Capitolo 6

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" Nascondi ciò che sono | e aiutami a trovare la maschera più adatta | alle mie intenzioni."

WILLIAM SHAKESPEARE  

MICAH

Quando aprii gli occhi erano le sette del mattino. Avevo dormito meno di tre ore, ma stavo cominciando a prendere il ritmo. Nel mio sistema circolavano droghe diverse, eppure mi sentivo calmo, perfettamente in me e appagato. Mi chiesi se valeva davvero la pena rovinare una così meravigliosa giornata andando a scuola, ma poi ricordai il motivo principale di quella insensata serenità che mi pervadeva da ormai una settimana : Liv. E lei era a scuola, ragion per cui mi toccava andare. Avrei fatto un salto da Ezra prima, giusto per accertarmi a che punto fosse con suo padre. C'era una sorta di gara su chi l'avrebbe combinata più grossa in corso e probabilmente avrebbe vinto ... aveva l'entusiasmo dei giovani che si approcciano per la prima volta a qualcosa di assolutamente sensazionale, come dei tentati omicidi, appunto. Mi vestii lentamente e in modo elegante quel giorno, prestando particolare attenzione ai colori e agli abbinamenti, eppure ci misi poco e quindi mi ritrovai di nuovo inerte, sul letto. Che noia. Decisi di mettermi al pc, dopotutto era una vita che non facevo un salto in rete, avevo completamente abbandonato i miei vecchi amici di New York ... beh, chi l'avrebbe detto che la mia vita a Woodland sarebbe stata così ricca di avvenimenti.
Trovai un invito al nuovo sito scolastico, aveva una grafica niente male e mi sembrò un'idea figa, così cliccai sull'icona e decisi di iscrivermi.
- Nickname ... volete un nickname ... mm ... - l'illuminazione arrivò dopo qualche secondo, sorrisi e iniziai a battere sulla tastiera. - TheReaper. - Il Mietitore. Non male, pensai, soddisfatto. Scrissi un messaggio come stato personale, una di quelle frasi che ti rimane in testa, per molto tempo. Diceva " Un bel morir, tutta la vita onora." Scrissi frettolosamente il cognome dell'autore e spensi tutto. Era arrivato il momento di scendere a colazione.
Ezra mi stava raccontando le sue ultime vicessitudini tramite sms, sembrava su di giri per l'effetto spaventoso della ketamina sul padre, effetto molto più resistente e duraturo di quanto entrambi avevamo immaginato. Vidi mia madre servire la colazione, sembrava sorridente e tranquilla. - Vuoi i pancakes, tesoro? -
- mm ... - non sollevai neanche lo sguardo.
- Mamma, Micah usa il cellulare a tavola. - sentii quel moccioso lamentarsi con mia madre.
- Micah, per favore ... sai che mentre si mangia non vogliamo interruzioni. -
- Non vi interrompo mica infatti. Liberi di parlare delle vostre stronzate. - inviai una faccina sadica ad Ezra e gli augurai una buona colazione, dicendogli che ci saremmo visti tra dieci minuti.
Alzai gli occhi sulla tavola e la trovai imbandita di ogni tipo di pietanza possibile ed immaginabile ... mia madre voleva tenerci buoni prendendoci per la gola ... forse avrebbe dovuto farlo letteralmente però. La mia pancia brontolò rumorosamente ... effetto delle droghe. Mi ritrovai con una fame assurda.
- Micah! Dobbiamo aspettare Jack ... - mi rimproverò mia madre quando mi vide aggredire un piatto pieno di bacon, uova e fagiolini. La guardai come se avesse detto la cazzata più grossa del secolo, ed effettivamente era così. Quello scese due minuti più tardi, tutto impomatato nella sua giacca nuova e con un orribile occhio nero.
Lo guardammo, confusi.
- Oddio, caro ... che cosa hai fatto all'occhio? Quand'è successo? -
Tornai a mangiare, riflettendo sul fatto che forse avrei potuto dire ad Ezra di averlo conciato io in quel modo, giusto per non dargliela vinta troppo facilmente. Eppure non mi sentivo di dover barare, insomma ... Jack sarebbe comunque finito male prima o poi.
- Lascia perdere, cara. Facciamo colazione adesso. -
- Cosa? No che non lascio perdere! Cos'è successo? -
- Ho avuto un incidente a lavoro ... -
- No! E' assurdo ... ieri notte non avevi nessun occhio viola ... vuoi dirmi la verità, Jack? -
Ezra mi aveva appena inviato una foto scattata di nascosto al padre, mentre puntava il dito contro qualcosa che soltanto lui riusciva a vedere e l'espressione più stupida che avessi mai visto sul volto di qualsiasi essere umano. Per poco non sputai la spremuta sul tavolo.
- E tu? Cos'hai da ridere? - mia madre era furiosa, più con Jack che non voleva dirle la verità che con me, ma mi incenerì con lo sguardo.
Fissai Jack, seduto davanti a me, le mani sul tavolo, vicino alla confezione di cereali, la faccia di uno che stava meditando, o forse escogitando? Sollevò lo sguardo su di me, vidi il suo occhio violaceo e dai capillari scoppiati perforarmi il cervello, e in quel momento capii ogni cosa.
- E' stato tuo figlio, Nicole. E' stato tuo figlio a ridurmi in questo modo. Sei contenta adesso? Questa è la realtà dei fatti. Ti piace? Cos'altro vuoi che succeda prima che ti decida a spedire questo demonio da un dannato psicologo? -
Mia madre mi fissò, eravamo entrambi a bocca aperta. L'aveva fatto ... l'aveva fatto sul serio.
- Micah ... - lei era in lacrime e sapevo che aveva ceduto del tutto. La conoscevo. Da lì in poi il comando sarebbe passato a Jack, lui avrebbe deciso il da farsi, come procedere con me.
- E non provare a discolparti! - Jack mi puntò un dito contro, la sua faccia era rossa di rabbia mentre mi accusava per la prima volta di qualcosa che non avevo fatto e sentivo, dentro di me, nel profondo del mio petto, la rabbia bruciante per quell'ingiustizia subita.
- C-cos'è successo? - sussurrò mia madre con le mani sul volto.
- Tuo figlio mi ha aggredito questa mattina! Mi ha preso alle spalle, stava per strangolarmi! Ho provato a calmarlo in ogni modo, mi sono beccato perfino un pugno sull'occhio pur di non colpirlo a mia volta. Sono le droghe, quelle dannate droghe che prende, lo rendono irascibile e violento ... c'è nostro figlio in casa con lui! Cosa succederebbe se un giorno di questi decidesse di scontarsela con Carl? -
Mia madre tremò. - Non lo farà ... -
Fissavo quello spettacolo come se fossi completamente estraneo a quella famiglia, come se quel Micah di cui stavano parlando non era nient'altro che un lontano conoscente, qualcuno di cui non mi importava poi molto.
- Ma ha oltrepassato ogni limite adesso ... esigo che vada da uno psicologo. -
- C-ci andrà, ci andrà ... -
E così avevano deciso. Lasciai la posata sul tovagliolo e li guardai, calmo.
Jack aveva un sorrisino compiaciuto sul volto, una dannata espressione che mi fece rivoltare lo stomaco. Sollevò lo sguardo su di me, e probabilmente vide qualcosa che non gli piacque. - Voglio che sia tuo figlio a dirlo, Nicole. Forza, Micah, dimmi un po' dov'è che andrai dalla settimana prossima. -
C'era ancora quella sua bella mano da odontotecnico sul tavolo, aperta, con quei nervetti lunghi e ben in vista. E le sue unghie dritte, curate al massimo. E c'era un coltello d'argento a qualche centimetro dal mio indice ... un grosso coltello d'argento che sembrava sussurrarmi parole tentatrici. "Prendimi, Micah, prendimi."
Risi, un semplice cenno che però stranì tutti i presenti. Fu un lampo, un gesto così veloce che nessuno avrebbe potuto prevedere o provare a fermare. Afferrai il coltello e lo calai con tutta la mia forza sulla mano di Jack, ancora lì, aperta, come se fosse in attesa di quella fine. Vidi i suoi occhi sgranati, le sue labbra tendersi al massimo, in una fantastica smorfia di orrore mentre balzava su e urlava, urlava di puro dolore. - Andrò dallo psicologo, Jack . Ci andrò, sei contento? -
Intorno a me c'era il caos più completo. Il moccioso piangeva e frignava, mia madre stava per svenire dallo shock e il dannato sangue di Jack era ovunque, perfino sulla mia camicia.
- BASTARDO! PRENDILO, NICOLE. PRENDILO! - l'ultima cosa che vidi fu la faccia bianca come un cencio di Jack, mentre mi fissava con i suoi occhi brucianti d'odio.
Quando uscii mi ritrovai Ezra sul gradino di casa.A qualche metro da lui c'era Ariette, ancora più lontano la madre dei due ragazzi che ci fissava, dall'uscio della porta.
- Micah, abbiamo sentito urlare ... - Ariette mi fissò interdetta. I suoi occhi caddero sulla grossa macchia di sangue sulla camicia, così come quelli di Ezra.
- Incidenti domestici, mai sentito parlare? - oltrepassai il vialetto di casa, seguito dai due ragazzi. Incontrai lo sguardo di Ezra e seppi che aveva capito. - Sembrerà strano ma la casa, il nido nel quale ci ripariamo dal mondo esterno in sicurezza, è, in realtà, il secondo luogo in cui avviene la maggior parte degli incidenti mortali. Dopo gli incidenti stradali ovviamente. -
- Ti prendo una maglietta pulita. -
Annuii. - Grazie amico. -

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora