Davanti al cancello del villaggio, trovammo lo stesso individuo che poco prima ci aveva cacciato.
Anche questa volta l'accoglienza non fu delle migliori.
- Ancora qui, allora non sono stato chiaro. - esordii, appena fummo nel suo campo visivo.
- Prima di cacciarci di nuovo, aspetta un attimo.
Vogliamo solo incontrare il tuo capo per offrirgli un accordo. -
- Un accordo? - ripetette lui.
- Sì, adesso possiamo incontrarlo? -
- Non ancora, aspettate qui e non fate scherzi. -
Aspettammo lì impalati, senza fare un passo, in questa, o quella direzione. Dopo qualche minuto, che, però, a me sembrava molto di più, si scorgeva qualcuno.
Davanti a noi, si presentò un uomo sulla quarantina, di corporatura molto grossa.
Sicuramente non trasmetteva simpatia.
Ci ordinò di seguirlo e, senza dire o fare qualcosa che potesse farlo innervosire, facemmo così.
Più ci addentrammo nel villaggio, più si poteva ammirare l'architettura scelta
per la sua realizzazione.
Infatti, se dall'esterno era spartano, al suo interno era molto
raffinato ed elegante. Come stile si avvicinava molto al gotico italiano. Ovviamente non c'era niente che si avvicinasse al Duomo di Milano, opera del tardo gotico, ma nei limiti di un piccolo centro urbano si ricercava quell' eleganza.
Ad un tratto, l'uomo che stavamo seguendo, si fermò.
- Siamo arrivati. -
Eravamo davanti ad una vera e propria villa con tanto di scalinata all'
ingresso.
- Salite! - ordinò il nostro accompagnatore.
Senza perdere altro tempo, percorremmo quella bellissima gradinata, fino ad
essere davanti al portone d' ingresso della residenza.
Tutti ci avevano aspettato sotto quella serie di scalini.
Il portone dell'abitazione era gigantesco e maestoso.
Rimanemmo lì fermi, qualche minuto, poi visto che non apriva nessuno, bussammo.
Una, due, tre volte. Dopo una voce si udii da dentro.
- Entrate, è aperto! -
Spingemmo il portone che effettivamente era aperto.
Un maggiordomo ci stava aspettando.
- Buongiorno, il mio Signore vi sta aspettando. - esordii l'uomo, molto ben
vestito.
- Grazie, ma dove si trova esattamente? - ribattei, guardandomi intorno e non vedendo nessun altro.
- Oltre quel corridoio, si trova la sala da pranzo. Il mio Signore vi aspetta a tavola. -
Io e Alexis ci guardammo un attimo, poi entrammo in quel corridoio poco illuminato.
Oltre ad essere avvolto nell'oscurità, era arredato con vecchie armature che ben si intonavano con tutto il resto del luogo.
Nel frattempo, immaginavamo su chi fosse il proprietario di tutto
l'ambaradan. Con ogni probabilità si trattava di qualcuno che non avevamo mai visto prima e, pertanto, era molto importante fargli una buona impressione e sembrare utili per il villaggio.
Entrati nella sala da pranzo, immediatamente il nostro sguardo si fissò sul posto da capotavola. Era vuoto.
Scrutammo la stanza, ma non trovammo nessuno.
Qualcosa non tornava, la tavola era apparecchiata e pronta per ricevere la cena. E poi, il maggiordomo all' ingresso ci aveva indirizzato lì, dicendoci che il suo Signore ci stava aspettando.
- Cosa ne pensi? - chiesi ad Alexis, per avere una versione diversa dalla mia.
- Ho domande, ma non ho risposte. -
Osservammo la stanza, un grande camino si trovava ad un lato di essa. Lo fissai per un po', aveva qualcosa di famigliare.
- Perché guardi quel camino con tanta attenzione? -
- Non so, mi ricorda qualcosa. -
Dopo, da dietro di noi, si sentii una voce.
- Allora, Prometeo hai capito? -
Mi voltai, era Albert. Ma cosa ci faceva lì?
Vederlo mi provocò un conflitto di emozioni. Da una parte ero molto felice
perché lo avevo considerato un amico, dall'altra ero dubbioso sulle sue
intenzioni. L'ultima volta che ci eravamo visti, mi avevano addormentato e
spedito qui.
- Allora, hai capito o no? -
No, non sapevo perché lui fosse qui.
- No, dovrai spiegarcelo tu. - risposi, rimettendo dentro il discorso anche Alexis.
- Bene, ma adesso non c'è tempo. Seguitemi! -
Entrambi eravamo scettici sul da farsi, ma le successive parole di Albert, ci fecero convincere.
- Forza, se volete vivere, dovete venire immediatamente con me! -
- D'accordo, dove andiamo? - chiesi.
- Non molto distante da qui. - disse, rivolgendo il suo sguardo verso il camino.
- Quello non è un semplice focolare. É il collegamento tra qui e la realtà. -
- Ma certo, questo ci trasporterà nella cabina che mi mostrassi qualche tempo fa! - esclamai, capendo che cosa mi ricordasse quel comignolo.
- Esatto, ma non perdiamo altro tempo. - Detto questo, entrò in quella ciminiera.
- Ascoltate, uno alla volta, entrate e chiudete gli occhi. Al resto penserà la macchina. -
Subito dopo, serrò le palpebre e svanì nel nulla.
Ora toccava a noi, Alexis che per tutto il tempo non aveva profanato parola, si offrì volontario.
Entrò nel camino, mi guardò un attimo, poi prese un bel respiro e chiuse gli occhi. Un secondo dopo, sparì nel nulla.
Rimasto solo, pensai che non potessi tirarmi indietro, adesso toccava a me. Anche io entrai nel focolare, presi pure io un bel respiro e serrai gli occhi.
In quell'istante, una sensazione mista fra vuoto e leggerezza, invasero il mio corpo.
Non avevo il coraggio di aprire i bulbi oculari fino a quando delle voci famigliari mi rassicurarono.
- Stai tranquillo, ora puoi spalancare gli occhi. - Ero di nuovo nella realtà.
Tutti e tre eravamo tornati sani e salvi dal Gabbio.
- Bene, seguitemi e non fate rumore! - ci intimò Albert.
Furtivi, come degli abili ladri, percorremmo tutti i corridoi che conducevano all'uscita.
Non ricordavo fossero così tanti, ma per fortuna non trovammo né ostacoli, né persone per la strada.
Ed eccoci arrivati alla porta d'ingresso, mancava poco, poi saremmo stati fuori da quei laboratori infernali.
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Il silenzio della libertà
Приключения"Il silenzio della libertà" è un romanzo avvincente che esplora i temi della libertà, del destino e della moralità attraverso la storia di Alexis, un giovane uomo che si trova a sfidare le avversità in un mondo ostile. Ambientato in un villaggio rem...