Capitolo 48

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La mia auto non mi ha mai lasciata a piedi, l'ho avuta a diciotto anni e da quel momento è sempre stata la mia fedele compagna. Sono sempre stata molto precisa e pignola, come direbbe Kenny. La porto a controllare spesso e se c'è qualcosa che non va la faccio aggiustare subito, perché appunto non voglio che smetta di funzionare da un momento all'altro.

Non capisco perciò perché proprio adesso, dopo anni, a circa cinque isolati di distanza dal club di Phoenix, abbia deciso di ruggire per un solo istante prima di spegnersi e non riaccendersi.

Perciò sì, mi trovo da sola, a piedi, in una strada oscura e isolata del Bronx, situazione che non mi fa fare di certo i salti di gioia.

E quindi, anche se non mi piace poi tanto disturbare o chiedere aiuto, in un caso come questo devo assolutamente farlo.

Per questo chiamo prima Phoenix che dopo cinque chiamate non risponde, poi chiamo Aiden, che di solito mi risponde sempre dopo i primi due squilli, in questo caso però no. Poi chiamo Brose, ma neanche lui risponde.

Possibile che hanno deciso di fare tutti sciopero dei cellulari proprio oggi?

Non mi resta quindi che chiudere l'auto e incamminarmi a piedi verso il club, sempre con la speranza che siano lì.

La strada è deserta fortunatamente o sfortunatamente, dipende dal punto di vista. Ho il cellulare ben saldo in mano e con il numero del 911 già inserito, in caso di emergenza. Non mi sono mai addentrata nel Bronx a piedi, ci sono sempre venuta in auto e ovviamente è completamente diverso.

Dopo appena un isolato, sento il rombo di non una ma ben due moto, dentro di me spero che siano i ragazzi, non per forza Phoenix o Aiden, mi basta che sia qualcuno che conosco e da cui non devo proteggermi.

«Hey!» è la voce di un uomo quella che sento, non la riconosco però, perciò decido di ignorarlo e proseguire.

Andate avanti, andate avanti per favore.

«Dico a te biondina, sei sorda per caso?»

Ancora una volta faccio finta di non sentirlo e proseguo per la mia strada senza voltarmi indietro neanche per un istante.

«Ti vuoi fermare?»

Sono costretta a fermarmi nel momento in cui il rombo della moto diventa uno e una mano si serra intorno al mio braccio, facendomi così voltare in modo prepotente.

Accidenti.

«Che cazzo ci fa una riccona come te da queste parti, per lo più di notte?» mi domanda con ancora la mano stretta intorno al mio braccio.

Mi divincolo come meglio posso e il cellulare per poco non mi sfugge di mano.

«Non toccarmi.» gli ringhio contro continuando a dimenarmi come un'anguilla.

«L'hai sentita la ragazzina, Ade? Non toccarla o scoppia a piangere.» dice l'uomo sull'altra moto, ho lo sguardo puntato su quello che ha la mano sul mio braccio però, perciò non lo guardo nemmeno.

Sì, quello che mi ha presa per il braccio è proprio Ade, che ignora il suo amico e fa come gli dico, lascia la presa sul mio braccio e si allontana, non tanto da tranquillizzarmi però. Riprendo comunque a respirare.

Mi guarda attentamente di sottecchi, come se stesse cercando di capire qualcosa.

«Aspetta, io ti ho già vista prima.»

«No, non credo.» rispondo subito, perché dubito che quella sera al club mi abbia vista, preso com'era dalla discussione con Phoenix.

Ade fa qualche passo in avanti ed io, di conseguenza, mi ritrovo ad indietreggiare.

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