Capitolo 18

21.8K 902 530
                                    

Non ho detto nulla di ciò che ho scoperto sui Thunderstorms a McKenna, credo che lei lo sappia già ma non ne abbiamo parlato apertamente e non sarò di certo io quella che aprirà il discorso per prima. Sono cinque giorni che non vado al club, cinque giorni che non sento o vedo Cairo e nemmeno Aiden, cinque giorni che non ho a che fare con nessuno di loro.

Ciò che ho scoperto non mi ha fatto cambiare idea su di loro, stimo le persone che ho conosciuto o che credo di aver conosciuto, però scoprire ciò che fanno ha innescato un campanello d'allarme nella mia testa che non smette di suonare. Da quello che dice Tara c'è un motivo dietro a tutto questo, uno che potrebbe portarmi ad accettare la situazione, a sorvolare su quello che ho scoperto, io sono convinta che sia così, che ci sia davvero un motivo, una spiegazione, solo che non credo però che riuscirò ad accettare la cosa.

«Avalyne, mi stai ascoltando?» vengo risvegliata da due dita che mi schioccano davanti agli occhi e la voce seria di Milton.

Porto lo sguardo sulla sua faccia seria, le rughe evidenti, gli occhi scuri così uguali ma allo stesso così diversi a quelli di mia sorella, i capelli brizzolati e la severità che emana.

«Scusa, stavo pensando all'esame che dovrò dare a giorni.» invento la prima frottola che mi viene in mente, sicura del fatto che se la berrà.

«Tu invece Taranee, a cosa pensi di così importante da non prestarmi attenzione?» porta lo sguardo su mia sorella che ha il suo su di me, non ha toccato neanche una foglia d'insalata, «Non possiamo cenare come una famiglia normale di tanto in tanto?» le chiede, stanco del suo silenzio, del modo in cui lo ignora palesemente.

«Mi fa ridere il fatto che quando si tratta di mantenere le apparenze ci ripeti continuamente che non siamo una famiglia normale, poi a casa o quando ti fa comodo lo siamo invece.» mia sorella ha il coraggio o la faccia tosta di dire ciò che penso anche io.

«Taranee, non ti permetto di parlarmi in questo modo.» non che gli stia parlando chissà in quale modo ma Milton reagisce sempre così dinanzi alla verità.

«Non me lo permetti? Siamo nel medioevo?» risponde a tono mia sorella, lo sfida, è ciò che fa continuamente.

«Tara.» cerco di calmare mia sorella, non voglio assistere all'ennesima discussione o doverla placare come sempre.

«Tara nulla, non ci gioco alla bella famigliola felice solo per far contento questo.» lo indica con un dito e una smorfia inorridita, neanche io voglio giocare alla famigliola felice ma devo.

«Sono tuo padre Taranee.» mia sorella sussulta quando lui sbatte i pugni sul tavolo e si alza, io resto seduta e dritta, senza scompormi un minimo.

Ci sono abituata.

«Non ricordarmelo.» risponde con disgusto, poi tira in malo modo indietro la sedia e se ne va, ignorando le urla di Milton che le ordina di tornare indietro.

«È questa l'educazione che vi ho insegnato?» mi chiede quando restiamo soli.

Sapevo che sarebbe arrivato a me, è così che fa, mi tira in ballo anche quando la questione o come in questo caso la discussione non riguarda me.

«Siete ingrate, proprio come vostra madre.»

Le sue parole mi feriscono, perché non mi reputo un'ingrata e non mi va che mi si paragoni alla donna che mi ha messa al mondo per poi abbandonarmi.

Resto in silenzio, non rispondo, lui prende un sorso del suo vino, io ho lo sguardo puntato dritto davanti a me, non lo abbasso. Non do a nessuno il potere di vedermi chinare la testa, di farmi abbassare lo sguardo.

«Renditi utile e valla a cercare, sappiamo entrambe che siete predisposte a cercare guai.» "proprio come vostra madre", lo sento anche se non lo dice, perciò non rispondo, mi alzo e vado in cerca di mia sorella perché l'avrei fatto comunque anche se non me l'avesse ordinato lui.

CAIRODove le storie prendono vita. Scoprilo ora