Parte 30

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Appena superato l'ultimo albero, ci guardammo indietro per vedere quella

foresta, che tanto ci aveva spaventato. Davanti a noi una distesa di terra pianeggiante.

L'erba sotto di noi sembrava il classico prato inglese.

In lontananza si poteva scorgere una piccola montagna.

- Che dici, ci avviciniamo? – chiesi, sperando in una risposta positiva.

- Perché no? – con una smorfia di soddisfazione.

- Allora andiamo! – ordinai, più a me stesso. Ma, al primo passo, cademmo nel vuoto.

Perdemmo i sensi.

Quando, ci riprendemmo, ci trovavamo in una buca, che era stata accuratamente coperta con delle foglie.

- Come stai? – il primo pensiero fu per Sebastian, che cominciavo a riconoscere come un amico.

- Bene, non ti preoccupare. Piuttosto, dove siamo capitati? –

- Non vorrei essere troppo veloce nel giudizio, ma penso che siamo caduti in una trappola. –

- Questo vuol dire che non siamo soli, qualcuno l'avrà costruita! – lo disse con una tale gioia, che mi dispiacque riportarlo sulla terra.

- Mi dispiace toglierti il sorriso, ma non sappiamo le intenzioni di queste persone, inoltre se non usciamo da qui, moriremo di fame. -

- Giusto, ma non pensi che verranno a vedere se la trappola ha preso qualcosa? –

- È probabile, ma non voglio aspettarli con le mani in mano. –

Abbassò lo sguardo e non disse più nulla.

Osservai con molta attenzione le pareti delle buche, per evitare che potessero franare, erano stati rinforzate con dei piccoli argini.

La profondità della cavità artificiale era di circa due metri.

Ipotizzai, che non sarebbe stato difficile scappare. Questo mi diede la certezza che la trappola non fu costruita per essere umani, ma piuttosto per animali di piccole dimensioni.

- Ho sentito un rumore, come dei passi. – bisbigliò Sebastian. Subito dopo.

- Ehi voi, cosa ci fate lì dentro! –

Entrambi voltammo lo sguardo, e vedemmo un gruppo di cacciatori.

- Siamo caduti, aiutateci. –

- Quella trappola è fatta per animali, adesso vi tiriamo fuori. –

Ci buttarono una corda con cui arrampicarci. In un attimo eravamo salvi.

- Grazie! – dicemmo in coro io e Sebastian.

- Non mi ringraziate, io mi chiamo Alexander, sono il maestro della tribù della fratellanza. – venne interrotto.

- Maestro, non dovrebbe dirle niente di noi, non sa se appartengono alla tribù di Ares o magari alla tribù di Fobo. –

- Basta, sono sicuro che non appartengano a nessuna delle due tribù, sono appena arrivati. Ditemi cosa ricordate? –

- Ecco non ricordiamo niente neanche i nostri nomi. Mi sono svegliato e non sapevo più chi sono. Poi ho incontrato lui che è nella mia stessa situazione. – SIGH, venni interrotto dal pianto di Sebastian che in ginocchio chiedeva aiuto.

Alexander gli si avvicinò, con la mano le fece segno di alzarsi e pronunciò queste parole.

- Non ti preoccupare, ti aiuteremo noi.

Adesso torniamo alla nostra tribù, visto che la caccia è andata bene. –

Ci fecero strada e ci chiesero di non parlare, perché avrebbero potuto sentirci le altre tribù. Inoltre, ci avevano promesso che appena arrivati ci avrebbero spiegato tutto.

Durante il tempo che avevo passato da solo, ero stato fortunato a non aver incontrato persone di altre tribù.

Percorremmo tutta la pianura, fin sotto la montagna.

- Ora, la strada diventa pericolosa! Fate attenzione. –

Ci muovemmo su un piccolo sentiero con un burrone a fianco. Più salivamo, più avevo paura. Cercavo di nascondere la mia debolezza.

Arrivati in cima, vedemmo l'ingresso della tribù.

Davanti a noi un grande cancello, costruito in legno, rivestito da lastre di metallo.

In più a circondare tutto il villaggio, c'era una muraglia, costruita sempre in

legno, questa volta rivestita da filo spinato.

Alexander ordinò di aprire il cancello e in un attimo eravamo dentro.

Ci portarono al centro del villaggio, dove si trovava una piccola piazza.

- Questi sono due nuovi fratelli, fateli sentire a casa! –

Per risposta, la tribù gridò in coro.

- Fratellanza! Fratellanza! Fratellanza! –

Poco dopo, i fratelli, così li chiamerò d'ora in poi, si misero in fila indiana.

Uno per volta, ci strinsero la mano e ci diedero il benvenuto.

Girai la testa in più direzioni cercando di trovare il maestro, ma non lo vidi da nessuna parte.

Un uomo mi si avvicinò.

- Il mio nome è Kyros, vi farò da guida. Sapete, stasera in vostro onore, ci sarà una festa. –

Ci chiese cortesemente, di seguirlo e così facemmo.


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