Parte 38

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L'arrivo nel villaggio fu motivo di sollievo, un po' per tutti.

Infatti, la protezione delle mura era un qualcosa che dava la sicurezza che solo una casa sa donare.

Tutti noi, all'interno delle mura domestiche, ci sentiamo sicuri.

È come una seconda mamma che ti protegge dal mondo.

Bisogna aggiungere, a onore del vero, che in alcuni casi diventa lo scenario di tragiche vicende.

In ogni caso, appena misi piede dentro la mia tenda, provai quella sensazione di protezione di cui parlavamo prima.

Stanco per i km percorsi a piedi, mi sdraiai sul letto e subito presi sonno.

Al mio risveglio un pensiero mi passava per la testa. Hermanos e Demo sono fratelli? Possibile? Ancora, perché Alexander non mi aveva detto niente?

Tante domande, ma nessuna risposta.

Era notte inoltrata, decisi di andare a trovare Demo.

Uscii e m'incamminai verso la sua tenda. Per tutto il tragitto, cercai le parole migliori per non sembrare inopportuno.

Davanti all'ingresso, vidi una piccola campanella.

Nessun'altra tenda ne aveva una. Pensai che fosse uno dei vantaggi di essere

il capo.

L'ha suonai due volte, aspettai che qualcuno mi rispondesse, ma niente.

Il silenzio assoluto, poi, mentre, stavo per suonare per la terza volta, si sentii

una voce dall'interno della tenda, dire "avanti".

Ricordo, che prima di entrare, feci un leggero sospiro.

Trovai Demo, seduto sul letto. Sembrava che non avesse chiuso occhio.

- Mi chiedevo quando saresti venuto. – mi accolse con queste parole.

- Allora saprai perché sono qui? –

- Penso di sì, vuoi sapere se io e Hermanos siamo fratelli, giusto? –

- Sì –

Fece un leggero sorriso.

- Ebbene sì, siamo fratelli. Almeno è quello che diceva il suo foglietto quando è arrivato. Sorpreso? –

- Un po' sì, ma ho anche un'altra domanda, perché Alexander non mi ha detto

niente? –

- Semplicemente perché non lo sapeva. Hermanos è arrivato dopo che

Alexander lasciò la mia tribù. Lo conosce di nome, al massimo l'avrà

incontrato qualche volte nel bosco. –

Iniziammo a sentire in lontananza delle urla e la conversazione s'interruppe lì. Ben presto le urla diventarono più forti e compressibili.

Un gruppo di soldati, che comprendeva la quasi totalità delle truppe, si era radunato davanti alla tenda.

Non conoscevamo il motivo di tale azione, ma ci volle poco per scoprirlo. Subito Demo uscì fuori ed io dietro di lui.

Ci trovammo di fronte il suo esercito e la parte rimanente della tribù, schierata davanti a noi.

Appena ci videro, smisero di intonare cori e si lasciarono andare in un lungo silenzio.

Anche dalla bocca di Demo non usciva niente.

Furono minuti di sguardi di sfida, nessuno voleva dire quello che gli passava per la testa.

Dal mio punto di vista era tutto piuttosto chiaro, immaginavo che quella marcia verso la tenda forse una sorte di golpe, una sfida lanciata alla guida di Demo.

Vi avevo raccontato che durante il tragitto di ritorno dalla pianura mi sembrò ricucito il rapporto fra i soldati e il loro comandante.

Possibile che in qualche ora lo scenario fosse cambiato tanto?

Mentre riflettevo su questi nuovi quesiti, un soldato si fece avanti e andò a faccia a faccia con Demo.

- Ci avrei scommesso che era opera tua, Damiano! –

- Allora saprai anche che cosa vogliamo? –

- Sì, ma voglio sentirtelo dire. –

- Vogliamo che tu lasci il comando. Inoltre, dovrai dimostrare obbedienza alle mie decisioni senza discutere. –

- Vuoi il comandando? Allora sfidami in un duello! –

- Non scherzare, guarda davanti a te, tutta la tribù non ti rispetta più. Mica puoi battere tutti i soldati da solo. –

- Compagni se volete veramente che lasci il comando lo farò, ma non aspettatevi che rimanga qui a prendere ordini da questo qui. – indicando il suo rivale.

A questo punto un altro soldato si avvicinò.

- Parlo in nome di tutti, sei stato un grande comandante. Adesso però è ora di cambiare, abbiamo già deciso. –

- D'accordo, se questa è la vostra volontà, me ne andrò. –

Si girò ed entrò di nuovo nella sua tenda. Raccolse le sue poche cose, soprattutto armi e qualche cosa da mangiare. Dopo di che, attraversò la tribù fino al cancello d'entrata in mezzo a due ali di folla che in silenzio guardava il proprio comandante varcare la soglia del villaggio.

Io, ero impietrito. Vedevo il grande Demo cadere dal suo piedistallo. In parte mi sentivo in colpa, in quanto era per me che aveva stretto l'accordo con i guardiani.

Appena superato l'ingresso, appena era fuori a tutti gli effetti dal villaggio.

- Aspetta un attimo! – gridò Damiano, lasciando pensare a un cambio d'idea. Demo si voltò con un sorriso, convinto che sarebbe stato reintegrato nella tribù.

Invece, arrivò subito la doccia gelata.

- Portati via anche lui! – indicandomi con il dito.

Rimasi impassibile, poi Demo mi fece segno di seguirlo.

Così entrambi eravamo stati cacciati dalla tribù.


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