Capitolo Extra - Parte 2

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Credevo di non farcela, cazzo

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Credevo di non farcela, cazzo. Credevo che mi sarei perso la nascita di Adhara, che anche questa volta non sarei stato al fianco di Avalyne. Non me lo sarei mai perdonato.

Quando Avalyne mi ha chiamato, quando l'ho vista piangere in videochiamata, mi sono sentito impotente, volevo distruggere qualsiasi cosa mi capitasse a tiro. Credo di non aver mai corso così veloce in moto come ho fatto oggi.

La guardo stesa sul letto con le gambe divaricate e un lenzuolo che le copre per metà, non vedo cosa succede dall'altra parte e non mi sposto nemmeno di un centimetro, resto vicino a lei con la mano nella sua.

Ha la fronte imperlata di sudore, le guance rosse, i capelli umidi e una smorfia di dolore stampata in faccia. Ha un'altra contrazione e urla come se la stessero squarciando dall'interno.

Mi limito a sussurrarle parole di conforto e accarezzarle la fronte con la mano libera. Non posso fare altro anche se vorrei, cazzo, non ci penserei due volte a prendermi il suo dolore.

«Stai andando benissimo, Avalyne», le dice l'ostetrica. «Tre spinte e la tua bimba verrà al mondo».

Cazzo, sto per diventare padre un'altra volta. Stavolta dovrò prendere in braccio un esserino minuscolo.

«Lei sarà l'ultima, Phoenix», piagnucola Avalyne, lanciandomi un'occhiata. «Basta figli».

Una angolo della mia bocca si solleva in un mezzo sorriso. «Avevi detto di volerne come minimo tre».

«Ho cambiato idea, sto soffrendo da morire».

Ha l'ennesima contrazione e urla fortissimo, l'ostetrica le dice di spingere e lei lo fa, diventando tutta rossa in faccia. Conficca le unghie nella mia mano ma io non me ne curo, potrebbe anche spezzarmela al momento e non me ne fregherebbe comunque un cazzo.

«Sei fortissima, faccia d'angelo», le dico, «Sono così fiero di te». Poco me ne importa se anche l'ostetrica e l'infermiera possono sentirmi, Avalyne deve saperlo.

«Non farmi piangere altrimenti perdo le forze e non potrò più spingere».

Altre due spinte e l'ostetrica dice di vedere la testa, vorrei avvicinarmi per guardare anche io ma Avalyne non vuole saperne di lasciarmi andare, quindi resto al suo fianco. Continuo a parlarle come se fossimo soli e ad accarezzarla dolcemente.

Altre tre spinte e Avalyne si lascia cadere sul letto, chiude gli occhi sfinita e le sue urla cessano. Un pianto però squarcia il silenzio che si era venuto a creare nella stanza. Mia figlia.

«È nata», dice l'ostetrica con un sorriso. «Il papà vuole tagliare il cordone così la presentiamo alla mamma?»

«Vai, io non andrò da nessuna parte», sussurra Avalyne, sfinita. Io annuisco, le bacio al fronte e mi allontano per avvicinarmi all'ostetrica che tiene in braccio la mia bambina ancora ricoperta di sangue e altri liquidi a me sconosciuti.

Ha già smesso di piangere ed io la guardo affascinato, senza parole.

Mi porge le forbici e cercando di essere il più cauto possibile, taglio il cordone.

«Io mi occupo di te, l'infermiera la pulisce un po' e poi te la metto sul petto», dice ad Avalyne che annuisce, anche lei segue ogni movimento con gli occhi.

Seguo l'infermiera passo dopo passo e poco m'importa se non dovrei farlo. Osservo quando la pulisce meglio che può, quando le misura la lunghezza e il peso e quando l'avvolge in una copertina.

Poi si avvicina ad Avalyne e gliela porge, l'aiuta a sistemarsela sul petto e Adhara va subito in cerca del suo seno. Si attacca con facilità. Avalyne non riesce a smettere di guardarla.

«È perfetta», dice emozionata. Lacrime di gioia le rigano le guance ed io non posso fare a meno di annuire, guardando ammaliato tutte e due.

Lo è davvero. Ha le ciglia lunghe, le guance piene e rosse, la forma della mia bocca e tantissimi capelli biondi come quelli di Avalyne ma che sembrano oro sporco, dato che non sono stati lavati bene.

«Come stai?» le chiedo, perché anche se sembra stare meglio non posso dimenticare il dolore che ha provato, le sue urla e la fatica.

È tutta sudata, ha le guance rosse e il volto stanco ma resta comunque la donna più bella che abbia mai visto.

«Sto bene», dice, continuando a guardare nostra figlia. «Sono così felice e non vedo l'ora di farla conoscere a Caiden».

«Grazie», le dico. Lei alza lo sguardo su di me, «Per avermi aspettato e per avermi permesso di assistere a questo miracolo, il quarto della mia vita».

Ho ricevuto senz'altro quattro miracoli, il primo è stato Avalyne. Il secondo Caiden. Il terzo è stato il ritorno di Aiden. E ora Adhara.

«Grazie a te per essere venuto in tempo, Phoenix», risponde lei con la voce che le si spezza dall'emozione, «Ti amo così tanto».

«Ti amo anche io, faccia d'angelo», le stampo un bacio veloce sulla bocca e mi allontano per guardarla negli occhi. «Ogni giorno sempre di più».

«Vuoi prenderla?» Mi chiede ad un certo punto, quando Adhara si stacca dal suo seno. La guardo preoccupato.

«Ho paura di farle male», ammetto e lei mi guarda con dolcezza. Mi regala un sorriso bellissimo.

«Non le faresti mai del male, Phoenix», dice con sicurezza, «Prendila».

Me la porge ed io con delicatezza la prendo, attento a non farle male. Guardo ogni dettaglio del suo viso, è così perfetta che sembra sia stata dipinta.

«Ciao», le dico, cullandola. «Ti sei fatta attendere per un sacco di tempo per poi nascere nel momento meno opportuno, quando ero lontano. Sei nata da meno di dieci minuti e posso dire per certo che mi darai del filo da torcere, forse un po' me lo merito». Avalyne ci guarda e ascolta ciò che sto dicendo, rimanendo in silenzio. «Sei bellissima, lo sai?» Le accarezzo la guancia con un dito. «Ti proteggerò per sempre e ti amo già profondamente, tanto quanto amo la tua mamma e tuo fratello».

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