Parte 59

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Albert guardò un attimo l'orologio che aveva al polso, poi disse.

- Aspettate, nascondiamoci dietro quella pianta. - si riferiva, ad un cespuglio decorativo per ufficio. Ma perché dovevamo nasconderci?

Una volta, sicuri dietro a quella pianta ornamentale, chiesi spiegazioni.

- Da chi ci stiamo nascondendo? -

- Aspetta qualche secondo e capirai. - mi fu risposto.

Dopo qualche attimo, passò una guardia a controllare che fosse tutto in ordine.

- A quest'ora il laboratorio è chiuso. - continuò Albert.

- È per questo che non abbiamo incontrato nessuno! – esclamai.

- Ma allora chi controlla il Gabbio, se non c'è nessuno? -

- Nessuno, ma siccome il tempo lì trascorre più lentamente, gli abitanti non rimangono da soli molto tempo. -

Giusto, non avevo pensato a questo aspetto.

Una volta che la guardia era andata a controllare altre zone, avevamo campo libero.

Senza fare rumore, Albert aprii la porta con il suo mazzo personale di chiavi. Avere uno che lavorava all'interno, si era rivelato un grande vantaggio.

Oltre alle chiavi, sapeva quando non c'erano gli altri scienziati ed era anche a

conoscenza del percorso di sorveglianza della guardia.

Usciti fuori, si poneva un nuovo problema: adesso, dove saremmo andati? Chi poteva rispondere, se non chi ci aveva portato fin qui?

- Ora, cosa facciamo, dove andiamo? -

- Non vi preoccupate, ho già pensato a tutto io. - rispose sicuro, Albert.

- Vi chiedo ancora un po' di fiducia. -

Lo seguimmo per le strade della città. Era notte fonda, nelle vie, quasi nessuno. Le poche persone incontrate erano lì per divertirsi e non fecero attenzione a noi.

Tutto questo riserbo e segretezza non lo comprendevo. Ma, mi fu promesso che, una volta arrivati, avrei avuto spiegazioni.

Arrivammo ad una casa che mi risultava famigliare. Ci pensai un attimo, poi esclami.

- Qui abita Beatrice! -

- Esatto, si è offerta di ospitarvi e nascondervi. -

- Nasconderci da chi? -

- Abbi pazienza, ti spiegherò tutto. -

Albert aveva le chiavi dell'appartamento, così entrammo senza destare

sospetto.

Aperto il portone di casa, trovammo Beatrice che dormiva sul divano. Probabilmente voleva aspettarci alzata, ma alla fine ha chiuso gli occhi ed è entrata nel magico mondo di Morfeo.

- Riposiamoci anche noi, domani è un altro giorno. - sussurrò Albert.

- Mi avevi promesso una spiegazione! - prontamente ribattei.

- Domani sarò lieto di spiegati tutto per filo e per segno, ma adesso, ho bisogno di dormire qualche ora. -

Non volevo darmi per vinto, ma intervenne Alexis che silente fino a quel momento, pronunciò una giusta osservazione.

- Noi dove dormiamo? -

Pronta e, ancora una volta, preparata la risposta.

- Nell'altra stanza, ci sono delle brandine. Dormiremo lì. - Con questo si congedò.

Alexis ed io, rimanemmo ancora un po' svegli a parlare.

Dopo qualche parola, scambiata con poca voglia reciproca, decidemmo che era giunta, anche per noi, l'ora di andare a dormire.

Trovammo Albert che dormiva profondamente. Non mentiva, quando diceva che era stanco!

All'arrivo della luce del Sole, i nostri occhi si aprirono. Una piccola finestra, rimasta aperta, permetteva l'entrata di quei raggi che illuminavano il nostro viso.

Come un animale, che seguendo l'odore del cibo, arriva ad esso, io feci

uguale.

Dalla camera da letto, arrivai in cucina, seguendo l'inconfondibile essenza che

solo una buona tazzina di caffè sa dare.

Seduta al tavolo trovai Alexa, che corse subito ad abbracciarmi.

- Volevo salutarvi ieri sera, ma poi mi sono addormentata. - furono le sue prime parole, pronunciate con un po' di vergogna.

Subito dopo, si aggiunsero Alexis e Albert.

- Sediamoci e facciamo colazione che dobbiamo parlare. - ordinò quest'

ultimo.

La tavola, per essere una colazione, era molto ricca. Caffè, tè e una tisana allo zenzero erano le bevande calde. Cornetti, crepes, biscotti e una crostata alle fragole erano, invece, i cibi solidi.

- Non sapendo che cosa vi piace, ho comprato un po' di tutto. - esclamò

l'unica ragazza del gruppo che, da buona padrona di casa, non ci aveva fatto

mancare niente.

Dopo qualche boccone, di questo e di quello, e, almeno un paio di tazzine di caffè, prese la parola l'unico scienziato del gruppo.

- Ora, però, dobbiamo parlare! –

Aveva la nostra piena attenzione.


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