Parte 50

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- La statua che ha attirato la tua attenzione raffigura il generale Alexis Massena.

Per la gente di questa città e, per tutta la nazione, è un eroe.

Guidando la ribellione, ha portato la democrazia e la libertà per tutti.

Dedicargli un monumento era il minimo che si potesse fare.

Tornato, invece, sui suoi successi militari, dopo quella vittoria ottenne una serie di successi contro gli invasori.

La fama del suo esercito arrivò in ogni angolo della regione.

Questo comportò che i Paesi confinati, chiesero protezioni dalle invasioni barbariche.

In cambio avrebbero pagato le tasse e seguito le nostre leggi, nacquero così le colonie.

De iure non fanno parte del nostro Paese, ma de facto sono annesse al nostro regno.

Ho risposto alla tua domanda, ora tu, rispondi alla mia.

Se è vero che vieni da una delle colonie, perché non conoscevi la storia del nostro Regno? –

Ora, che cosa potevo inventarmi per non raccontare la verità?

Dopo qualche attimo di ansia, mi si accese la fatidica lampadina: gli avrei raccontato una mezza verità.

- Di recente, a seguito di un incidente, ho perso la memoria e non ricordo quasi niente. – mi sembrava la cosa migliore, che potessi dirgli.

Mi squadrò per un po', ma decise di credere alla mia storia.

- C'è altro che vuoi sapere? – mi chiese, immaginando che non ricordando, avessi una mole di curiosità.

Avevo molte domande, ma non volevo fargli perdere altro tempo. Per questo, optai solo per una.

- Mi dici solo, come funziona il governo qui? – era una cosa mi attirava.

- Certo, noi siamo una monarchia parlamentare.

Abbiamo un re, Filippo III che, insieme al parlamento, eletto dai cittadini, governa il nostro amato regno.

Saputo questo, non volevo disturbare ancora, pertanto mi alzai.

- Grazie, ora ti lascio libero. –

Mi voltai e feci qualche passo, ma tornai subito indietro. Volevo ancora sapere una cosa.

- Che cosa vuoi sapere ancora? – chiese divertito.

- Non mi hai ancora detto come si chiama il nostro Paese. –

- Regno di Apollonia. –

Non aggiunse altro e io, questa volta veramente, me ne andai.

Passeggiavo senza una meta, guardando tutto quello che c'era intorno a me.

Non avevo un punto di arrivo, ma mi andava bene così.

Ad un certo punto, la mia passeggiata venne interrotta.

- Scusa, tu sei uno del Gabbio, ho indovinato? – mi domandò una ragazza, avvicinandosi a me.

Venni preso alla sprovvista, non sapevo cosa rispondere. E poi, come faceva a essere a conoscenza del mondo digitale.

Per l'ennesima volta immaginai che fosse meglio mentire.

- No, ti stai sbagliando. – risposi, non troppo convinto.

- Certo, come no. Questa mattina, ti ho visto uscire dal centro di reclusione. –

A questo punto era inutile mentire.

- D'accordo, sono uno dei prigionieri. Adesso, dimmi che cosa vuoi da me. –

- Sono una giornalista e sto indagando sul centro di reclusione. Ti va se ci sediamo ad un tavolo per parlare. –

Immaginai che non avessi nulla da perdere e inoltre, al momento non avevo di meglio da fare.

Notai un bar, poco vicino e lo proposi come sito.

- Guarda – indicando il bar.

- Mica vuoi parlarne in pubblico? –

- E allora, dove vuoi andare? – chiesi, non avendo idea e pensando che dovevo procurarmi un posto in cui passare la notte.

- Io abito qui vicini, se ti va ti offro un caffè e possiamo parlare del Gabbio senza problemi. –

- Per me, non ci sono problemi. –

- Ottimo, da questa parte. – facendo segno di seguirla.

Percorremmo qualche centinaio di metri poi svoltammo per una via più piccola.

Nel frattempo, notavo la bellezza della città.

Le stradine interne, più piccole e più antiche, rappresentavano il passato che faceva da contrasto con le vie centrali più grandi e nuove.

Questa contrapposizione di due realtà, così diverse, ma allo stesso tempo, così simili, smuovevano vari sentimenti.

Personalmente a livello di estetica, preferivo le vecchie strade, mentre, a livello

di comodità, le nuove strade offrivano molto di più.

Prima di tutto, avendo la carreggiata più ampia, il traffico era molto più

scorrevole, in secondo luogo, l'asfalto aveva una particolare rivestitura bianca che permetteva ai veicoli di galleggiare nell' aria.

A vederli, senza sapere niente, si aveva l'impressione che volassero.

Si formavano vari strati di veicoli che in maniera ordinata, sfrecciavano sulla strada.

Questo avanzamento tecnologico era dovuto dalla necessità di snellire il traffico.

Infatti, come dice un aforisma che purtroppo non ricordo di chi sia: la necessità, pareggia il genio.

È veramente così, le grandi scoperte sono avvenute o per lampi di geni, oppure, più comunemente per uno specifico bisogno.

Mentre io, ammiravo e riflettevo sulla città, la giornalista che avevo appena conosciuto, non disse nulla fino a che non fummo arrivati.

- Siamo arrivati, io abito in questo condominio. –

Si trattava di una abitazione modesta, senza tante pretese, la tipica abitazione adatta a chi è da poco nel mondo del lavoro.

Un inizio che si spera nel giro di qualche anno, con l'avanzamento lavorativo,

cambiare in meglio.

A darmi ragione c'era la giovane età della ragazza.

Si vedeva che era uscita da poco dall' università, ma dalle poche parole che avevamo scambiato, mi sembrava convinta e determinata.

Ottime doti per chi vuole fare strada nella vita.


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