Parte 47

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Una volta entrati nel laboratorio, molti scienziati lavoravano con computer e con attrezzature di vario genere.

Non fecero nemmeno caso alla nostra visita.

- Qui è dove vengono elaborati tutti i dati riguardanti il Gabbio. –

Mi guardai intorno, cercando di capire meglio come funzionasse il tutto. Purtroppo, non avevo le competenze tali, da comprendere bene ciò che guardassi. La maggior parte dei computer e delle lavagne erano costellate da numeri e formule.

Tornai al motivo per cui eravamo lì.

- Scusa tanto, ma cosa c'entra tutto questo con il mio bigliettino, diverso da quello di tutti gli altri? – chiesi, scocciato perché a mio modo di vedere voleva solo tardare a dirmi la verità.

- Quello che interessa a te è nell' altra stanza. –

Ancora una volta, mi fece segno di seguirlo.

Ci trovammo davanti ad un portone con su scritto "strettamente riservato".

Ovviamente la mia curiosità salì alle stelle.

- Ciò che stai per vedere, come puoi capire, deve rimanere dentro queste mura. –

Annui, capendo che da quel momento non si sarebbe più tornati indietro. Albert spalancò il portone, ciò che vidi mi lasciò senza fiato.

Davanti a me, c'erano i corpi degli abitanti del Gabbio.

Ogni corpo, si trovava in grosse teche di vetro, contenente un liquido di colore verdastro.

Notai anche che ogni testa era collegata, tramite un tubo nero, ad un

macchinario molto grande che si trovava all'inizio della stanza.

- Allora, prima impressione? – chiese, sapendo che ciò che mi aveva mostrato, mi aveva turbato molto.

- Sono ancora vivi? – chiesi, perché preoccupato.

- Certo, è difficile spiegare esattamente in che stato siano, comunque, per

avere un'idea, è come se fossero in coma. –

- Perché mi hai portato qui, che cosa ha che fare questo con me? Anche io

ero così? E ... - venni interrotto.

- Aspetta un attimo, una domanda alla volta. –

- Ti ho portato qui, perché volevo che vedessi come funzione il nostro progetto e perché tu sei un caso unico al mondo. –

- In che senso? – con voce preoccupata e un po' intimorita.

- Tu sei un esperimento perfettamente riuscito. –

- Spiegati meglio! –

- Come puoi vedere tutti gli abitanti, sono fisicamente qui, mentre attraverso il computer sono con la mente lì. –

- E quindi? – chiesi, senza capire dove volesse arrivare.

- Tu, invece, sei un caso unico al mondo, tu eri fisicamente nel Gabbio. –

- Vuoi dire che io non sono mai stato come loro? –

- No, seguimi ti faccio vedere ancora una cosa. –

Mi portò al fondo della stanza.

- Guarda, cosa te ne pare? –

Si riferiva ad una specie di cabina che era completamente vuota.

- Cosa ti devo dire, è vuota! –

- Giusto, ma devi sapere che questa macchina è capace di trasferire fisicamente un corpo. –

- Dunque, è così che sono stato trasferito in quel posto infernale? –

Albert annui, cominciavo a mettere i pezzi al loro posto.

Ci fu qualche momento di silenzio, probabilmente voleva che elaborassi tutto nella mia testa.

Mi venne in mente un altro quesito.

- Scusa, ma i guardiani? C'erano già prima di me. Come facevano ad andare e tornare senza problemi? E chi sono? -

- Andiamo con ordine, i guardiani non sono altro che gli scienziati che abbiamo incrociato prima. –

-E come andavo nel Gabbio? –

- Ci stavo arrivando, prima di te, usavano lo stesso identico modo degli altri. –

- Vuoi dire che alcuni di loro venivano chiusi anche loro in quelle teche? –

chiesi, sconcertato.

- Assolutamente sì, infatti se ti ricordi, Alexander disse che era strano che i guardiani si facessero vedere. Questo perché, come hai visto, non è facile andare al Gabbio. –

- Un' altra cosa, come mai sono stato scelto io per fare da cavia? –

- Sicuro che vuoi saperlo? – chiese, guardando in basso, non volendo incrociare i miei occhi. Doveva essere qualcosa di davvero brutto.

- Certo, che voglio saperlo! –

- Eri stato condannato a morte e ci siamo offerti di risparmiarti la vita se in cambio avresti fatto da cavia. Non sapevamo sei saresti sopravvissuto all' esperimento. Ma sei qui, sei vivo! –

- Perché ero stato condannato a morte? –

- Come? – fece orecchie da mercante.

- Perché ero stato condannato a morte? – urlai, molto arrabbiato.

– Ti ricordi, quando nel Gabbio, non volevi imparare a combattere, perché pensavi di saperlo fare anche se non avevi mai imparato? –

- Sì, e allora? –

- Non era una sensazione campata per aria, sei stato addestrato e hai fatto

una lunga carriera nell' esercito. –

- Come sono finito dall'avere una lunga carriera nell' esercito alla pena di morte? –

- Sei stato condannato per alto tradimento. –

- Cosa avevo fatto di preciso? –

- Questo non lo so, perché tutti i documenti che ti riguardano, dal tuo

ingresso nell' esercito, fino alla tua condanna, sono segreto di Stato.

Qualsiasi cosa hai combinato, devi averla fatta davvero grossa. –

Mi sembrò mancare la terra sotto i piedi, non sapevo più chi fossi.


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