Capitolo 41

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"Noi siamo l'enigma che nessuno decifra. Siamo la favola racchiusa nella propria immagine. Siamo ciò che continua ad andare avanti senza arrivare mai a capire." JOSTEIN GAARDER


MICAH

Dovevo essere proprio nel bel mezzo di un bel sogno quando improvvisamente mi sentì scuotere. Aprii gli occhi e tutto ciò che vidi fu il volto allarmato di Ezra, le sue labbra si muovevano. Che cosa diavolo voleva?
Poi successe tutto in fretta, la porta della mia stanza si spalancò, lasciando intravedere la figura esile di mia madre che si fece avanti.
- Ehi, ti ho chiamato ma non rispond ... - le parole dovettero morirle tra le labbra, vidi il suo sguardo posarsi su Ezra, sollevato a metà letto, proprio sulla parte opposta alla mia, poi passare a me.
- B-buongiorno signora Larssen. - biascicò lui, mentre si allontanava ulteriormente da me come se fosse stato appena beccato a letto dai genitori della ragazza con cui era stato.
Ehm, in effetti il paragone non era poi così sbagliato.
- Buongiorno. V-voi scendete a colazione? - mia madre era parecchio perplessa e non riusciva neppure a nasconderlo.
- Yep, cucina anche per il nostro amico. C'è anche Ezra se non te ne sei accorta. - le dissi con un sorriso enorme sul volto, ma lei era già andata via, probabilmente traumatizzata a vita per ciò che aveva appena visto.
- Cazzo, Micah! Cazzo! - il mio vicino si portò le mani al volto in un tentativo estremo di nascondere il rossore assurdo che lo stava pervadendo di attimo in attimo. - ho provato a svegliarti! Ho sentito dei passi nel corridoio, non sapevo cosa fare ... tua madre ... -
- Andiamo, mia madre è una tale ingenua. Non devi preoccuparti per lei, seriamente. Piuttosto sono incazzato. E' domenica, non si sveglia Micah Larssen alle nove in punto di una domenica del cazzo! - protestai, adesso con un mal di testa atroce, era così raro per me riuscire a dormire più di qualche ora al giorno che quello mi parve un miracolo bello e buono.
Mi alzai da lì, scalciando via le scarpe che per poco non mi fecero cadere.
- L'ha capito, Micah. Ci ha beccati a dormire insieme! Nello stesso letto! -
Mi voltai verso il mio amico per ritrovarlo esattamente nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato.
- Ezra, ti ho detto che conosco mia madre. Nicole è una deficiente nata. Insomma, se fosse un tantino più sveglia non starebbe per sposare Jack adesso! - poi gli lanciai la sua camicia, decisamente spiegazzata, ma ancora utilizzabile. - Dai, andiamo a colazione. -
- Micah, non peggiorare le cose, ti prego. -
Lo guardai, ad occhi sgranati. - Cosa? Ma che opinione ti sei fatto di me? Potrei mai peggiorare qualcosa io? -
Ezra sospirò forte, non doveva essere il suo prototipo ideale di domenica mattina quello, però alla fine fu costretto a seguirmi al piano di sotto. L'odore del bacon e delle uova ci giunse inaspettatamente, risvegliandoci del tutto.

Ci sedemmo al tavolo della cucina, imbandito della solita roba che preparava mia madre quando non era troppo presa dalle stronzate di Jack. Ezra era rigido come un manichino, aveva perfino la vitalità di un manichino, notai, un po' preoccupato. Anche mia madre in effetti sembrava decisamente tesa. Avrei dovuto farle vedere senz'altro Brokeback Mountain uno di quei giorni ...
- La ringrazio. - Ezra afferrò il piatto che mia madre gli porse e lei fece un sorriso di circostanza.
- Spero ti piaccia. Non riceviamo ospiti spesso qui. - poi si rivolse a me. - A proposito, perché non l'hai sistemato nella stanza degli ospiti? E' completamente inutilizzata ed entrambi avreste dormito meglio. -
- Beh, perché Ezra non è un ospite. - dissi, tra una cucchiaiata di cereali e l'altra.
- Cosa? -
- Se lo fosse l'avrei sistemato nella stanza degli ospiti, ma dal momento che non lo è, l'ho sistemato nel mio letto. Sai, qualcuno deve pur dividere la casa con me, visto che a quanto pare tu mi hai mollato qui, da solo. -
Mia madre si immobilizzò, profondamente colpita da quelle parole che non si aspettava di sentire, tanto meno con Ezra lì presente.
- Scommetto che non te ne sei neppure accorta della presenza di altra gente qui in casa, figurati ... ti vedo soltanto di domenica, molli un po' di spesa in frigo, cucini qualcosa e poi ... puff, sparisci di corsa, verso la tua vera famiglia. Quella che potrebbe piacere a tutti. -
- Micah, basta così. Non è il momento questo. - vidi gli occhi scuri di mia madre infiammarsi di ira. - Lo sai che sono stata davvero impegnata in questo periodo. -
- Ah, già ... il matrimonio. - sussurrai, poi mandai giù un po' di spremuta.
- Non è solo quello, ho dovuto accompagnare Jack alle sue sedute di riabilitazione della mano, a quanto pare il danno è più grave di quanto pensavano i medici, ma con quelle dovrebbe recuperare l'uso almeno al novanta percento. Inoltre sono venuti a trovarci i suoi genitori. Unisci anche le sedute dalla Sullivan e le gare di piano di Carl e ... -
- Non stare qui a giustificarti con me. Per fortuna so badare a me stesso. - le dedicai un sorriso che di rimando la fece sospirare nervosamente.
- Beh, cos'è successo alla nostra cantinetta? Giuro che manca più di qualche bottiglia di vino lì sotto ... -
Ops. Sentii Ezra irrigidirsi accanto a me. - Diciamo che di recente ho invitato qualche amico qui, sai per combattere la solitudine. - tornai a colpirla lì, nel suo punto debole. Conoscevo mia madre e i suoi continui sensi di colpa, li avrei usati a mio favore.
- Non esagerate e ricorda che domani ti aspetta la seduta con la Sullivan. Crede sia arrivato il momento di fare una chiacchierata tutti insieme. -
- Mmm, come sono fortunato. - biascicai, improvvisamente senza appetito. Jack continuava a persistere nella mia vita nonostante tutti i miei sforzi per allontanarlo da tutto ciò che mi riguardava.
- Vado a dare una sistemata in giro, più tardi dovrò accompagnare i genitori di Jack in aeroporto, quindi ... -
- Grazie per la colazione. -
Ezra e le sue stramaledette buone maniere.
Mia madre sorrise. - Figurati. Mi fa piacere che tu faccia compagnia a mio figlio. Davvero ... è un periodo un po' così, purtroppo non posso essere ovunque. -
- Oh, sì! E' terribilmente bravo a tenermi compagnia, mamma. - poi un dolore acuto alla gamba, Ezra mi aveva colpito con un calcio.
- Calmati, Romeo, non mi ha neppure sentito! Come siamo tesi ... so io cosa ci vorrebbe per calmare quei nervi... - lo provocai, avvicinandomi al suo orecchio con le labbra.
Quello scattò su, lo vidi guardarsi intorno come un forsennato. - Micah, porca puttana, che cosa c'è che non va in te? -
Era una domanda retorica ovviamente. Per sua fortuna un attimo dopo arrivarono i ragazzi, avevamo deciso di vederci da me e fare un bel tuffo in piscina ad alta carica alcolica, come se quello della notte passata non ci fosse bastato per l'eternità.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora