Capitolo 8

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"Il mio cuore è un cacciatore solitario che caccia su una collina solitaria. "

WILLIAM SHARP

MICAH

Quel lunedì mattina mi svegliai pieno di cattive intenzioni. Mi affacciai alla finestra e lasciai che la brezza autunnale entrasse per qualche minuto nella mia stanza, mentre mettevo su un jeans e la felpa nera indossata due notti fa. Era una giornata faticosa quella, lo sapevo bene, mi aspettava uno psicologo nel pomeriggio e Jack e le sue Jackate a colazione. Quando scesi in cucina mi trovai davanti il solito felice quadretto.
- Buongiorno, famiglia americana. -
- Psicologo. - mugugnò Jack che cercava faticosamente di infilarsi in bocca il cucchiaio colmo di cereali con la mano manca. La destra era ancora ben fasciata sotto uno strato di garze bianche, quella visione mi mandava in brodo di giuggiole, inutile dirlo.
- Non si dica che Micah non sia sempre pronto ad un'innocua chiacchierata con uno psicologo. - commentai, sorridente. Mia madre e Jack stavano sudando freddo di fronte alla mia assai sospettosa mancanza di proteste.
- La vedrai nel pomeriggio, subito dopo scuola. La dottoressa Sullivan è la migliore psicologa della città. - mia madre mi passò un piatto con uova e bacon, e si sforzò a sorridere.
- Ho il recupero con Pierce dopo le lezioni ...
- Ho parlato col preside e abbiamo deciso di comune accordo che prenderai lezioni private, cerchi di scampartela, per caso? Non ci riuscirai. Ti porterò da quella donna, dovesse cadere il mondo. -
Dovesse caderti l'altra mano, stavo per aggiungere, ma mi fermai. - Bene, e come intendi guidare, uomo quasi monco? -
Vidi la mano buona dello stronzo stringere spasmodicamente il tavolo, forse mi sarebbe arrivato un piatto in faccia quella mattina.
- Micah, adesso basta. Andrai da solo e ti avverto, se non dovessi presentarti la dottoressa ha l'obbligo di comunicarcelo, quindi non fare scherzi. - mia madre accarezzò lentamente le spalle di Jack, come per calmarlo, lui aveva la faccia di uno che era stato costretto a mangiare merda e pancakes quel giorno.
Sbuffai. - Ma sì che ci vado! Tutti a dubitare del povero Micah. Bene, famigliola, adesso vi lascio. Buone cose! -
- Questo è l'indirizzo. - seguii le indicazioni di mia madre come il più ubbidiente dei marmocchi, poi presi l'auto e mi tolsi dalle scatole.
Quella notte avevo avuto un'illuminazione e le mie illuminazioni non portavano mai a nulla di buono, almeno non per gli altri, immaginavo. Avevo un piano e se mai mi fosse venuto in mente di dargli un nome allora si sarebbe chiamato " Come eliminare quell'enorme pezzo di merda di Jack in tre semplici mosse." Era un po' lungo come nome, ma azzeccassimo.
Quando arrivai a scuola iniziai a guardarmi intorno in cerca di Liv. Dio, quella labbra ... non le avrei dimenticate così facilmente. Avevo avuto un bacio e un bagno notturno, ma adesso volevo molto di più. Non si smette mai di desiderare in questa vita, pensai, mentre intercettavo Blake e, con enorme delusione, la trovavo da sola.
- New York! Allora? Ti sei già beccato un pugno in faccia da James? -
Le dedicai la mia migliore espressione da ragazzino confuso. - Eh? Cosa? Perché mai? -
Blake mi prese sottobraccio. - Per aver monopolizzato la sua ragazza ovviamente! -
- Andiamo! Mi stavo annoiando di brutto ... volevo soltanto fare due passi e quel tipo non si vedeva in giro ... ci saremmo tagliati le vene da lì a poco. -
- Se volevi soltanto divertirti avresti dovuto chiamare me ... - il suo sorriso malizioso con conseguente sguardo ammaliatore la diceva lunga su che tipo di divertimento aveva in mente.
Sorrisi in modo affascinante. - Me ne ricorderò la prossima volta, promesso. A proposito, dov'è Liv? -
- Ha preso l'influenza. Probabilmente è colpa tua, sai? Bagno in mare nel bel mezzo della notte in questa stagione? Non è la migliore delle idee, lasciatelo dire. -
E così l'avevo fatta ammalare ... dannazione. Mi chiesi quando si sarebbe rimessa, ma soprattutto se ce l'avesse avuta con me in quel momento. Ad ogni modo avevo ottenuto l'informazione che mi serviva, quindi inventai una scusa per sparire dalla circolazione e togliermi dalle palle Blake. Quel giorno non avevo Pierce, ma quando lo beccai in corridoio non riuscii proprio a trattenermi.
- Professor Pierce! -
Mi fissò con i suoi occhi gelidi e si fermò senza dire una parola. - Sono oltremodo dispiaciuto, lo sa che non frequenterò le sue lezioni di recupero? - dissi, con un sorriso enorme sul volto che mandava a puttane tutto quello che avevo appena detto.
Quello sorrise, ed i suoi occhi grigi si chiusero appena, in modo felino. - Ce ne faremo una ragione, signor Larssen. E poi ... abbiamo un'eternità davanti, io e lei. -
- Già, può dirlo forte. - feci per camminare oltre, poi tornai un attimo indietro, ovviamente era tutto studiato. - Ah, professor Pierce, mi saluti sua figlia! -
Ed ecco che il gigante crolla. Si voltò verso di me, fulmineo. L'occhiata che mi lanciò fu la più penetrante e spaventosa che mi capitò di vedere in diciassette anni di vita. - Cosa? -
- Eppure era così in forma l'altra sera alla festa ... deve aver preso freddo, di certo. Le dica di riguardarsi. - andai via da lì sentendo lo sguardo perforante di Pierce sulle mie spalle. Adesso sapeva che ci conoscevamo. Ed io ero certo che il suo odio nei miei confronti non avrebbe mai smesso di ardere.
Dopo la terza ora ero finalmente libero per trenta minuti, così decisi di iniziare a fare qualcosa per portarmi avanti con il mio sadico piano. Mandai un messaggio ad Ezra e mi appostai nei bagni maschili, lì dove avevo chiesto di incontrarmi. Arrivò dopo due minuti, calmo e ordinato come sempre. Lo vidi passare in rassegna le cabine dei bagni, poi fermarsi davanti a me, confuso.
- E questo che vorrebbe dire? - mi chiese, passandomi il suo cellulare.
- Eh? -
Lesse il mio messaggio a voce alta. - Corri Montecchi, la tua Giulietta ha bisogno di te. Bagno maschile, terzo piano. -
Sorrisi e gli diedi una pacca sulla spalla. - È fidato il vostro servo? Non avete mai sentito dire che due persone possono serbare un segreto se soltanto una sola lo conosce? -
- Smettila con questa storia e dimmi che succede. -
- Avrei bisogno di un piccolo favore, Romeo, niente di preoccupante, giuro. Qualcosa che potrebbe dilettare anche te! -
Quello sbuffò. - Le cose che mi dilettano sono cattive di recente. E quel tuo sguardo non mi piace. -
- Andiamo, non ti ho mica attirato qui per farti un lavoretto di bocca nel cesso! Rilassati! E' qualcosa di cattivo, piacerà anche a te! -
Romeo sembrava molto interessato. - Tu sei sposato alla calamità! -
- Ehi! Non rubarmi le battute! - mi lamentai, poi scoppiammo entrambi a ridere.
- Te ne devo uno, quindi spara ... di cosa hai bisogno?
- Semplice. Voglio che mi picchi un po'. -
Vidi Ezra spalancare gli occhi. - Cosa? Tu sei suonato come la banda musicale della scuola! -
- Soltanto? Mi aspettavo quanto meno tutte le bande musicali di tutte le scuole dello stato!
- Me ne vado ... -
Appoggiai le spalle contro la porta e sbuffai. - Andiamo, sono serio come Bruce Willis. Ti chiedo soltanto un calcio ben assestato! -
- Cosa? Ma perché? -
- Affari. Non ho tempo per spiegarti tutto adesso, ti chiedo soltanto un po' di violenza. Abusa della tua Giulietta, oh prode Romeo. - lo presi per le spalle e lo sbatacchiai un po', forse fu quello a convincerlo.
- Dove? -
- Direi qui, proprio sulla schiena, ma in basso ... - sollevai la felpa e mi preparai al dolore.
- Sei sicuro, Micah? -
- Che diavolo! Vuoi che ti faccia una delega? Sì che sono sicuro! Andiamo. Tir ... -
Mi rotolai a terra, boccheggiante. - Bastardo, Dio che dolore ... bastardo di un Montecchi del cazzo ... ecco perché i nostri si oppongono! -
Ezra si stava godendo lo spettacolo. Quel calcio avrebbe lasciato un bel segno grosso, quanto meno. Poi allungò la mano e l'afferrai, ancora mezzo dolorante.
- Se mi hai fratturato qualcosa giuro che rompo il fidanzamento. -
- Zitto e cammina, me l'hai chiesto tu ... -

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora