Capitolo 15

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Sono quasi le quattro del mattino quando il silenzio più totale viene squarciato da un lieve piagnucolio

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Sono quasi le quattro del mattino quando il silenzio più totale viene squarciato da un lieve piagnucolio.
In un primo momento penso sia Caiden, steso al centro tra me e Avalyne, perciò la mia testa scatta subito in direzione sua. Noto però che dorme sereno, ha le guance meno arrossate di quanto erano prima e ha smesso di sudare. La febbre evidentemente è scesa del tutto.

Sposto quindi lo sguardo su Avalyne, e la sua faccia al contrario di quella di nostro figlio, è tutt'altro che il ritratto della serenità. Ha le guance rigate dalle lacrime, gli occhi chiusi, segno del fatto che sta avendo un incubo o che sta semplicemente ricordando e la fronte imperlata di sudore.

Faccio la prima cosa che mi viene in mente per far sì che Caiden non si svegli e per evitare quindi di fargli vedere sua madre in questo stato. Mi alzo e faccio il giro del letto, poi come se niente fosse, la prendo in braccio. Spalanca subito gli occhi spaventata e disorientata.

«Va tutto bene, sei a casa.» le sussurro nell'orecchio, «Era solo un incubo, ora ti porto sul divano perché Caiden sta dormendo e potrebbe svegliarsi.» Avalyne non risponde, si limita ad annuire con la testa e appoggiarla poi nell'incavo del mio collo.

Sempre con lei in braccio, sistemo dei cuscini ai lati del corpo di Caiden, per far sì che non cada se prende a muoversi nel sonno. Poi esco dalla stanza, socchiudo la porta e vado verso il divano.

Lo raggiungo subito e anche se in realtà vorrei continuare a tenerla in braccio, lascio che scenda. Poi mi siedo sul divano, dandole una possibilità di scelta su dove sedersi.

Sulle mie gambe o sul divano. Sta a lei decidere.

Mi prendo del tempo per guardarla attentamente. Ha gli occhi socchiusi e lucidi, le labbra rosse per via del pianto silenzioso di prima. Anche il naso è un po' arrossato.

Sembra diversa dal solito, sembra fragile. Non sono abituato a vederla in questo modo. Non mi piace vederla in questo modo.

Mi guarda negli occhi, indecisa sul da farsi, ancora frastornata per via dell'incubo. Batto una mano sulla mia coscia in segno d'invito. Invito che con mia grande sorpresa, coglie dopo appena due o tre secondi.

La faccio sedere sulle mie gambe e lei si accoccola a me come se fossi in grado di proteggerla dal mondo intero o in questo caso, da sé stessa.

«L'hai fatto davvero... Sei rimasto sveglio.» sussurra sfiorandomi il collo con le labbra e a quel contatto rabbrividisco, come un emerito coglione. Il lieve tocco mi arriva dritto al cazzo che dovrebbe starsene buono, almeno in questo momento.

«Russi, non avrei potuto chiudere occhio nemmeno volendolo.» la sposto di poco perché il suo culo preme proprio sull'uccello che si tende e pulsa come se volesse bucarmi i pantaloni della tuta.

Non è decisamente il momento, mi ripeto nella testa, sperando che il messaggio arrivi chiaro e forte anche al mio amico là sotto.

«Io non russo.» borbotta a bassa voce stringendosi ancora di più al mio corpo.

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