Capitolo 31

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"Siamo veramente spietati solo verso le persone che sappiamo di non poter mai perdere." Arthur Schnitzler


MICAH

Era buio nella stanza quando mi svegliai, però stavo bene, ero riuscito a dormire a giudicare dal mio stato fisico e mentale. Ed era una sorpresa quella. Avevo dormito poco e di un sonno agitato da quando ero tornato a casa.
Mi alzai svogliatamente, stavo per tirare le tende ma qualcosa mi bloccò, lasciandomi pietrificato. C'era qualcosa di insolito, mi voltai verso l'enorme specchio a muro e il mio viso pallido mi guardò di rimando.
Camminai verso il riflesso, ben attento a cogliere qualsiasi fenomeno insolito, ma tutto sembrava terribilmente nella norma adesso, eppure ... avrei giurato ...
- Stai impazzendo, vecchio. - mi dissi, incoraggiante. La mia voce suonò strana, tesa come non lo era mai stata.
Ma poi il mio riflesso mi attrasse ancora una volta, avevo dello sporco sul labbro inferiore, come un rivolo di sangue scuro o almeno era quello che mi sembrava da quella distanza. Mi avvicinai, mentre portavo la mia mano verso la bocca e non vi trovavo assolutamente nulla.
Stavo sbattendo le palpebre adesso in un gesto di pura confusione, ma il mio riflesso non sembrava seguirmi, notai, con un terrore che non riuscivo a spiegare. Non potevo urlare, non potevo muovermi, era come se una forza invisibile ma enorme mi tenesse lì, fermo davanti al mio riflesso che prendeva vita propria sotto i miei stessi occhi increduli.
Il Micah nello specchio era pallido, con due cerchi violacei intorno agli occhi ed un rivolo di sangue putrido che scivolava giù dalle labbra, adesso riuscivo a vedere le mille differenze che ci contraddistinguevano, eppure sorrideva, di un sorriso diabolico, surreale perfino per me stesso.
- Sorpresa, sorpresa ... - spalancò le braccia rivelando due solchi neri che seguivano la conformazione delle vene, giù dagli avambracci fino a quelle dei polsi.
- Chi ti ha fatto questo? - chiesi, boccheggiante.
Quello rise, mostrando una dentatura bianca, eccetto per le gengive inferiori sporche di sangue. - Ma siamo stati noi ovviamente. Chi altri avrebbe potuto? -
Provai ad allontanarmi, ogni passo comportava una fatica assurda, ma dovevo muovermi, dovevo scappare da lì.
Il Micah nello specchio non sembrò prenderla bene però, perché i suoi occhi si strinsero quando incontrarono i miei. Potevo percepire il suo furore, era la stessa rabbia che avevo visto sul mio volto almeno un miliardo di volte. - Dove andresti, scusa? Ti sembra giusto prendere decisioni senza consultarci? - i suoi occhi grondavano sangue adesso, ma era nero e putrido.
Il suo viso si avvicinò ulteriormente allo specchio, le sue mani battevano contro lo superficie adesso, prima piano, poi sempre più forte. - Lasciaci uscire, Micah. Su, da bravo. Afferra la nostra mano -
Poi avvenne tutto troppo velocemente, l'altro Micah si era proteso verso di me in uno scatto felino. Le sue dita erano ad un centimetro dalla mia gola e si muovevano, desiderose di afferrarmi, quando alla fine si ritrasse, contorcendosi a terra per gli spasmi di dolore. Tossii forte, poi sputò una quantità spaventosa di sangue misto a qualcosa che non sarei riuscito a definire ...
- Micah, torneremo. - gracchiò, con un sorriso sul volto pesto. - Puoi scommetterci, andiamo solo in vacanza, torniamo che sì ... - era una cantilena spaventosa che mi fece accapponare la pelle più di qualsiasi altra cosa avessi visto o sentito fino ad allora. Perché quella era una fottuta promessa.
- Non ce ne andiamo senza di te. -

Mi svegliai, balzando su come una molla e poi fu l'inferno. Non riuscivo a respirare, mi ritrovai ad annaspare, adesso appoggiato contro il muro, mentre i miei piedi nudi si macchiavano di sangue. Mi portai una mano al naso e capii che si trattava di un'emorragia, così provai a calmarmi.
Respira, Micah, il sangue ti aveva bloccato le vie respiratorie per un momento, mi dissi, ma adesso va tutto bene. Basta sollevare il viso verso l'altro e tutto andrà bene.
Andai in bagno e per un attimo mi ritrovai il cuore in gola. Vedere il mio riflesso dopo l'incubo di prima non sarebbe stato poi tanto piacevole, almeno per qualche giorno ancora. Inoltre ero ridotto veramente male.
Lasciai scorrere l'acqua gelida lungo il mio viso per quello che mi sembrò un lasso di tempo quasi interminabile. Di solito non soffrivo di quel genere di problemi e se mi capitava era dovuto soprattutto al caldo. Ma eravamo in gennaio.
Tutto sommato mi ero ripulito, avevo cambiato t-shirt ma il solo pensiero di mettere piede in quel letto mi disturbava. Quel poco di stanchezza che avevo provato prima di andare a dormire era svanita, nient'altro che un lontano ricordo, così non mi restò che dedicarmi al mio hobby preferito, nonché infallibile metodo anti-insonnia.
Presi le sigarette e la mia felpa di fiducia, poi mi diressi fuori, facendo attenzione a non svegliare nessuno.
Ma non avevo voglia di camminare per la città nel cuore della notte, me ne resi conto quando ero già in strada, non poi così lontano dal vialetto dei Meyer.
La finestra di Ezra era proprio lì, una tentazione alle quale non avrei saputo o potuto resistere, soprattutto quando lui, da parte sua, faceva di tutto per evitarmi.
Così mi munii di sassi e di un po' di ghiaia e mi piazzai proprio lì sotto, pronto a svegliare la dolce Giulietta.
Dio, ero proprio un mix esplosivo di clichè per fare davvero una cosa del genere, ma dopotutto ognuno aveva il proprio modo di operare.
Ce ne volle soltanto uno per destarlo, a quanto pare Ezra aveva il sonno leggero, oppure le sue continue paranoie non gli permettevano di prendere sonno, in effetti la seconda ipotesi era molto più probabile della mia.
Sentii un rumore, poi il suo viso pallido e confuso, ma completamente sveglio comparve oltre il balconcino. Mi mise a fuoco e la sua faccia era tutta un programma.
- Micah ... -
- Sei ancora in tempo per far finta di non avermi visto e tornartene a letto con le tue paranoie. - lo avvisai, con un sorriso sulle labbra. Mi sentivo già un po' più leggero.
- Continua con questo comportamento e potrei farlo davvero ... -
Stava scendendo, infatti un attimo dopo era lì, di fronte a me, confuso e infreddolito.
- Che succede? Non riesci a dormire? - se ne stava sulle sue, lontano da quello che doveva considerare il pericolo numero uno di Woodland, forse perfino di tutta l'America. In altre circostanze avrei fatto il bastardo, l'avrei provocato provando ad avvicinarmi, ma quella notte non ne avevo voglia.
- L'altro me prova ad uccidermi, amico. Credo voglia avvelenarmi. -
Ezra era turbato.
- Ho avuto un incubo del cazzo, ma è una roba ricorrente ormai. Continuo a sognarlo. - provai a spiegargli, però non sapevo davvero dove volevo andare a parare. Un sogno perde senso quando si prova a raccontarlo a voce alta ed io ero consapevole di poter sembrare un perfetto idiota in quel momento.
- Che sogno? -
- Inizia sempre in modo differente, a volte mi ritrovo in una sorta di manicomio abbandonato, a volte su una scena del crimine, oggi ero nella mia stanza e Dio, non era mai sembrato tanto reale. Alla fine mi ritrovo a conversare con me stesso, attraverso lo specchio, ma non sono realmente io. Lui si muove in modo diverso, non è un fottuto riflesso, insomma, è un entità con una volontà propria e credo sia una volontà parecchio cattiva. - ok, dovevo esser sembrato stupido come credevo.
- Ti fa del male? -
- No, dottor Freud, ma ci prova. Vorrebbe venire fuori, mi chiede ripetutamente di liberarlo. Allora? Diagnosi? -
Ezra scosse la testa e sospirò. - Credo sia la tua coscienza, Micah ... -
Rimasi un attimo imbambolato. - Io non ho una coscienza, Ezra. -
- Ce l'abbiamo tutti. - ribatté quello, frustrato. Si stava anche avvicinando adesso, forse dimentico delle insidie che potevo nascondere. - Forse ti senti in colpa per qualcosa ... ne hai fatte di robe pessime nella tua vita, in effetti ... -
- Grazie per l'appoggio, tu sì che mi tiri su ... - commentai, acido. - Però, Ezra, seriamente, non credo sia la mia coscienza ... piuttosto i miei pensieri, le mie intenzioni, ok? Ecco, la parola esatta è intenzioni. - dissi con convinzione. Ok, c'ero quasi, era la lettura giusta quella, lo sapevo.
- Le tue intenzioni devono essere piuttosto cattive allora ... - sussurrò lui, mi stava fissando con il suo solito sguardo magnetico.
Dio, sarebbe stato meglio per tutti se ci avesse dato un taglio con quelle provocazioni.
- Non hai idea. -
E sapevo di averlo incatenato al mio sguardo almeno quanto lui aveva intrappolato me.
- Sali, puoi dormire con me. - mi concesse con quel suo tono superbo che ultimamente riusciva poco.
Risi, sotto i baffi mentre lo seguivo tra i corridoi bui e silenziosi di casa Meyer, ben attento a non mettere un piede in fallo. Ma poi incontrai due grandi occhi azzurri, mi fissavano da un piccolo spiraglio creato tra la porta e il muro.
Era Ariette e a giudicare dall'espressione cominciava a non gradire affatto quella strana storia. Fece per dire qualcosa, ma io mi portai l'indice alle labbra, in un gesto eloquente. Poi risi piano, mentre procedevo dietro un ignaro Ezra.
La sfidai con lo sguardo. E lei aveva già capito ogni cosa.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora