.O.V.

L'autobus fa capolinea esattamente al grande parcheggio costruito ai margini di un campo da football. Seppure il convention center sia fuori mano, i suoi spazi sono immensi perché costruiti su quella che avrebbe dovuto ospitare la mai nata zona universitaria di Winter Spell e Spring Bell. Il terreno del college è stato ricoperto da colate di cemento, il prato del campus è rimasto intatto solo nella zona allenamenti e nel campo sportivo riservato agli ospiti. Insieme a Willy e Billy scavalchiamo la rastrelliera delle biciclette, scontriamo accidentalmente un taxista che sta svuotando il bagagliaio, e riusciamo a posizionarci a un buon punto della fila che, pochi secondi dopo, si è già fatta chilometrica.

Proprio come i Beatles al loro ultimo concerto insieme, sul tetto del Googol Palace una band rock esegue la cover di Train in Vain. Le note pazzesche scendono fino alla base dell'edificio dove, passo dopo passo, ci avviciniamo alle porte d'ingresso. Persone più grandi di me riconoscono i musicisti come i "mitici" Napoleon Records, io non li ho mai sentiti prima. Non sono bravi nelle verbalizzazioni come nelle note, credo che il frontman sia addirittura strafatto.

Quando arriva il nostro turno, esibiamo gli accrediti pre-acquistati online. Un'hostess vuole controllare il contenuto del sacco che Billy si porta in spalla. I ragazzi gli mostrano il forziere di monetine al cioccolato, tentano di corromperla offrendogliene quante ne vuole ma la hostess è irremovibile. «Tanto le abbiamo pagate una sciocchezza,» dicono Willy e Billy svuotando il contenuto del bottino nel cestino all'ingresso.

La convention del Rampage Shield è prevista per il primo pomeriggio, ho la mattina libera. I miei due nuovi amici, il cui congresso è pure previsto dopo pranzo (non mi dicono ancora quale sia e non è riportato su nessun calendario ufficiale), mi propongono di unirmi a loro per fare delle puntatitene al casinò interno. Li ringrazio ma non è un'idea che mi va a genio, ci promettiamo di ribeccarci e ci separiamo nella hall dell'hotel. Penso di farmi un giro al Future-Con, l'area del Googol Palace dedicata alla Storia della Tecnologia.

Poggio il palmo della mano sulla serratura tecnologica, in uno sbuffo di fumo la porta si divide in due metà che si ritraggono orizzontalmente. Ricavato in quella che era la Sala Comune della confraternita femminile del college, lo spazio del Future-Con è illuminato da globi sospesi in aria al posto dei lampadari. Se mi avvicino all'oloritratto di un grande personaggio della scienza, quello si anima come un dipinto magico di Hogwarts e mi racconta la storia del soggetto raffigurato. Antonio Meucci, il primo a inventare il telefono, mi dice che non aveva in tasca duecentocinquanta dollari per registrare il brevetto e lasciò che il primato andasse ad Alexander Graham Bell. Alexander Fleming racconta come scoprì per caso la penicillina, uno dei più grandi rimedi farmacologici di tutti i tempi. La cosa però che mi lascia senza fiato è ascoltare la storia dello scienziato che nel 1946 lavorava alle onde radar: camminava avanti e indietro con una barretta di cioccolato nella tasca, quando la prese scoprì che si era sciolta quasi a livello liquido... quel giorno venne inventato il forno a microonde!

La seconda parte del Future-Con è meno incentrata sulla tecnologia e più sulle novità tecnologiche. Per questo occupa uno spazio più ampio come quello dell'Auditorium universitario. "Penso che ci sia un mercato mondiale di forse cinque computer soltanto" dice Thomas Watson, presidente di IBM nel 1943, nel video caricato sul visore 3D per minimicrofilm. Quanto si sbagliava! Sfoglio un librofilm e dalle pagine risuona la voce dell'ammiraglio William Leahy incaricato della bomba atomica: "questa bomba non esploderà mai. Vi parlo da esperto di esplosivi." È proprio vero che la storia umana, così come quella della tecnologia, è fatta di grandi abbagli.

Passo in rassegna tutti i gadget esposti e protetti dietro le vetrine blindate: il prototipo di pistola laser e una cintura-scudo capace di assorbirne i colpi, parabussole in grado di funzionare a dispetto di qualsiasi anomalia magnetica e via dicendo. Senza che me ne sia resa conto, sono già passate due ore dal mio arrivo. Decido di riposarmi sedendomi su una delle "poltrone viventi" a forma di quadrupede. Puoi sederti a tuo piacimento e la seduta prende la forma più consona alla tua corporatura. Lo schienale si sincronizza sulle mie pulsazioni e a quel punto, se decido di andare verso sinistra è come se proiettassi un raggio indicatore invisibile, perché le quattro zampe della poltrona si animano per portarmi in quella direzione. Se decido di tornare a destra o di muovermi in avanti, quella specie di mobilio vivente asseconda ogni mio desiderio. Portentoso!

Diventa un gioco spostarmi da un punto all'altro dell'Auditorium a bordo di quell'affare, evitando di mettere sotto qualche passante o di scontarmi con altre poltrone viventi. Dopo un po' ci prendo la mano, e vagabondando ripasso a mente tutti gli strafalcioni fatti dai luminari del passato, come quell'anonimo ingegnere dell'IBM che di fronte al primo microchip disse: "ma a che serve?" Nel momento in cui provo a ricordare la citazione di Ken Olson, presidente della Digital Equipment Corporation (per chi se lo domandasse è: "non c'è ragione perché qualcuno debba avere un computer in casa"), sento i battiti del cuore andare a mille. La poltrona vivente si inchioda sul pavimento.

Durante il mio addestramento con Minimal Jack non solo sono diventata un'hacker sopraffina, ma ho sviluppato abilità fuori dal comune, in particolare un istinto di sopravvivenza cui mi affido totalmente per salvare il collo. Un istinto che adesso ha azionato i miei riflessi incondizionati facendomi saltare giù dalla poltrona e nascondermi sotto a un tavolo autopulente costruito in plastacciaio. Deve essere stato l'inconfondibile odore di cocco e olio di ricino arrivatomi alle narici a far scattare il mio allarme interno.

Sbircio da sopra il tavolo, stando attenta a non farmi vedere a mia volta. La ragazza indiana dallo scalpo rasato e due occhi di fiamma si chiama Jameela. Era il braccio destro di Minimal Jack, la sua luogotenente, la più fidata, la più pericolosa. L'anno scorso ero riuscita a sconfiggere Minimal Jack, ma non lei. Armata fino ai denti, si era data alla macchia insieme alle Tipping Girls, le altre tre ragazze con le quali avevo convissuto per un anno intero, fanatiche e anarchiche cresciute nel segno di Jack. Così pensavo, ma Jameela agiva per qualcuno di superiore, e in parte devo al suo tradimento se Minimal Jack è stato consegnato alla polizia. Jack pensava di controllarla, invece Jameela faceva il doppio gioco, e aveva eseguito gli ordini di un fantasma, della donna nell'ombra, di Minimal Jackie.

Jameela ha attraversato l'Auditorium. Ignoro cosa ci faccia qui, di certo non per una gita di piacere. Se c'è una persona che in vita mia non ho mai visto svagarsi è proprio lei. Se voglio rimanere in vita, non devo farmi scoprire. Piegata in due, ginocchia puntate in avanti, mi muovo lentamente ad altezza di tavolino, attirando sguardi curiosi e divertiti, raggiungo il metavetro sul lato opposto dell'Auditorium, lo attraverso come uno spettro e mi dileguo.

WIZ BLONDE (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora