Non ho tempo per le manfrine. Mancano due giorni al ballo del 12 dicembre e i soldi che abbiamo messo da parte riescono a malapena a coprire la metà di quanto ci servirebbe. La convocazione nell'ufficio del signor preside è l'ultima cosa che mi serve, ma le sue parole sono anche le ultime che mi aspetto di sentire.
«Sarà la detective Marshall a coprire la cifra mancante.» Se fosse stato un altro a dirmelo, avrei creduto a uno scherzo di pessimo gusto, ma il signor Duke è la persona più estranea a ogni forma di ironia che io conosca. «A una condizione...»
Non è uno scherzo, è un colpo mortale. Sono uscita di scuola con le idee chiare. Non avrei accettato alcun compromesso. L'anno scorso sono stata alla periferia di Winter Spell, quando ho conosciuto il seňor Montero, ma non eravamo ancora in così buoni rapporti da farmi insegnare una body slam. Rieccomi qui, senza neanche starci troppo a pensare ho preso il primo autobus diretto alle baraccopoli. La fermata è stata sradicata dalla strada, in compenso hanno lasciato una sedia da barbiere.
Attraverso la strada cercando l'indirizzo che mi ha dato il signor Duke. Passo davanti all'officina dove è riunita una gang giovanile. Ignoro i loro fischi e quello che farebbero al mio sedere con gli attrezzi da meccanico. Svolto l'angolo dopo lo studio per tatuaggi, raggiungo l'edificio di fronte al cantiere edile. C'è un auto rubata con il bagagliaio aperto di fronte al civico corrispondente a quello che mi sono scritta sul dorso della mano. Evito lo sguardo insistente della vecchietta al pianterreno, salgo le scale fino al pianerottolo. Scavalco un ubriacone che si è addormentato nell'angolo del corridoio fatiscente, e busso alla porta mezzana.
Sbircio alle tendine della finestra, la penombra non mi rivela niente. La porta si apre di botto. Mi ritrovo una pistola alla fronte. La mia reazione di stupore è pari a quella della detective Marshall, a torso nudo se non fosse per il reggiseno nero e le fondine sottoascellari, mentre mi punta l'arma alla testa. «Che cazzo ci fai a casa mia?» Ripone la pistola nella fondina.
«Il preside Duke mi ha fatto conoscere la sua proposta, detective Marshall. Vuole che i CAPS siano presenti al ballo.» Fingo che la situazione non mi crei imbarazzo. Evito di guardare le fondine allacciate male che le sbattono sulle coppe del reggiseno all'altezza dei capezzoli. «Se vuole che li inviti a partecipare è un conto, ma niente divise, non voglio un servizio d'ordine per il 12 dicembre. È una festa pacifica.»
La Marshall ha capito che le mie proposte hanno convinto Duke a liberarsi di me spedendomi a casa sua perché ce la discutessimo personalmente. Mi fa cenno di entrare. Non è il caso di parlarne lì sul pianerottolo. Richiude la porta e recupera la camicia della sua avventura notturna. Attraverso la porta socchiusa della camera, scorgo un ragazzo ancora addormentato sul letto. La Marshall ha cinquant'anni ma una passione per i sugar baby. Oggetti sessuali da una notte e via. Lo intuisco da come alza ironicamente il sopracciglio.
«Se le divise ti preoccupano, non ne vedrai. Alla festa i CAPS verranno "in borghese"» spiega facendomi accomandare al bancone della cucina. Rompe due uova sul tegamino. Accartoccia il sacchetto da cui le ha prese e fa canestro nel cestino sotto al lavello. «Quelli in divisa non entreranno al ballo, ma sorveglieranno comunque l'esterno della palestra per assicurarsi che tutto fili liscio.»
Dopotutto non mi sembra un cattivo compromesso. «Perché ha deciso di aiutarci?» Il naso mi prude per il misto di uova fritte e il profumo di colonia della camicia maschile.
«Io e il signor Mills abbiamo inserito nell'elaboratore CAPS i nomi degli invitati al ballo e di tutti i dati circostanziali. Abbiamo inviato al programma una richiesta di tutto quello che potrebbe andare storto la notte del 12 dicembre.» Dalla pentola passa le uova sul piatto insieme a tre filetti di pancetta tanto annerita da sembrare bruciata. «L'elaboratore ha stilato una lista precisissima nella quale è riportato ogni potenziale reato, accompagnato dalla probabilità statistica di accadimento. Dai semplici atti vandalici all'omicidio. Di fianco a ciascun crimine ha associato i nomi degli studenti che potrebbero effettivamente commetterli.» Rompe l'uovo con il taglio della forchetta, facendo allagare il piatto con il tuorlo. «Il 12 dicembre sarà tanto la tua festa quanto la mia. Tu avrai realizzato l'evento annuale della Cerchia, io avrò stabilito se effettivamente i CAPS potranno prevenire le minacce del futuro.»
«I CAPS in borghese dentro, i CAPS in divisa fuori.» Ripeto perché sia tutto chiaro, a entrambe le parti. «Davvero è disposta a rischiare la sicurezza degli studenti all'interno della palestra?»
Finisce il boccone. «Non avevi detto che gli studenti erano al sicuro anche senza i CAPS?» Non so se sta cominciando a fidarsi di me, come io comincio a fidarmi di lei. Posa la forchetta sul piatto, sposta la colazione verso l'esterno del tavolo. «Il mio capo mi ripeteva sempre: non avvicinarti mai da sola a un sospettato, aspetta l'arrivo dei rinforzi prima di fare la tua mossa...»
Pensavo fosse una vipera, invece ha un cuore. Nonostante la voce non tremi, gli occhi rimangano impassibili, so che la detective Portia Marshall sta cercando di aprirsi. Non è una bellezza classica, graziosa a suo modo, con una voce che sa essere dolce. Molti anni fa, quando ancora portava il distintivo sulla divisa nera da strada ed era bionda come l'oro danese, si era affezionata a un teppista che aveva arrestato. Il ragazzo aveva il destino segnato, perché sia il padre sia il fratello portavano i colori della banda. Lei però lo aveva convinto a ritornare a scuola, a tenersi lontano dai guai. Non era solo affetto, per la prima volta provava qualcosa di più forte verso un uomo molto più giovane. Divennero amanti, lei si fidava di lui.
Mentre era di pattuglia, la Marshall aveva risposto a una chiamata d'intervento. Prima di partire si era fumata una sigaretta nella speranza di arrivare quando tutto fosse finito: quello che nei film non dicono è che i poliziotti non amano beccarsi una pallottola per un misero stipendio. Aveva raggiunto la tavola calda dove era stata segnalata la rapina. Li trovò sul posto, provò a fermarli, ci fu una colluttazione. Li inseguì sino al vicolo sul retro. Puntò la pistola e intimò di fermarsi. Uno dei ladri si tolse il passamontagna, era il suo teppista.
Le disse di non premere il grilletto, che era pericoloso. Lei non ragionava più, si sentii tradita, raggirata. Premette il grilletto. Dopo lo scontro alla tavola calda la canna si era otturata e così le esplose in faccia. Cadde per terra. I rapinatori tornarono da lei. Aveva tentato di ucciderli, e loro volevano farle capire chi comandava. Tentò di scappare, fu il suo amato teppista ad afferrarla per la gonna nera della divisa e a strappargliela. Rimasta in mutande, le tolsero anche quelle. Sentì il suo fidanzato infilarsi nelle labbra gonfie e bagnate della sua vagina. Tentò inutilmente di opporre resistenza, finì per inghiottire fra le gambe anche il calore degli altri malviventi. Se ne andarono lasciandola nel vicolo, con l'umidore che le grondava dalle cosce, i capelli arruffati, gli abiti stracciati.
«Prima indossavo la divisa per senso del dovere.» Sembro essere io quella più scossa dal racconto. Probabilmente lei lo ha rivissuto così tante volte nella sua testa da avere imparato a conviverci. «Da quel momento ho deciso che a nessuno sarebbe più capitato quello che è successo a me. Non lascerò che i ragazzi della Harper si fidino delle persone sbagliate, come ho fatto io. CAPS esiste per questo, non sprecate la vostra occasione.»
Sul bus di ritorno penso che forse l'ho giudicata male per tutto il tempo. Che anche i CAPS possono essere una risorsa. Adesso abbiamo un accordo, noi e loro. Un accordo per il bene di tutti. Posso solo sperare che niente vada storto.
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WIZ BLONDE (Completata)
Teen FictionBaby Lynn è tornata! In seguito ai misteriosi fatti legati a WIZ l'intero anno scolastico è stato cancellato. Tutti gli studenti sono costretti a tornare sui banchi di scuola. Baby Lynn ha imparato che tutti meritano una seconda possibilità. Forse q...