Parte 14

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- Potrai mai essere il migliore amico di te stesso? – domandò perplesso Carlo.

Alexis non rispose e continuò impassibile a lavorare la sua terra.

- Non puoi abbandonare tutti i tuoi amici per dedicarti solo al lavoro. –

Le parole non provocarono reazioni, al ragazzo sembrava di parlare con un muro.

- Non puoi tenerti tutto dentro, tuo padre è morto solo da qualche giorno, è normale starci male. Hai bisogno di sfogarti e di piangere la sua morte. –

Venne posto l'accento sul vero motivo del comportamento di Alexis.

- Credi che mi tenga occupato per non pensare alla morte di padre? –

- Certo, perché sennò? –

- Te lo spiego subito. Mio padre non è morto, è stato assassinato!

Sai qual è il pensiero che cerco di tenere sotto controllo? –

La domanda retorica fece sorgere un silenzio assordante.

- Guardando il corpo inerme di mio padre ho giurato vendetta per ciò che gli era capitato. Ringrazio che la polizia non abbia trovato il colpevole perché non so che cosa gli avrei fatto.

Ti lamenti se non sono più un ragazzo che gioca in mezzo ai campi con i suoi amici? Beh, ringrazia che non sono impazzito e che ho trovato un modo per trasformare la rabbia in utilità. Continuo il lavoro di mio padre e, prima di lui, quello di mio nonno. Questa terra è la sua eredità, certo, mi è stata tramandata troppo presto, ma l'ho accolta dentro di me e lei mi ha dato un motivo per continuare a vivere. –

Il suo amico si congedò visibilmente scosso e rammaricato, voleva essere una soluzione e, invece, era stato solo un ostacolo nella giornata lavorativa di Alexis.

Qual è il modo giusto di rispondere al dolore? Semplice, non esiste un unico e inequivocabile modo.

Piangere sulle foto dei ricordi oppure trovare un qualcosa che ci possa attrarre come una calamita e ci faccia spegnere il cervello.

Il giovane scelse la seconda scelta, capendo che il suo dolore si era già tramutato in rabbia ed era ansioso di vendetta.

Il loro ingresso al villaggio avvenne nella più profonda quiete che il paese potesse riservare.

Era tardo pomeriggio e tutti erano stipati nelle loro case.

Il suono delle campane faceva da richiamo alla propria dimora e mostrava il continuo richiamo alla tradizione, senza che ci fosse qualcuno che osava disobbedire alle abitudini ferme da secoli.

Non vi erano distrazioni e divertimenti notturni perché sarebbero andati contro il volere del curato e ha ciò che lui rappresentava.

Eppure, erano stati tutti bambini, tutti avevano scorrazzato per i campi felici. Perché da adulti si erano piagati alla tristezza del fare il volere altrui?

Ciò che ci rende felici sono una moltitudine di scelte soggettive e, difficilmente, quelle che ci impongono gli altri ci rendono veramente felici.

È pur vero che uscire da quella chiusura mentale era equiparabile ad un autoisolamento, perché verresti abbandonato da tutti.

I pochi, pochissimi, che ebbero avuto il coraggio di sovvertire il sistema dovettero lasciare il paese perché stufi degli sguardi e dicerie della gente.

Ecco un altro ottimo punto: "cosa dirà la gente?".

A chi importa veramente?

Chi aspetta solo che qualcuno esca dalle righe per poter criticare è solo un codardo perché, in fondo, vorrebbe essere stato lui.

A molti una vita così potrà piacere e va rispettato, ma i cambiamenti del tempo sono infermabili e, se non vuoi essere infelice, devi accettarli.

Così non fecero gli abitanti appresa la notizia, che i tre messaggeri portarono.

Un fattore non venne considerato nella mente del presidente: il legame fra il popolo e il paese stesso.

Tutti i residenti erano nati e cresciuti lì, inoltre, avevano passato tutta la loro esistenza in quel posto, come potevano accettare di diventare un piccolo quartiere nella loro stessa città?

Certo, sarebbe stato compito di Alexis guidarli nella scelta migliore, ma gli anziani erano troppo testardi e troppo orgoglioso per accettare un simile affronto.

Dato che la loro opinione era troppo importante, il resto della popolazione li seguii senza fiatare.

Al termine della discussione si alzarono inevitabilmente i toni.

- Noi non diventeremo un ghetto! –

- Voi siete ciechi, non vedete che non avete scelta! Se non vi arrendete, vi annienteranno. –

- Questo è da vedere, non sottovalutarci. Abbiamo ancora tanto da dare. –

- Non capite, hanno armi avanti anni luce rispetto alle vostre. –

- Può darsi, ma noi abbiamo spirito di combattimento e conoscenza del terreno dello scontro. –

- Sul primo può anche darsi, sul secondo siete alla pari perché con i loro strumenti hanno studiato ogni angolo della zona. –

- Ragazzo, è inutile continuare a discuterne. Tu ci dai già per spacciati, ma è ancora tutto da vedere. –

- Voglio solo evitare un genocidio. –

A questo punto del dibattimento intervenne l'uomo con cui ebbe lo scontro nella campagna.

- Come osi tu venire qui e dirci che dobbiamo obbedire a dei perfetti sconosciuti. Non ti vediamo da mesi e, ora, pretendi che ci fidiamo di te? –

- Forse hai ragione te! Chi sono io per salvare il paese che mi ha dato solo dolore e delusioni? –

- Ora è meglio che ve ne andiate. –

Dopo questo avvertimento, per evitare ulteriori dissapori, decisero che era meglio andarsene.

Una situazione d'emergenza compatta un Paese come nulla al mondo.

Questo almeno nella parte iniziale, perché, quando iniziano a sentirsi veramente i suoi effetti negativi subentra l'egoismo umano.

Così pensò Alexis, lasciando nuovamente il suo luogo natale.

- Peggio non poteva andare. – sussurrò il dottore.

- Peggio per loro! – ribatte convinta Margaret.

Poi incrociò lo sguardo del giovane uomo, sembrava deluso e rassegnato alla triste fine del suo popolo.

- Mi dispiace per come è andata, i tuoi paesani sono un bracco di stupidi orgogliosi. Però, devo ammettere che sono veramente uniti, daranno qualche fastidio al nostro esercito. –

- Per ora. –

- Cosa? –

- Sono uniti, per adesso, ma presto nasceranno malcontenti e divisioni.

Chi li guiderà contro di noi? Non hanno un vero leader e questo li rende deboli perché sono una polveriera pronta a scoppiare, senza un faro si scioglieranno come neve al sole.

Al momento della verità riaffioreranno le vecchie discussioni, mai superare veramente. –

- Tu credi? –

- Sì, il tempo mi darà ragione. –

Con questa convinzione accelerò il passo in direzione della città sotterranea.

Ora, aveva in mente una sola cosa: convincere il presidente a non attaccare il paese, ma aspettare.

Compito arduo almeno come convincere il villaggio, ma, in questo caso, poteva contare su un'arma in più: l'amicizia.

Cresciuti fianco a fianco, avevano imparato a conoscersi e rispettarsi, ma sarebbe bastato per intimarlo di non attaccare?

In fondo perché avrebbe dovuto attendere altro tempo? Poteva contare su un esercito tremendamente più forte del nemico ed era disposto a radere al suolo tutto e tutti pur di ottenere quella terra.

Basteranno parole piene di ragione a farlo desistere?


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