Capitolo 58

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"Non è bello avanzare sospetti quando non si hanno prove." Arthur Conan Doyle

MICAH

L'immagine delle fiamme che lambivano il cortile di Pierce continuavano a balenarmi nella mente, come fantastiche dimostrazioni del potere che possedevo, di ciò che ero capace di fare a chiunque si fosse messo sulla mia strada senza chiedermi prima il permesso di esistere. Ero un cane rabbioso che mordeva l'aria, l'acqua di una diga che non vedeva l'ora di straripare e sconvolgere l'ordine delle cose, lasciandosi dietro una marea di disastri. Quando quelle immagini svanirono il sonno non arrivo però, come sempre rimasi a letto, da solo, a rigirarmi tra le lenzuola fino a quando non capii che era del tutto inutile rimanere lì, non mi sarei mai addormentato per quella notte, forse neanche quella successiva. L'insonnia era un ospite scomodo che tornava a farmi visita da quando Ezra aveva deciso di trovarsi un altro luogo in cui dormire.
Alla fine mi alzai, erano le cinque del mattino e tra meno di tre ore saremmo dovuti tornare a scuola, in vista di una nuova settimana di lezioni.
Ma Pierce non ci sarebbe stato, avevo provocato un danno senza precedenti quella notte, ma non era ancora abbastanza, quel dannato aveva dato il via ad una vera e proprio guerra, forse perfino senza accorgersene.
Quando scesi al piano di sotto la prima cosa che notai fu Ezra, stava riposando sul divano come un maritino che aveva appena litigato con la moglie.
Mi avvicinai a lui, con lo sguardo che vagava sul suo viso delicato. Sarebbe potuto essere un angelo perfetto, invece la vita era riuscita a corromperlo, a renderlo molto più simile ad un mostro. Incredibile credere che quegli occhi limpidi come il cielo fossero stati complici di ben due omicidi. Ma Ezra, come me, era troppo intelligente per abbracciare la vita rispettabile e assolutamente odiosa che gli era stata assicurata dai suoi ricchi genitori, era nato per cambiare le cose, sconvolgerle del tutto.

Così mi sedette sulla poltrona, allungando le gambe sul tavolino, fino a trovare una posizione comoda. Ezra mi stava di fronte ed io continuavo a fissarlo, chiedendomi cosa potessi fare per alleviare quel suo malessere incontenibile e, un attimo dopo, se volessi davvero farlo. L'avevo tenuto legato a me nel modo peggiore di tutti, trascinandolo in basso, facendolo vivere nel dubbio persistente che io potessi non tenere a lui quanto lui teneva a me. Perché non è vero che chi tira troppo la corda finisce per spezzarla, anzi ... credevo fermamente che quel tipo di legame assolutamente unico non poteva fare altro che rinsaldarsi sempre di più.
Nonostante i dubbi, i timori e le paure Ezra continuava ad affiancarmi con ancora più tenacia, come se volesse dimostrarmi la sua fiducia e il suo amore incondizionato perfino quando io stesso facevo di tutto per spingerlo via da me.
Accavallai le gambe oltre il tavolino, poi il mio piede colpì uno di quegli oggettini idioti che le madri amano, facendolo tintinnare appena, ma bastò per svegliare Ezra.
Vidi le sue palpebre muoversi, poi aprì gli occhi e li puntò su di me. Il suo sguardo inizialmente appannato si fece sempre più presente, fino a quando non mi mise a fuoco.
Lo vidi sollevarsi appena, era guardingo adesso.
- Che ci fai qui? - proruppe con voce roca.
- E' casa mia, capita di beccarmi in giro ... - dissi con un sorriso sul volto. - e poi lo sai che non riesco a dormire senza il mio angelo protettore. -
I nostri sguardi si incontrarono ancora una volta, era il mio modo per far capire ad Ezra che lo volevo indietro, ma lui guardò altrove.
- Sono tutto fuorché un angelo, dovresti saperlo se mi conoscessi almeno la metà di quanto dovresti. -
- Dio, Ezra, ma cos'è che non va in me? Perché tanto astio? Stai piantando un casino assurdo per una fottuta domanda a cui non ho voluto rispondere. -
Stavolta tornò a guardarmi, era furibondo. - E' questo il punto, Micah! Cosa diavolo ti costa essere sincero con me? Io lo sono stato e lo sarò sempre. - poi ci fu un attimo di silenzio, sembrava combattuto ma alla fine parlò. - Anche quando sono andato a letto con Ariette io non ho fatto proprio nulla per tenertelo nascosto ... so che era tuo diritto sapere come erano andate le cose e sono stato onesto fino alla fine nonostante sapessi che non ti sarebbe stata bene, perché io, a differenza tua, ti conosco. -
Mi venne da ridere. Era davvero un insicuro e allo stesso tempo un presuntuoso da paura. - Bene, visto che credi di conoscermi dovresti anche avere una risposta alla domanda che tanto ti assilla di recente. Su, Ezra, dimmi quello che pensi ... che congetture ha partorita la tua mente paranoica? - mi sistemai ancora un po' sulla poltrona, stiracchiando le braccia dietro, poi mi poggiai contro.
Ezra sembrava perplesso, forse temeva di dire ciò che pensava, forse, invece, aveva capito che neanche lui poteva affermare con così tanta sicurezza di conoscere chicchessia, eccetto forse la sorella.
- Allora? - lo invitai, impaziente.
- Credo che tu non ci sia andato, ok? - la sua voce tremò, era spaventoso notare la reazione che il dubbio provocava ad uno come lui ... lo rendeva terribilmente diverso dalla persona sicura e arrogante che solitamente avevo davanti.
- Bene, dimmi perché allora. Su cosa si fonda la tua ipotesi? -
- Lei era tutto ciò che di positivo potevi avere dalla vita, ma tu hai deciso di abbracciare il lato oscuro ... se davvero la ami o l'hai amata non l'avresti fatto. - concluse Ezra, stava evitando il mio sguardo.
Risi piano. - Ma che bravo. Ci hai davvero rimuginato sopra un bel po' a quanto pare. Comunque se ti sei già dato una risposta a cosa ti servo io? Dici perfino di conoscermi, non capisco dove vuoi arrivare. La sicurezza matematica non l'avresti neppure se ti dessi una risposta. -
Era vero e lo sapeva anche lui. Doveva fidarsi del suo istinto, perché dalle mie labbra sarebbe potuta venire fuori qualsiasi cosa, una verità o una menzogna, lui non avrebbe potuto discernerne l'una dall'altra.
- Sono stanco, sai? Tutto questo non era contemplato, non doveva succedere, non l'avevo mai messo in conto. Credevo che avrei vissuto la mia intera esistenza a desiderare l'unica donna che non avrei mai potuto avere. Poi tutto è cambiato, mi hai sconvolto la vita, Micah. -
La sincerità di quelle parole mi colpì, non credevo che uno come Ezra avesse mai potuto dare voce a quei pensieri, non davanti a me soprattutto.
- Ma sono stanco di giocare, non vinco mai con te ... so perché ti stai comportando in questo modo, credimi, ero certo sin dall'inizio che non avresti tenuto quella questione da parte per molto tempo ancora, perché sotto sotto ti brucia, nonostante lei sia ormai un ricordo lontano. Ma questa è la resa dei conti, no? -
Aveva intuito ogni cosa ovviamente, non mi sarei aspettato niente di meno da lui.
- Sono disposto a mettere i nostri dissapori da parte per quanto mi riguarda. Il nostro progetto è vasto e contorto, dobbiamo essere uniti. Voglio potermi fidare di te così come ho fatto fino ad ora, tu sei disposto a chiudere la questione? -
Il punto era quello, in fin dei conti. Eravamo due amici, due amanti adesso, ma, ancora di più, due compagni d'armi e il buon fine del nostro progetto dipendeva unicamente dal rapporto che avremmo potuto instaurare.
- Il dubbio mi rode, Micah, se vuoi che tutta la mia attenzione sia rivolta al nostro piano, allora dovrai dirmi come stanno le cose tra te e lei. - insistette ancora una volta.
Sbuffai, ero stanco delle sue paranoie, avrei voluto alzarmi e andar via da lì, ma un attimo dopo le sue parole mi raggiunsero ancora una volta. - Vuoi sapere perché l'ho fatto? -
- Fatto cosa, Ezra? Cosa vuoi ancora? -
- Perché sono andato a letto con Ariette. - ribatté lui, a bassa voce.
- L'hai fatto perché glielo avevi promesso, perché ti è stata accanto per diciassette anni, perfino quando tutti gli altri sembravano essere andati via. Era il centro del tuo universo e glielo dovevi. Lo so, l'ho accettato. Mi sta bene. - sbottai, sempre più nervoso. - e forse dovresti prendere in considerazione l'ipotesi che anch'io ho capito qualcosa di te da quando siamo amici. So che vorresti sempre avere il primato in ogni cosa, ma mi dispiace ... ho la presunzione di affermare che ti conosco proprio come tu conosci me. -
Quelle mie parole avrebbero dovuto non lasciare più alcun dubbio, ma l'insicurezza nella quale Ezra stava sprofondando era davvero senza limiti, l'aveva reso cieco, del tutto.
- Sì o no? - il suo sguardo si fece ancora più insistente, era di fronte a me adesso. Avrei voluto picchiarlo, scuoterlo fino a fargli del male, forse l'avrei davvero fatto se improvvisamente qualcuno non avesse suonato alla porta.
Mi alzai, confuso quanto Ezra mentre il campanello continuava a suonare senza un attimo di tregua. In men che non si dica Zieg scese giù, il suo viso era una maschera di confusione.
- C-che sta succedendo? -
- Non lo so ... - rispose Ezra, ma una certa idea stava iniziando a farsi strada in noi.
- Aprite. Questo è un ordine. - era la voce dello Sceriffo Weston.
- Cazzo ... - Dimitrij comparve dalla cucina, Dana era dietro di lui, quasi del tutto nuda.
- Aprite subito o butto giù! -
- Sto arrivando. - dissi a denti stretti. Sentivo lo sguardo dei miei amici su di me, seguirmi lungo il corridoio che mi divideva dalla porta d'ingresso.
Weston mi fissò con i suoi occhi pieni d'odio. - Fammi passare, Larssen. -
- Come, scusi? La mamma ha detto di non aprire agli sconosciuti. - risposi, sorridente.
- Ah, sì? Neanche agli sconosciuti con un mandato di perquisizione? -
Sentii un silenzio assoluto, i miei amici stavano trattenendo il fiato.
- Levati di mezzo, subito. - Weston mi sventolò il mandato davanti, poi mi diede una spallata potente, scavalcandomi un attimo dopo. Entrò, seguito da altri due sbirri che si chiusero la porta dietro.
- Prego, fate pure. C'è qualcun altro? Avete portato le ciambelle almeno? - chiesi, sarcastico guadagnandomi un'occhiata minacciosa dal più vicino di quei due. - Si può almeno sapere che diavolo avrei commesso adesso? E' come se fossi l'unico cittadino di Woodland! -
- Chiudi la bocca. Ti consiglio di chiamare tua madre, invece. Perché le cose si metteranno male adesso. - Weston aveva appena notato i numerosi ospiti. - Bene, voi tornatevene a casa vostra. -
- Non credo sia un suo diritto dirci dove andare. - era stata Dana a parlare. Non si poteva certo dire che non avesse carattere da vendere quella ragazza. - Volete spiegarci cosa sta succedendo di tanto urgente da svegliarci nel cuore della notte? -
Fu il più giovane a parlare, i suoi occhi erano puntati sulle cosce nude della nostra amica, sembrava gradire particolarmente. - C'è stato un incendio a casa Pierce. -
- Come se non lo sapessero già. Philipp, tu inizia dalla cucina, io mi occuperò delle camere da letto. -
- Cosa? Andiamo, questo è accanimento! - protestai, anche abbastanza debolmente. Me lo aspettavo, sapevo che Pierce aveva fatto il mio nome anche senza alcuna prova tra le mani.
- Richard, rimani qui con loro. Dal momento che non volete tornarvene a casa e lasciare Larssen a sbrigarsela da solo rimarrete tutti qui e verrete tutti giudicati come potenziali colpevoli. -
Il poliziotto più giovane annuì. - Sissignore. -
- E adesso vediamo di incastrarti, Larssen. - il sorriso sul volto di Weston era largo e tagliente. Poi sparì oltre le scale.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora