Parte 62

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Dopo che non sentimmo più alcun rumore e fossimo certi che eravamo soli in quella vecchia fabbrica.

- Penso che sia ora di uscire. -

Rimasi esitante ad una simile affermazione, pertanto non ci feci quasi caso.

- Vuoi uscire o no? - continuò

- Certo. -

- Allora aiutami a spostare qualche mattone. - Aveva veramente un piano per uscire da quel posto. Si diresse verso il muro al fondo della cella.

- E adesso? - incalzai

- Adesso guarda. -

Contò cinque passi, spostò il mattone corrispondente e un piccolo spazio, oltre il muro, ci venne rivelato.

- Non voglio essere il guastafeste, ma è troppo piccolo per oltrepassarci. -

- Ancora non ti fidi. Aiutami a spostare i mattoni accanto. -

Alla fine di questa opera edilizia, avemmo un buco nel muro, abbastanza grande per passare attraverso.

Fui io ad oltrepassare il muro per primo. Arrivai in una stanza buia, in cui si potevano vedere delle lucine rosse lampeggianti.

Alexis che nel frattempo mi aveva seguito, accese le illuminazioni.

Verso il fondo della stanza, si trovavano una grande schiera di computer, da cui provenivano le lucine rosse.

- Cos'è questo posto? -

- Non ci arrivi? Questa è la stanza di comando dei missili! -

Ecco, dunque, dove si nascondeva.

Era un posto assolutamente impensabile, dietro un muro di una cella, geniale!

- E ora? Che cosa vuoi fare? -

- Vedi quel grosso bottone rosso? -

- Certo. - si trattava di uno di quei bottoni con su scritto "pericolo".

- Una volta premuto e scritta la parola segreta al computer, provvederà all'

autodistruzione degli armamenti. -

- Sei sicuro che sia la scelta giusta? -

- Assolutamente sì. Non sarò complice del' uccisione di migliaia di innocenti. -

- Non fraintendere, pensavo solo che con la distruzione di queste armi, le nostre possibilità di vittoria diminuisco drasticamente. -

- Probabilmente è così, ma dopo quello che ci hanno fatto i nostri

"compagni", non sono sicuro di volermi schierare ancora con loro. Inoltre, una volta che avranno saputo della distruzione dei missili, non saranno clementi con me. -

Dopo questo non risposi più, condividevo gran parte del discorso.

Senza perdere altro tempo attuò il suo piano, premette il bottone rosso e si recò al computer per immettere la password che era Elisa.

Mentre digitava queste poche lettere, una lacrima, calò lungo il suo viso. Quel nome doveva essere importante, perché solo digitandolo gli aveva provocato forte emozioni.

Completata la procedura sugli schermi apparve un conto alla rovescia.

Era partito da tre minuti e trascorreva inesorabile verso lo zero.

- Muoviamoci! Dobbiamo lasciare questo posto! - ordinò

Come due lepri, inseguite dal predatore, corremmo più velocemente che potevamo.

Il margine era piuttosto abbondante per uscire senza problemi, ma quando è in gioco la propria vita, le precauzioni non sono mai troppe.

Nella corsa, buttammo gli occhi a destra e a sinistra per vedere se ci fosse rimasto qualcuno. Ma, come avevamo supposto, non era rimasto anima viva. Una volta nel vicolo e, alla giusta distanza di sicurezza, aspettammo che arrivasse il fatidico zero.

Non avevamo orologio o cronometro per sapere quando sarebbe arrivato, perciò era ad effetto sorpresa.

BANG! Ci fu una forte esplosione e la fabbrica crollò su sé stessa. Incredibilmente non fece altri danni.

- Non mi avevi detto che avremmo distrutto la fabbrica. -

- Se facendo esplodere i missili in una camera preposta per contenere i danni, ha generato questo, pensa se fossero esplosi in altri punti della città. Ci sarebbero stati migliaia di morti. Ma ora scappiamo, presto arriverà la polizia e non voglio spiegarli l'accaduto. -

- E dove andiamo? - chiesi con sconsolazione.

- Andremo in una delle colonie: a Tyros. -

Di corsa ci dirigemmo verso il porto della città. Sicuramente il miglior modo di

lasciare l'agglomerato urbano era via mare.

Meno controlli e più possibilità di non essere osservati.

Nel frattempo, stava sopraggiungendo la notte e, con l'avvento dell'oscurità, a molti occhi saremmo stati invisibili.

Il rovescio della medaglia era che la zona del porto notoriamente veniva considerata malfamata, dove contrabbandieri e ladri comuni si davano appuntamento per fare i lori sporchi affari.

C' erano, inoltre, spacciatori e semplici vagabondi. Lo Stato era a conoscenza della situazione, ma non aveva interessi a cambiare le cose. A qualche centinaio di metri vi era il porto militare, dove nessuno di queste persone aveva accesso.

Vi era una sorta di patto di non belligeranza. Ogni affare losco si poteva compiere nella zona del porto, un vero e proprio ghetto della delinquenza. Un ulteriore complice era la polizia che, sotto precisi ordini, si guardava bene dall'intervenire.


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