Capitolo 52

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  "L'animo preferisce la vittoria alla pace." Tito Livio


MICAH

Quella mattina, quando Ezra, Dimitrij ed io arrivammo a scuola, l'atmosfera era insolitamente pesante, la notizia della morte di Caroline Collins doveva ormai essere di dominio pubblico. Chi non aveva appreso la notizia la notte prima, doveva esserne venuto a conoscenza una volta arrivato a scuola. Il suo armadietto era diventato oggetto di culto con una mezza dozzina di bouquet e innumerevoli peluche e foto a decorarlo.
Zieg era lì, in piedi, nel bel mezzo di quella folla. Quella mattina, quando ci eravamo svegliati, lui era già uscito di casa, non ci aveva aspettato come era solito fare.

Quando il mio sguardo incontrò il suo, lui lo rifuggì subito, ma non abbastanza per non accorgermi di quanto i suoi occhi fossero pesti, e non soltanto per via del pugno di Zilke mi venne da pensare.
Dimitrij si irrigidì, poi gli parlai a bassa voce. - Vado io da lui ... -
- Micah, è del tutto inutile, devi fargli sbollire la rabbia. -
- Ah, sì? Credi che lo farà mai? - ribattei, divertito. Ezra ci fissava con sguardo cupo, ma non aprì bocca. - Farò soltanto un tentativo, non voglio che le cose vadano in questo modo. -
- Non sei tu il problema, Micah. - continuò lui, poi lo vidi lanciare un'occhiata al mio amico.
- Dim ha ragione. – asserì Ezra improvvisamente - Ce l'ha con me e fino a quando voi uscirete con il sottoscritto, lui vorrà starvi lontano. -
- Bene, vediamo se ha le palle di dirmelo allora. -
Mi immisi nella folla, alla ricerca di Zieg che adesso sembrava essersi volatilizzato, per mia fortuna avevamo lezione insieme alla prima ora, così entrai in aula e lo cercai con lo sguardo. Era seduto al primo banco, probabilmente aveva scelto quel posto per evitarmi, sapeva che non ero il cosiddetto studente modello a caccia di primi posti, ma non me ne importò un accidenti. Occupai la sedia accanto alla sua, gettando il suo zaino a terra con poca grazia e guadagnandomi un'occhiata raggelante.
- Che cosa ci fai qui? -
- Frequento anch'io la tua stessa scuola, se non te ne sei ancora accorto. - ribattei, acido.
Zieg fissò fuori, ostinato. - E' inutile comportarsi così, so qual è il tuo problema, ma questa situazione non mi sta bene. -
- Quale situazione? - chiese lui, facendo il finto tonto.
- Smettila. Sai cosa intendo, perché diavolo devi isolarti? Ok, non ti sta bene Ezra, non ti chiedo di far finta di nulla, ma non c'è soltanto lui nel nostro gruppo. Se non ti importa nulla di me va bene, ma c'è anche Dim con noi. -
Zieg scosse la testa. - Ah, sì? E dovrei preoccuparmi di voi? Dovrebbe importarmene, per caso? Siete come lui, anzi perfino peggiori! L'avete appoggiato, gli avete permesso di ucciderla. - la sua voce si abbassò in un sussurro concitato, lo vidi guardarsi intorno, agitato.
- Non l'abbiamo appoggiato, semplicemente è la sua vita, cazzo. Non ci saremmo giudicati l'uno con l'altro, è quello che abbiamo detto sin dall'inizio di questa amicizia, ricordi o no? Ed è quello che intendiamo fare. -
- Voi, ma non io! Micah, lui è un assassino ... come puoi non giudicare un assassino? - i suoi occhi azzurri erano sgranati. - E adesso, ti prego, prendi il tuo zaino e vai da un'altra parte, non ho più nulla da dirti. -
- Zieg ... - non poteva finire così, non potevamo perdere il nostro raggio di sole o forse, invece, era già successo. - Ripensaci, ti prego. -
Il mio amico si alzò dal suo posto, lo vidi afferrare lo zaino e abbassarsi un attimo, giusto per sussurrarmi qualcosa all'orecchio. - Ho sempre creduto che fossi tu quello fuori di testa, sai? Le droghe, i piani del cazzo, la tua attrazione per tutto ciò che rappresenta un pericolo ... ma adesso ho capito. Hai sempre lasciato andare la tua rabbia, un poco alla volta, non hai mai trattenuto il dolore che provavi, sei come un vulcano perennemente attivo. Fai paura, fai del male, ma non esploderai mai. Non raderai al suolo nessuna fottuta città da solo ... ma lui ... lui è un vulcano dormiente. E la tua presenza qui a Woodland l'ha destato. - gli occhi di Zieg brillarono di paura. - Dovrai prenderti le tue responsabilità, Micah. Quel momento è arrivato. -
Poi si alzò, lo vidi andar via, verso gli ultimi banchi dove si sedette di nuovo, con la testa tra le mani.
Il mio arrivo in città aveva distrutto l'equilibrio di Woodland, lo sapevo adesso così come l'avevo saputo allora, ma non me ne facevo una colpa, io avevo soltanto rivelato la melma persistente sotto lo strato esterno di quella società e non mi sarei fermato, né nascosto dietro un dito. Io mi ero già fatto carico di quelle responsabilità, ma Zieg non l'aveva ancora capito.
Un attimo dopo un uomo alto, sulla trentina, entrò in aula, facendoci voltare tutti. Non era un professore, o almeno non mi parve di averlo mai incrociato per i corridoi.
- Buongiorno ragazzi, il comune di Woodland ha messo a disposizione della scuola un team di psicologi, sappiamo quanto sia complicato per voi questo momento ... i miei colleghi sono qui per aiutarvi. - spiegò quello con un tono basso e pacato. - Vi chiameremo seguendo l'ordine alfabetico, vi prego di mantenervi nei dintorni in attesa del vostro turno. -
Sentii qualcuno dei ragazzi borbottare, altri sospirarono. Sostanzialmente nessuno credeva che un ammasso di idioti avrebbe potuto dare sollievo a nessuno di noi, anche perché, sapevo che sotto sotto a nessuno importava davvero di Caroline, certo, era giusto mantenere una facciata triste, ma oltre quella c'era ben poco. Le poche amiche di Caroline erano assenti, probabilmente troppo distrutte emotivamente per poter andare a scuola. Incontrai lo sguardo di Zieg che mi evitò. Avrei dovuto iniziare ad abituarmi.
Poi il tipo che si presentò come un certo "Derek Qualcosa" venne raggiunto da una faccia tutt'altro che amichevole, il professor Pierce lo affiancò e bastò la sua presenza per mettere in allerta tutti i miei compagni che si fecero improvvisamente attenti. Quanto meno avevamo evitato due ore di letteratura inglese quel giorno, questo dovevo concederlo ad Ezra.
- Larssen ... - pronunciò il mio nome con il suo solito tono gelido, poi mi fissò. - lo Sceriffo Weston richiede la tua presenza. - lo disse davanti a tutti, ovviamente mi ritrovai venti paia d'occhi addosso. - Vi offrirei il mio ufficio se quei vandali non l'avessero completamente distrutto. - ancora una volta i suoi occhi mi trafissero. Sapeva che ero stato io, ma me lo aspettavo. Era stata una mossa alquanto plateale la mia, non potevo negarlo.
Così mi alzai da lì, seguito dalle occhiate impaurite e perplesse dei miei compagni. Per l'opinione pubblica ero già considerato un assassino, pensai, sorridendo appena.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora