Parte 51

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Per arrivare all'appartamento prendemmo un ascensore.

Era completamente trasparente, il pavimento permetteva di guardare giù.

La sensazione di vuoto che si provava, salendo e vedendo attraverso il pavimento, era molto particolare.

Un misto di paura e libertà.

Mi aprii il portone d'ingresso dell'appartamento e mi invitò nel piccolo salottino dell'abitazione.

Appena fui comodo, mi porse anche una tazza di tè, scusandosi per non avere il caffè.

- Grazie per il tè, sai mi sono accorto che sono seduto in casa tua, ma non mi hai ancora detto come ti chiami. – affermai.

- Mi chiamo Beatrice, ma la vera domanda è: come ti chiami tu? – rispose, pronta a scrivere tutto quello che avessi detto.

- Non so come mi chiamo, so come mi hanno nominato: Prometeo. –

Rimase stupita.

- Ho scoperto che agli abitanti del Gabbio, viene consegnato un bigliettino con nome e crimine commesso. Come mai tu non sai il tuo nome? –

- Perché quello che riguarda me è segreto di Stato. Non so altro. –

Rimase ancora più stupita.

- Non sei curioso del tuo passato? – mi domandò, incuriosita.

Non risposi subito.

In verità, ovviamente ero curioso, ma avevo anche paura che indagare sul passato avrebbe scoperchiato il vaso di Pandora.

Non sapevo che cosa avrei trovato e, ancora una volta, l'ignoto mi

spaventava.

- Sì, ma ho paura di ciò che potrei trovare. – ammisi, amaramente.

Immagino che non si aspettasse una risposta così.

- Per come la vedo io, la conoscenza, non porta, né bene, né male.

È solo un punto di partenza. Nel tuo caso, se trovi un passato, di cui ti vergogni, puoi costruire un futuro di cui essere fieri. –

Quelle parole mi rincuorarono l'anima.

Aveva pienamente ragione, dovevo conoscere quello che avevo fatto per essere condannato a morte.

- Allora cosa hai deciso. Vuoi conoscere il tuo passato? – mi chiese, sperando in una mia risposta positiva, e così fu.

- Mi hai convinto, voglio sapere cosa ho fatto da meritare la pena capitale. –

- Bene, ho degli agganci nell' esercito, posso chiedergli di indagare. – Sembrava già tutto scritto. Molte volte mi sono chiesto se le mie scelte sono dettate da qualcuno o qualcosa. Chi crede in Dio, chi in altre divinità, chi crede nel fato, ma tutti credono che qualcosa controlli le loro vite.

È triste, pensare di essere solo parte di un gioco più grande.

Personalmente, credevo nel destino.

Pensavo che ogni mia scelta fosse già scritta.

Per fortuna, cambiai idea. Solo gli sciocchi non cambiano idea.

Attenti, però, al non confondere il cambiare idea con l'approfittarsene.

Quello non è cambiare idea, quello è mantenere i privilegi.

Tornando, invece, al mio cambio di visione della vita, abbandonai il credere nel destino.

Se qualcosa della mia vita non mi fosse piaciuto, sarebbe stato comodo poter incolpare il destino, ma, la colpa era solo mia.

La vita, la costruiamo noi, scelta dopo scelta. Giuste o sbagliate che siano, sono quello che ci differenzia dagli animali. Noi, come esseri umani, siamo in grado di ragionare. Piccolo appunto per tutti, a cominciare da me, ogni tanto, quando dobbiamo prendere decisioni importanti, prendiamo un momento e valutiamo la situazione.

Il poter pensare è un dono che nessuno potrà mai toglierci.

Nessuna persona, nessun governo potranno negarci di usare il nostro intelletto.

Dopo questa piccola divagazione, torniamo sul pezzo.

- Adesso devo andarmene, voglio trovare un posto in cui dormire, prima che cali la notte. – dirigendomi verso la porta.

- Aspetta, se vuoi puoi dormire qui per qualche giorno. – mi propose, un po'

imbarazzata.

- Qui? –

- Nell' altra stanza, c'è uno studio con un divano. Puoi dormire lì. –

Accettai, non avevo voglia di mettermi a cercare un albergo.

Mi mostrò la "mia" stanza.

Forse perché dormivo in una cella poco tempo prima, ma quella stanza mi sembrò una delle cose più belle che avessi mai visto.

Era piccola, ma molto accogliente. Ad arredarla, solo una scrivania con qualche libro e il divano.

- Vuoi farti doccia, mentre cucino qualcosa? –

- Accetto molto volentieri, grazie. –

- Non ti preoccupare, ti mostro il bagno. –

Anche in questo caso non era molto grande, ma per me andava benissimo. Pulito e profumato, uscii dal bagno.

- È pronto! – esclamò Beatrice.

Mi accomodai al tavolo. Mi porse un piatto contente un toast. E già, proprio un toast. Ormai non conoscevo altro sapore.

- Scusa, ma non sono molto brava in cucina. – vedendomi non entusiasta della cena.

Dovevo essere un pessimo ospite.

Finita la cena, mi propose di vedere la televisione, prima di andare a dormire. Premette un punto del muro e questo si illuminò e, in un attimo, mostrò delle immagini di guerriglia urbana.

Subito chiesi informazioni al riguardo.

- Cosa è successo? –

- Molte persone protestano contro il governo, inizialmente in maniera

pacifica, ma poi, da quando l'esercito ha iniziato ad usare le armi, si sono regolate di conseguenza. – mi rispose con filo di voce, evidentemente era un argomento che sentiva molto.

- Ma quando ho visitato la città, non ho visto nulla. – domandai perplesso.

- Certo, perché i turisti sono per la maggior parte abitanti delle colonie, per cui se vedessero queste scene probabilmente si unirebbero ai protestanti.

Pensa alla tua visita, hai visto la sede del parlamento? –

Feci un attimo mente locale. No, non ricordavo di averlo visto.

- No, non ci siamo passati. –

- Lo immaginavo, pensa che tutte le immagini trasmesse anche nelle colonie, vengono prima controllate da una speciale commissione perché non devono infangare il governo. –

- Quindi siamo in una dittatura? –

- Ufficialmente no, ma le elezioni sono state truccate. Ha vinto un generale

dell'esercito che è al suo terzo mandato. –

- E il re? Non fa niente? –

- Ha solo uno scopo rappresentativo e, se creasse problemi, verrebbe subito deposto.

Per stasera basta così, io vado a dormire. Tu sei vuoi guarda ancora la TV. –

Accettai, volevo sapere il più possibile.


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