" L'uomo secerne disastro. "
Emil Cioran
MICAH
Vagavo lungo il corridoio buio ed infinito di quella che doveva essere una casa. Mi trovai di fronte ad un bivio, due strade diverse, ma perfettamente identiche ai lati del mio corpo. No, non identiche ... presi la mia sinistra, attirato da una macchia scura sul pavimento altrimenti immacolato. Improvvisamente una luce spaventosa quanto abbagliante mi colpii dritto in volto e allora la vidi ... era l'impronta di una mano, rossa come il sangue. L'impronta di un uomo probabilmente, qualcuno che aveva tentato disperatamente di fuggire, poi la luce scomparve, lasciandomi ancora una volta nel buio più assoluto. Camminai, mi costrinsi ad andare avanti, brancolando in quell'oscurità pressante. Mi tenevo al muro, poi lo sentii ... c'era qualcuno lì con me ... rumore di passi dietro le mie spalle, seguiti da un respiro basso, gorgogliante. Mi guardai indietro, terrorizzato, ma non riuscivo a vedere nulla, così iniziai a correre, sforzai le gambe come meglio potevo, ma non mi mossi. Era come se una forza spaventosa ed invisibile facesse di tutto per tenermi lì, fermo, in attesa di quella creatura che nel frattempo guadagnava terreno alle mie spalle.
- Ah ... -
Un dolore lancinante alla mano sinistra, la portai al viso e da vicino vidi il sangue ... grondava giù sul pavimento. Quell'impronta ... quell'impronta che avevo visto prima era la mia?
I passi erano più vicini adesso, i miei piedi bloccati sul pavimento, pesanti una tonnellata. Non riuscivo a muovermi, non riuscivo ad urlare. Non potevo fare altro che attendere la mia fine. Poi il buio venne inghiottito da una luce spaventosa e finalmente tornai a vedere. Mi voltai indietro e lo vidi. In un enorme specchio a muro c'era un ragazzo riflesso, un ragazzo terribilmente familiare.
Dovevo essere io. Eppure c'era qualcosa di sbagliato in quel viso. La bocca era cianotica, la pelle cadaverica ... e i suoi occhi, i miei occhi ... erano vitrei. Mi avvicinai come se fossi in trance, allungai la mano verso il mio riflesso, ma quello rimase incredibilmente immobile. L'urlo mi si spezzò in gola, era troppo tardi per sfuggire a quella mano pallida che mi aveva afferrato per il collo e che adesso mi stava trascinando verso lo specchio, con un ghigno spaventoso sul volto morto.
- Non puoi sfuggirmi, Micah. - e la sua voce era affilata, come se le sue corde vocali fossero state corrose da qualcosa. Poi le sue labbra si aprirono, lasciando scivolare sulla mia mano un getto di liquido nero, purulento.Fu la suoneria del mio cellulare a svegliarmi. Balzai sul letto, senza fiato e con il cuore che batteva a mille. Con la mano cercai a tentoni il cellulare e risposi.
- S-sì? -
- Micah, hai letto il messaggio? Che diavolo sta succedendo? -
Ezra? - Cosa? - chiesi, confuso.
- Caroline ti ha denunciato alla polizia. Hai gli sbirri dietro la porta, devi sbarazzarti immediatamente del cellulare, mi hai capito? -
Chiusi la chiamata e con il cuore in gola corsi verso il comodino, aprii il cassetto e presi il cellulare che mi era stato dato da Ezra. Mi guardai intorno, sentivo i passi di Jack mentre andava ad aprire la porta al piano di sotto ... non potevo farmi beccare. Non potevo. Non adesso. Mi affacciai alla finestra e vidi l'auto della polizia, fortunatamente vuota. Mi arrampicai appena sul davanzale e con la mano cercai quel buco familiare tra le tegole del tetto, così spensi il cellulare e lo gettai lì, in fondo.
Stavo quasi per riprendere a respirare normalmente quando mi resi conto che potevo finire fottuto anche per altro, così mi liberai delle mie pasticche gettandole nel water. Le vidi scivolare giù, inghiottite dallo scarico. Respirai a pieni polmoni e in un attimo riuscii a trovare la lucidità giusta per affrontare quella situazione.
Uscii dal bagno e presi le scale, diretto all'ingresso. Jack era lì, con la mano bianca come un cencio stretta sulla maniglia.
- Deve trattarsi assolutamente di un malinteso ... - lo sentii dire con voce tesa.
I poliziotti erano sull'uscio, pronti ad entrare. - Signor Larssen, la preghiamo di farci entrare. -
- Perché? Volete spiegarmi? -
Oh, povero Jack. Cosa avrebbero pensato i vicini adesso? I nuovi arrivati avevano appena ricevuto la visita della polizia, un evento terribilmente raro per una cittadina del cazzo come quella. Probabilmente avevo appena distrutto la vita sociale di quel bastardo, pensai, mentre mi avvicinavo al trio con la mia migliore espressione gioviale.
- Agenti, ma che sorpresa! A cosa dobbiamo questa visita? -
- Micah, vai in camera tua ... - Jack mi incenerì con lo sguardo. Sapeva che si trattava di me ovviamente,
- Signor Larssen, stiamo esaurendo la nostra pazienza. Ci faccia entrare subito o la denunceremo per resistenza a pubblico ufficiale. - il più grosso dei due aveva parlato con tono minaccioso. Vidi qualcuno dei nostri vicini stirare il collo dietro le loro finestre, e lo notò anche Jack. Si spostò immediatamente, poi chiuse la porta dietro le loro spalle e sospirò. A questo punto l'attenzione dei due uomini fu dedicata al sottoscritto.
- La signorina Caroline Collins ha esporto denuncia contro suo figlio. Abbiamo il diritto di effettuare un sopralluogo. Inoltre le faremo alcune domande. -
Jack mi fissò con la sua peggiore espressione. Era infuriato, e la sua rabbia peggiorò in modo esponenziale quando si rese conto che non avevo neppure finto di mostrarmi sorpreso davanti agli agenti.
Sospirai e mi sdraiai sul divano, puntai gli occhi sul più grosso dei due. - Bene, interloquiamo allora ... - dissi con condiscendenza.
Vidi i baffi dell'agente fremere. - Parlami un'altra volta così, ragazzo, e te ne pentirai. Jones, va' in camera sua e che sia un sopralluogo approfondito. - disse poi al suo collega che scomparve oltre le scale. Jack era distrutto, accasciato contro una sedia, con le mani sul viso per la vergogna. Mi sentii rinvigorito di fronte a quella scena.
- Dov'era il trentuno ottobre sera? -
- Festa in spiaggia, agente. -
- Anche la signorina Collins era lì. -
- Certo, così come un centinaio di altri studenti. - ribattei, con un sorriso smagliante sul volto. L'agente mi incenerì con lo sguardo.
- Quand'è uscito di casa? -
- Erano le dieci su per giù. -
- Posso testimoniarlo! - si intromise Jack, guadagnandosi un cenno da parte del poliziotto. Jack che veniva zittito dalle autorità era davvero divertente da vedere.
- Cosa indossava quella notte? -
Finsi di rifletterci un po'. - Un jeans, scarpe sportive e una felpa ... sì, era una felpa. -
- Colore? -
- Suppongo fosse quella nera. -
L'agente sembrava soddisfatto. - Come sospettavo. -
- Beh, sì ... sarò stato l'unico ragazzo ad aver indossato una felpa nera quella sera. Non se ne vedono in giro molte. - commentai, sarcastico, guadagnandomi un'altra occhiataccia.
- Qualsiasi cosa nasconda, la troveremo, signor Larssen. - commentò quello.
Come no, pensai, se Caroline non fosse stata così stupida da confidarsi con Ezra mi avreste beccato in pieno, ma adesso ...
- Non ho nulla da nascondere, agente. Non vedo per quale motivo dovrei aver preso di mira Caroline ... non la conosco neppure. -
- La sua fedina penale non è brillante, signor Larssen, se ne renderà conto anche lei. -
Risi piano. - E sarà d'accordo con me nell'asserire che il mio modus operandi è decisamente più ... esotico di questo ... - dissi, quando riuscii a trovare il termine adatto. L'agente mi fissò, i suoi occhi scuri e indagatori non avrebbero colto nulla in me. Ero fin troppo sicuro che non avrebbero trovato un accidente in camera mia, niente che avrebbe dovuto farmi preoccupare.
- Con chi ha passato la serata? -
Sospirai. - Mmm, principalmente direi con una mia compagna. -
- Nome? -
- Liv Pierce. -
L'agente conosceva Pierce. Lo capii dal modo in cui aveva reagito. - Può testimoniarlo? -
- Ovviamente. -
Poi continuò con il suo interrogatorio, una lunga serie di domande che avrebbero dovuto porre ad Ezra, non a me. Continuò così fino a quando non venne raggiunto dal suo collega. Apparve con un'espressione di evidente delusione sul volto.
- Niente. - commentò, scuotendo la testa. - Eccetto per la felpa nera. -
L'agente stronzo storse le labbra. Era chiaro che quella non poteva essere considerata una prova. Guardai i due tipi, con un ghigno che non riuscii a trattenere impresso sulle labbra.
- Evidentemente non sono io il mostro che sta dando la caccia alla povera Caroline. Sicuri che non stia ammattendo, invece? -
- Taci. E'nostro compito decidere chi è colpevole o meno. Al momento non abbiamo nulla, ma le staremo col fiato sul collo. -
- Per un cittadino onesto come me sapere che due agenti della vostra portata siano qui a guardarmi le spalle in ogni momento non è che una benedizione. - commentai, facendo diventare viola Jack.
Non vedeva l'ora di rimanere da solo con me, glielo leggevo sul volto.
- Signor Larssen, ci scusiamo per il disturbo. - l'agente strinse la mano al mio patrigno, poi si tolse finalmente dalle palle, seguito dall'altro.
Scrissi velocemente un messaggio ad Ezra che recitava più o meno " il nostro culo è salvo" e mi preparai a subire l'attacco di Jack, che per lo shock stava bevendo una dose generosa di whiskey direttamente dalla bottiglia.
- Piano, bello, quello è il primo passo per il degrado morale e fisico. - commentai, sghignazzando. - Allora? Come ci si sente quando ancora una volta ti ritrovi a terra, a strisciare nel fango a causa mia? Hai visto i vicini com'erano curiosi? Oh, la voce della denuncia con conseguente sopralluogo girerà in lungo e in largo. Che figlio degenere! Nessuno ti rivolgerà più la parola, Jack. Preparati a dire addio al country club e alle partite di golf, amico! -
- Sei soltanto il figlio bastardo di un pazzoide. E quando tua madre rientrerà ... -
- Cosa farai, eh? - lo guardai e mi sembrò più patetico che mai. Fermo in mezzo alla stanza, con la bottiglia quasi terminata stretta nella mano buona. - Chi credi che vincerebbe il confronto? Eh? Io sono suo figlio, Jack. Per quanto possa darle dispiaceri, rimango pur sempre il suo angelico bambino. Mentre tu ... non sei altro che il sostituto di quello che era un grande uomo ... -
- Grande uomo? - tuonò Jack, con gli occhi strabuzzati. - Tuo padre era un pazzo omicida! E tu! Tu sei esattamente come lui! -
Poi, in un lampo, vidi qualcosa sfrecciare lungo la stanza, prima di schiantarsi in un'esplosione di vetri contro il pavimento, a pochi centimetri dai miei piedi. Era la bottiglia di whiskey.
- Ti farò portare in un dannato manicomio, bastardo. E ci marcirai lì dentro. -
Jack respirava rumorosamente, i suoi occhi erano iniettati di sangue, stava perfino sbavando dalla rabbia.
Mi alzai lentamente e mi diressi verso quello che era rimasto della bottiglia, allungai una mano e afferrai quello che mi parve il pezzo di vetro più affilato, poi lo strinsi forte contro il palmo. Il dolore fu acuto, il sangue prese a zampillare giù immediatamente.
- Che diavolo fai adesso? -
Mi morsi il labbro dal dolore e strinsi con più vigore. Mi sarebbe rimasta la cicatrice con ogni probabilità.
- Tranquillo, non è per te questo. - sussurrai, dopo aver lasciato andare il frammento affilato che rimase per qualche istante ancora bloccato nella mia carne. Lo vidi cadere a terra, rosso del mio sangue. - Non ancora almeno ... - dissi a voce così bassa che nessuno avrebbe potuto sentirmi. Mi sollevai da lì e passai oltre Jack e il suo sguardo confuso, poi andai in cerca di garze. Il sangue scorreva copiosamente ed io mi ritrovai di ottimo umore.
Il giorno dopo avrei avuto il mio primo incontro con la dottoressa Sullivan. Quella ferita inaspettata giocava a mio favore. L'universo intero sembrava avermi preso in simpatia. Nulla sarebbe potuto andare storto, ragazzi.
Assolutamente nulla.
ZIEGERS
Meg mi trascinò nel bel mezzo della pista e mi sorrise. - E dai, non fare quella faccia, Zieg! Sai, a volte nella vita ci si diverte! Hai presente quella cosa che succede quando non lavori, studi o ti deprimi? - mi urlò nell'orecchio.
- Questo non è il mio concetto di divertimento! - le risposi di rimando, poi sfuggii alla sua presa e mi defilai da quella calca assurda di corpi sudati.
Dannazione, mia sorella l'aveva sempre vinta, sin da quando era bambina. Anche in quell'occasione era riuscita ad avere la meglio su di me, alla fine mi aveva costretto ad accompagnarla a ballare con la scusa che presto sarebbe partita e non ci saremmo visti per almeno tre mesi. Però accompagnarla era un conto, ballare era davvero troppo, pensai, quando riuscii a trovare una zona meno affollata, vicino all'entrata e mi fermai, senza fiato. Mi chiesi che cosa avrei fatto del resto della serata ... ero solo, annoiato e stanco per il doppio turno al locale. Trovai un posto a sedere e rimasi lì, a fissare la folla. La gente intorno a me sembrava divertirsi. Cosa c'era di sbagliato in me allora? Per un attimo mi ritrovai con il cellulare tra le mani ... stavo per mandare un sms a Margaret. Volevo farlo da qualche giorno, ma non riuscivo a trovare le parole giuste, anzi non avevo neppure la pallida idea di quello che avrei dovuto scriverle sinceramente. Guardai la pagina, ancora vuota, poi iniziai a scrivere, alla fine cancellai tutto. Posai il cellulare e mi rimisi a fissare la folla, sentendomi un fallito su ogni fronte.
Ma lui era lì ... avevo alzato lo sguardo un attimo, ma era bastato per notare Syd. Alto, muscoloso, spiccava in mezzo alla folla in modo assoluto. Stava parlando con due ragazze, una di queste gli passò un bicchiere, l'altra allungò una mano verso il suo braccio e lo toccò, sorridendo. Syd fece un cenno con il volto e rise di rimando. Le luci cangianti della strobosfera giocavano sul suo corpo, creando dei colori sempre diversi e totalmente ammalianti. Mi alzai piano, poi rimasi immobile, come una preda abbagliata dalle luci delle auto di passaggio. Feci un passo avanti, poi un secondo, non riuscivo a capire perché lo stavo facendo ... ero davvero io a guidare i miei piedi? Mi fermai soltanto quando arrivai a qualche metro da lui. Lo vidi voltare il capo lentamente, come se avesse percepito la presenza di qualcuno di conosciuto nelle vicinanze, poi i suoi occhi incontrarono i miei. Sorpresa nel suo sguardo, e se io tentennavo a restare lì, fermo, lui voltò le spalle alla sua compagnia e si fece strada verso di me senza alcun indugio. Jeans neri e giubbotto di pelle, era tutto quello che non ci si sarebbe mai aspettato ti trovare lì, in mezzo a quella folla tutta terribilmente uguale. I suoi occhi brillarono mentre si avvicinava a me e sorrideva, come uno che aveva appena fatto centro.
Scosse la testa e mi guardò. - Che ci fai qui? - lessi il labiale. Le sue labbra erano belle e carnose e adesso sapevo perché piaceva proprio a tutti. Era quel suo sguardo magnetico e pericoloso, quella bocca rossa e lievemente piegata all'ingiù e il suo corpo, muscoloso e terribilmente aggraziato allo stesso tempo. Avrebbe potuto essere un dannato modello o un gangster. Syd Zilke aveva il mondo ai suoi piedi, ma probabilmente non gliene importava nulla. E questo lo rendeva ancora più interessante.
- Vuoi uscire? -
Annuii senza sapere cosa mi stava prendendo in quel momento. Lo seguii, i miei occhi erano puntati sulle sua spalle larghe, i capelli color miele, lasciati sciolti e lievemente ondulati sulle punte. Cos'era successo? Cosa mi aveva fatto cambiare così radicalmente? Potevo ancora salvarmi, sarebbe bastato tornare dentro, allontanarmi da Zilke una volta per tutte, ma era davvero quello che volevo? -
- Allora? Sogno o son desto? Zieg Deveroe in un locale diverso da quello in cui lavora? -
Syd si appoggiò ad una transenna all'entrata, poi fece un cenno al buttafuori con le labbra e quello si allontanò annuendo. Tutti soli esattamente come Zilke aveva chiesto.
- E tu invece? Non ti facevo tipo da disco. -
- Ah, beh ... io sono tipo da qualsiasi cosa, Deveroe. E poi il mio manager è il proprietario di questo club, sono passato per avere qualche informazione sul match di sabato. Ci sarai, vero? -
Sbuffai. - Hai una stuolo di ammiratori pronti a strapparsi i capelli per te, non vedo che importanza dovrebbe avere la mia presenza ... -
- Si strapperebbero altro per me. - poi socchiuse gli occhi e lo vidi sorridere maliziosamente. - beh, vorrà dire che ti richiederò direttamente al tuo capo, noi due siamo amici, sai?. -
Rimasi a bocca aperta. - Perché? Cosa diavolo vuoi da me? -
Syd fece spallucce e si avvicinò a me lentamente. - Non avresti dovuto farti notare da me, Deveroe. E' stato l'errore più grosso di tutta la tua vita ... -
Il suo viso era a pochi centimetri dal mio adesso. Non l'avevo mai visto da quella vicinanza ... era terribilmente perfetto, da qualsiasi angolazione. Mi venne voglia di toccare il suo naso, come faceva ad essere così dritto e sottile? Era un pugile, dannazione, ci si aspettava almeno un naso storto e ammaccato ... invece ...
- Spostati. - lo allontanai, con le guance in fiamme per l'imbarazzo provocato da quella vicinanza. Avevo sentito il suo profumo e toccato il suo petto, seppure coperto dalla t-shirt. Avevo bisogno di riflettere, lontano da lui.
- Vado a casa. - dissi tutto d'un tratto.
- Ti ci porto io. - poi fece ruotare il portachiavi intorno al dito, e sorrise.
- Perché non mi lasci in pace? -
- Perché dovrei? -
- Non abbiamo niente da spartire noi due, te ne sei accorto? -
- Oh, sì che ce l'abbiamo, Zieg. Se soltanto mi lasciassi fare ... -
Mi voltai dall'altra parte, probabilmente ad un passo dall'esplodere. Sentivo le guance in fiamme ... quel suo dannato sguardo così penetrante.
- Hai inteso? -
- Ho inteso. - biascicai, mentre cominciavo a camminare, lontano da quel depravato. Non potevo farcela, che diavolo mi aveva detto il cervello quella sera? Perché non ero rimasto nel mio cantuccio ad annoiarmi? Perché? Fortunatamente non mi stava seguendo, piano piano cominciai a respirare come una persona normale. Casa era lontana, ma potevo farcela, quella camminata mi avrebbe aiutato a schiarirmi le idee. Poi sentii un rombo, il motore di una moto. E una luce abbagliante a qualche metro da me. Zilke frenò alla mia sinistra e sollevò il casco.
- Stai scherzando, vero? - commentai, aumentando il passo. Quello però continuava a seguirmi a moto spenta.
- Sali. -
- Non provare a darmi ordini. -
- Sali, per favore? -
- Non sei credibile quando fai la persona gentile. -
Syd rise e sbuffò allo stesso tempo. - Andiamo, è stancante trascinare una moto in questo modo! Arriverò a sabato tutto ammaccato e verrò picchiato a sangue dal mio avversario che, a differenza mia, sarà fresco e riposato. Il mio naso perfetto, proprio quel naso che fissavi cinque minuti fa, potrebbe essere in pericolo. Hai appena messo a repentaglio la sua sopravvivenza. -
- Vuoi stare zitto? - ma sotto sotto non riuscivo a nascondere un sorriso. Era perfino idiota quando voleva! Chissà quante sfaccettature della sua personalità non conoscevo ancora ...
- Andiamo ... farò il bravo ... promesso. - poi si portò la mano sinistra al cuore e mi fissò con la sua migliore espressione da cucciolo abbandonato. Dio, come avrei dovuto fare con Zilke?
- Ok, va bene ... accetto, ma allunga le mani e te le stacco. -
- Sarai tu ad allungare le mani sul sottoscritto, Deveroe. -
- Risposta sbagliata. Addio. - commentai, acido. Quell'idiota!
Improvvisamente mi fermai, bloccato dalla moto, adesso trascinata davanti a me. Portai gli occhi al cielo e cercai di chiamare a me tutta la pazienza di questo mondo.
- Intendevo dire che dovrai tenerti stretto a me. -
- Certo, era proprio quello che intendevi. - ma decisi di farla finita, lasciai che Syd mi aiutasse a salire, cercando con tutta la mia forza di non badare a quella sua espressione decisamente soddisfatta che vidi balenargli sul volto.
Stavo per aggiungere qualcosa, quando Syd diede gas e ci ritrovammo sbalzati in avanti di parecchi metri, con il mio cuore seminato da qualche parte dietro, per la strada.
- Zilke!!!! Dannazione, vai piano!- urlai, mentre mi stringevo spasmodicamente alla sua schiena.
- Siamo nati per morire, Deveroe! - rispose quello di rimando e lo sentii sghignazzare. - Inoltre questo è l'unico modo per farti stare ben stretto a me - aggiunse dopo qualche istante, con voce suadente e divertita allo stesso tempo.
- Ah, sì? Bene ... vedremo ... -
Non so cosa mi prese, forse era la voglia di dimostrare a quel bastardo che anch'io sapevo giocare le mia carte in qualche modo, ma tolsi le braccia dal suo corpo e senza la minima esitazione mi aggrappai al retro del sedile, spingendo Zilke a frenare bruscamente.
- Che diavolo fai? Tieniti subito! - mi intimò quello, che adesso aveva messo di sfrecciare per le strade, proprio come volevo.
- Siamo nati per morire, Zilke ... non l'hai detto proprio tu? -
Eravamo quasi fuori casa mia quando scendemmo dalla moto, io soddisfatto, lui furente.
- Non vale per te. - disse quello, mentre si liberava del casco e mi inceneriva con lo sguardo.
- Ah, no? Pensavo fosse una sorta di legge universale. -
- Sta' zitto, ok? Potevi ammazzarti. -
- Sarebbe stato un problema? - gli chiesi, sfidandolo con lo sguardo. Zilke sollevò un sopracciglio e in un nanosecondo me lo trovai davanti, il mio mento stretto nella sua mano.
- Sì, ti avrei fatto tornare in vita per poi ammazzarti di nuovo con le mie stesse mani, stronzetto incosciente. -
Rimasi a bocca aperta, intrappolato nei suoi occhi gelidi che mi fissavano, scesero lungo le mie labbra e per un breve istante pensai che sarebbe successo ...
- Vai a casa adesso, prima che decida di approfittare di te. - poi mi ritrovai improvvisamente libero, Syd si stava allontanando da me a passo svelto. Potevo percepire la sua lotta interiore perfino da quella distanza. Lo vidi salire in moto, prendere il casco e partire a tutto gas, fino a quando non divenne nient'altro che un piccolo punto nero in lontananza.
Crollai a terra, dritto sul prato di Dimitrij. La consapevolezza mi aveva raggiunto in quel modo, terribile e inarrestabile come un esercito dal qualche avevo provato a scappare per troppo tempo. Ovviamente era stato tutto vano. Non si può scappare dalla propria natura, non per sempre almeno.
Presi il cellulare e feci il numero di Margaret. Sentivo le lacrime che scivolavano lungo il mio volto, mi augurai che sarebbe stato più semplice ammetterlo ... Sapevo cosa dirle adesso.
- Zieg? C-cos'è successo? -
- Ho bisogno di parlarti, Margaret ... ho bisogno di parlarti. - non riuscivo a trattenere le lacrime, pochi istanti ancora e sarei stato libero ...
- Zieg? Se è a proposito dell'altra sera, in spiaggia, è tutto risolto per me ... i- io ... -
- No, devi starmi a sentire, invece. -
- Stai bene, Zieg? Perché stai piangendo? Dove sei? -
- Shh ... ascoltami. Tu sei la mia migliore amica, e lo sarai per sempre. Senza te ... mi sento perso, capisci? -
- I-io lo so, credimi è così anche per me. Non avrei dovuto fare ... -
- Va tutto bene. Non sei tu il problema, Margaret. Non sei tu il problema. - presi un profondo respiro e strinsi con forza il cellulare. - Sono gay. -
EZRA
Eravamo salvi. Per un minuto fissai il messaggio di Micah come se non riuscissi a capire cosa ci fosse scritto. Il cuore mi batteva forte, ma potevo stare tranquillo. Era fatta. Vidi i poliziotti lasciare la villa e le mie labbra si allargarono in un sorriso. Poi spostai lo sguardo sul mio vialetto e vidi Jack dirigersi verso la porta di casa mia. Doveva essere l'estremo tentativo di salvare la faccia. Sentii il campanello e vidi spuntare mio padre, iniziò una conversazione fra i due che si concluse con una stretta di mano. Sapevo quanto il mio vecchio bastardo detestasse l'altro ipocrita lamentoso così uscii subito dalla mia stanza per controllare. Entrando nel salotto trovai i miei che discutevano.
- Che faccia tosta, dopo tutto il trambusto che stanno creando in questo quartiere ha anche l'ardire di venire ad invitarmi a giocare a golf. Sembrava avesse bevuto pure – desse mio padre con un tono sprezzante – questo era un quartiere rispettabile prima che quella famiglia mettesse piede in questa città. –
- Cosa farai? Hai intenzione di accettare? – gli chiese mia madre.
- L'ho già fatto. Mi servono dei nuovi investitori, vedrò di tirare fuori qualcosa di utile da questa giornata. – commentò lui. Era sempre il solito opportunista bugiardo, mi chiesi se esistesse un rapporto nella sua vita che fosse disinteressato.
- Andrai al Club? – mi intromisi.
- Sì, certe seccature vanno sbrigate di persona ed in fretta. Se non ha i requisiti che mi servono lo scaricherò con qualche scusa. –
- Verrò con te! –
- Allora preparati. Ci incontreremo con lui fra un'ora, speriamo si rimetta in sesto. Tutto questo è davvero indecoroso ... –
- Bene. –
Poi sparii dalla sua vista e tornai in camera mia. Sapevo con certezza che quei due sarebbero andati d'accordo. Erano più simili di quanto mio padre volesse ammettere e di certo di fronte a buone possibilità si sarebbero rivelati per gli approfittatori bastardi quali erano, quindi quell'incontro sarebbe stato sul serio un evento lieto e proficuo per entrambi. Così decisi di rendere anche il mio pomeriggio divertente e proficuo, presi il cellulare a scrissi a Micah. "Partita a golf questo pomeriggio?"
Quando un'ora dopo io e mio padre suonammo al campanello di casa Larssen , Jack venne ad aprire con un sorriso smagliante.
- Bene, possiamo andare! – disse gioviale, poi prese la sua attrezzatura da golf.
Ma un rumore alle sue spalle attirò la nostra attenzione, Micah scese rumorosamente le scale e attraversò la porta, precedendoci nell'andare in macchina.
- Andiamo Jack, non fare quella faccia, sai che adoro il golf. Come potrei mai rinunciare ad un intero pomeriggio insieme? –
Nessuno disse nulla, ma l'espressione di Jack fu molto eloquente. Aveva la faccia di un uomo sull'orlo di una crisi di nervi, con la mente già vagava verso le infinite possibilità che Micah possedeva per metterlo in imbarazzo. Questo gli provocava una tensione evidente alle tempie che rendeva tutto il complesso una situazione da cartone animato, sembravano proprio Beep Beep e Willy il Coyote. Nessuno disse una parola durante tutto il viaggio, io e Micah ci limitammo a lanciarci occhiate per tutto il tragitto. Aveva la mano sinistra fasciata, e dal modo in cui mi indicava Jack con lo sguardo intuii che anche lui aveva avuto la mia stessa idea per rendere il pomeriggio interessante.
Quando entrammo nel club mio padre chiese il campo ed un addetto ci scortò fino all'ampio prato dietro la struttura. I due avidi bastardi andarono avanti cominciando uno di quelli che mio padre chiamava "discorsi da uomini" e che io definivo " chiacchiere tra avidi bastardi". Io e Micah restammo più indietro.
- Di che parlano secondo te?- mi chiese, ridacchiando.
- Di soldi, di che altro? Mio padre ha accettato questo incontro solo per spillare dei soldi al tuo. –
- Il mio ha chiesto questo invito al club soltanto per comprare la simpatia di tuo padre e dei suoi amici ricconi con il nostro denaro, quindi è tutto nella norma. E tu invece? Come mai hai accettato questo incontro? –
- Non lo immagini? –
- Ah! – esclamò ridendo – il piccolo Ezra è diventato bramoso, siamo appena scampati ad un mezzo disastro e già ti butti in un nuovo progetto? –
- Che vuoi farci? Sono fatto così. E poi non ho mai avuto un compagno di giochi, è più divertente – commentai e questa volta mi unii alla sua risata- a proposito, com'è andata con gli sbirri? –
- Tutto bene. C'è mancato poco che finissi in galera ma alla fine me la sono cavata. Il carcere minorile può aspettare. –
- Cosa hai detto a Caroline? –
- Niente di che, lo giuro ... – rispose incrociando le dita sul petto – devo dire che l'hai strapazzata per bene. Se continui così la sua bella testolina finirà bella che fritta. –
- Chi ti dice che non sia quello che voglio? – lui si fece serio.
- Lo stesso che mi dice che quello che vuoi va ben oltre una ragazza in paranoia. Ezra, quanto disastroso vuoi che sia il tuo risultato? –
Stavolta toccò a me trattenere una risata, non gli risposi. Mi limitai a fissarlo dritto negli occhi e lui sembrò capire una verità muta e ben nascosta nella mia anima. Poi un tuono attirò la nostra attenzione. Le gocce di pioggia iniziarono a bagnare il campo e tutti rientrarono. Come prevedibile Jack e mio padre erano diventati grandi amici nel frattempo e quest'ultimo sembrava impaziente di discutere ancora con lui.
- Perché non finiamo il discorso nella sauna? – propose a Jack.
- Fantastico! – replicò l'altro ed entrambi lasciarono le sacche alla reception.
- Noi vi aspetteremo al bar della piscina. – dissi a mio padre prima di vederli allontanare verso la stanza.
Feci segno a Micah di seguirmi, ci dirigemmo verso la piscina, ma prima di attraversare l'arco che ci separava dalla sala entrammo in una stanza sulla destra. Gli feci segno di restare in silenzio e ci inoltrammo negli spogliatoio della sauna. Da lì si notavano a fatica le sagome immerse nel vapore dei due bastardi, eppure potevamo sentire le loro voci parlare concitatamente. Indicai a Micah la maniglia della porta e lui inserì il blocco esterno. Poi io mi accostai al termostato e girai la manopola della temperatura fino al massimo. Ci allontanammo in fretta assicurandoci che nessuno ci vedesse, alla fine andammo nella piscina interna, ordinammo da bere e ci accomodammo su due sdraio.
- Sai, credevo che non avrei ricavato niente di buono da questo pomeriggio, ma mi sbagliavo. Che si fa adesso? - chiese con sguardo eccitato.
- Si aspetta ... –
- Soltanto? – replicò un po'
- I danni collaterali richiedono tempo. –
- Beh, sarà anche divertente questo tuo metodo ma io preferisco godermele dalla prima fila le disgrazie di cui sono artefice. Non mi piace che qualcun altro se ne prenda il merito ... -
- Che posso dirti, ognuno ha i suoi metodi ... – commentai facendo spallucce e sorseggiando il mio bicchiere – potremmo usare questo tempo per parlare un po' del tuo grande piano.-
- A quale ti riferisci? Ne ho parecchi in pentola in effetti ... – poi sorrise e tirò dalla cannuccia.
- A quello per conquistare Liv, ovviamente! –
- Ah Liv – il suo sguardi si perse per un momento – quello va alla grande, sarà mia, Ezra. Lo è già ... –
- Ne sei proprio sicuro, eh? Il grosso cane da guardia non ti da pensiero? –
- Chi l'idiota del Football? Nah, è praticamente storia antica! –
- Mi riferisco al cane grosso e cattivo, il professor Pierce. Non ne sarà entusiasta, anzi credo proprio che ti farà la pelle! –
- Non temere, Roderigo, ho un piano che non può fallire! –
- Roderigo? Recitiamo Otello adesso? – commentai, divertito.
- Non ti sembra perfetto? Lei è proprio la mia Desdemona, mi basterà fare le scarpe allo stupidissimo Otello ed al fin troppo scaltro Brabanzio e lei sarà mia. Tu, mio prode Roderigo, mi darai una mano. –
- Caro Iago, sai che si tratta di una tragedia vero? Non c'è nessun lieto fine ad aspettarti. Questa tua ossessione ti causerà non pochi problemi -
- Proprio tu parli di lieto fine? È la vita ad essere una tragedia, Ezra, non metterti a sostenere il contrario! –
- Oh no, mi trovi fin troppo d'accordo. – mormorai portando la mia mente per un momento ad Ariette.
- Che mi dici tu? Parli di ossessione e se ne fossi innamorato? –
- Innamorato? –
- Esatto, chi lo sa cosa potrebbe fare un uomo per amore? –
- Direi anche mettere in scena l'Otello. – ribeccai quasi schernendolo.
- Touché – rispose poi si sporse verso di me e mi fissò negli occhi – visto che fai tanto il filosofo, per te cos'è l'amore? –
- L'amore? –
- Si, andiamo, come definisce l'amore il grande e saggio Ezra? – Micah poggiò delicatamente il mento sulle sue mani e mi fissò, con i suoi grandi occhi chiari.
- L'amore è cecità. – risposi sostenendo il suo sguardo.
Per un attimo rimase stupito dal tono sicuro e serio che usai, fu sul punto di replicare ma fummo interrotti. Una donna dello staff del club si presentò davanti a noi allarmata.
- Signori mi dispiace, un increscioso incidente ha coinvolto i vostri genitori, vi prego di seguirmi. -
Fu così che ci ritrovammo nell'infermeria della struttura a fissare la coppia di coglioni stesa su due lettini, rossi come due peperoni messicani, e la faccia del medico poi! Tutto intento a ricoprire i loro corpi di un unguento terribilmente maleodorante che avrebbe dovuto attenuare le escoriazioni. Dovetti trattenermi più del necessario per non scoppiare a ridere davanti a quella visione.
- Non so come sia successo – disse il medico avvicinandosi a noi – li hanno sentiti urlare. Erano nella sauna ma la porta era bloccata ed il termometro misurava la temperatura più alta. Sono molto disidratati, vi faremo riaccompagnare in taxi a casa. Non è nulla di grave ma devono stare al riposo per un po', senza perdere sole. Ho somministrato degli integratori ... potete aspettare fuori, ragazzi. –
- Oh, no la prego ... preferiamo di certo stare qui! – rispose il mio amico, mentre tentava disperatamente di nascondere la soddisfazione sul suo volto.
- Come preferite. Chiamatemi se avete bisogno di qualsiasi cosa. -
Il dottore lasciò la stanza ed io e Micah ci posizionammo su due sedie l'uno di fronte all'altro, praticamente sul punto di esplodere in una delle più fragorose risate mai sentite.
Passò mezz'ora e riuscirono ad alzarsi, erano parecchio confusi ma insistettero per essere accompagnati all'uscita.
- È stato terribile – borbottò mio padre – credevo di morire asfissiato lì dentro. Qualcuno dovrà pagare per quello che è successo. Farò causa al club, puoi starne certo ... non capisco davvero come sia stato possibile! –
Jack, a differenza di mio padre, non disse una sola parola. I suoi occhi seguivano i movimenti di Micah, era chiaro ... lui sapeva esattamente quello che era successo lì dentro. Lo vidi stringere i pugni spasmodicamente mentre Micah gli sfilava accanto con nonchalance, poi con uno scatto veloce lo afferrò al braccio e avvicinò la bocca al suo orecchio.
- Io non ho fatto niente! – commentò Micah ad alta voce.
Vidi mio padre voltarsi verso di noi e fissarci con espressione confusa. – Che succede qui, Jack? –
Quello tossì forte e scosse la testa. – Niente, Charles. Andiamo a prendere il taxi. – e così aveva dovuto mandare giù uno dei bocconi più amari di tutta la sua vita!
- E' proprio una pessima giornata per lui questa ... - sghignazzò Micah che adesso mi stava accanto, gioioso più che mai. Poi tirò fuori una mazza da golf dalla sacca e l'accarezzo, sorridendo appena.
- Ehi Jack! – chiamò, attirando l'attenzione dell'uomo, quasi in auto adesso. – Sia con il fucile o con il coltello morire può essere bello! - citò, passandosi la mazza dietro le spalle e tenendola ferma con i polsi.
Funny Games, era davvero tipico di Micah. Negli occhi di Jack si riaccese il fuoco ma quando posò lo sguardo su di me nel suo viso apparve un espressione indecifrabile. Stupore misto a paura forse? Magari dovuto al fatto che anch'io lo stavo osservando con lo stesso identico sguardo con cui lo fissava Micah. Magari perché aveva visto che a giocare a questo gioco tanto divertente c'erano decisamente fin troppi lupi travestiti da agnelli.
DIMITRIJ
Era quasi ora di andare all'appuntamento, presi lo zaino con la roba e scesi di sotto, mia madre era ancora a lavoro. Uscii di casa e feci qualche passo nel vialetto, mi bloccai subito però. C'era qualcuno sdraiato nell'erba e fissava il cielo immobile.
- Zieg? –
- Ehi ... – mormorò quasi assente.
- Che ti succede? –
- Non lo so, non riesco a muovermi. Saranno le consapevolezze che mi schiacciano a terra ... non è la gravità a spingerci giù, Dimitrij, sono loro, capisci? –
- Cazzo, sembra che ti abbiano violentato! – dissi a mo di battuta ma lui non rise. – E smettila di delirare! -
- Può essere, sai credo che la mia anima sia stata violentata. Il mio io. –
- Ah, ecco – mi piegai in ginocchio - e tutto questo sconvolgimento è dovuto ad un tipo belloccio che ti gira intorno di recente? – lui drizzò la schiena in un lampo e mi fissò con la faccia rossa.
- Che dici!? Di che parli!? –
- Calma, calma. Guarda un po', Ziegers Deveroe che va fuori di testa per una domanda innocente! –
- Innocente? Niente di questa dannata serata lo è stato! – disse con un tono preoccupato e quasi colpevole. Allungai una mano e l'appoggiai sulla sua spalla.
- Zieg, non so i dettagli e non so se vuoi parlarne o meno ma non c'è niente di male. Qualunque cosa sia, se ti fa stare bene, falla. Non dubitare mai, né di me né di chi ti vuole bene. Non c'è niente di male o di sbagliato. –
- Grazie ... – mormorò.
Accennò un sorriso che cercò di nascondere guardando altrove ed io passai oltre. C'era una faccenda che richiedeva la mia attenzione e la priorità quella sera.
Il luogo dell'incontro era una vecchia stazione di benzina non lontano dal capanno nel bosco. Era una zona poco trafficata al limite della città ed era perfetta per quel genere di affari, niente passanti, niente polizia e nessuno sarebbe saltato fuori all'improvviso. Quando arrivai mi sembrò deserto, la luce bianca che illuminava lo spazio non rivelava nessun fighetto ad aspettarmi ma quando la mia figura fu illuminata dalla luce sentii qualcosa. Un rumore di sportelli che si chiudono e dopo un gruppo di uomini apparve davanti a me. Non erano decisamente i tipi che stavo aspettando e qualcosa mi disse che nessun altro si sarebbe fatto vivo in quel posto sperduto.
- Dimitrij Harris, presumo. – disse quello più avanti, doveva essere il capo.
- Visto che sono in svantaggio numerico perché non ti presenti prima tu ... – replicai, l'ansia iniziava a farsi strada dentro di me.
- Come, inizi un'attività senza conoscere il tuo principale concorrente? –
Al suono di quelle parole il mio corpo tremò, allora era come pensavo. Quello che avevo davanti era Nick il Ragno, il capo della piccola criminalità di Woodland Hills. Quello che gestiva ogni traffico che esisteva in città, droga, prostitute, gioco d'azzardo, riciclaggio. Lui era il capo ed era venuto a sapere di me.
- Cosa c'è il gatto ti ha mangiato la lingua, ragazzo? –
- Che vuoi? –
- Che voglio? – rise – beh, vorrei che dei dilettanti mocciosi non si mettessero a spacciare nel mio territorio fottendomi i clienti, ad esempio. – fece un passo avanti – Come la mettiamo? –
- Come vorresti metterla? –
- O ti ritiri o mi dai una percentuale sui tuoi guadagni, piccolo idiota. -
- E se scegliessi la terza opzione? – mi tremavano le gambe, ma non potevo cedere, non sapevo quanto tempo sarebbe passato prima che la mia testa detonasse e volevo quei soldi per mia madre.
- La terza opzione è per gli idioti ed i suicidi, sei tra questi? – al suono di quelle parole mi venne quasi da ridere e tutta la tensione accumulata lasciò il mio corpo in una volta.
- Sono già morto. – risposi.
Per tutta risposta lui fece un cenno della mano e i suoi uomini mi furono addosso. Non riuscivo neanche a rendermi conto da che parte mi stavano colpendo ma lo facevano duramente. Fui a terra presto ed il dolore mi ricopriva interamente, cercai di trattenere i lamenti ma ad ogni colpo era sempre più difficile. Ad un tratto smisero di colpirmi e sentii lo scricchiolio delle scarpe di Nick avvicinarsi. Mi distesi sulla schiena o lo guardai osservarmi dall'alto con un espressione compiaciuta.
- Ascoltami bene, ragazzo, non ti conviene fare l'uomo con me. Qui non siamo a scuola, non hai a che fare con i tuoi amichetti. Si fa sul serio qui, se non giochi secondo le mie regole muori. –
- Fanculo. –
- Davvero? Che ne pensi di farci due conti, Harris? Sappiamo chi sei e dove vivi, che ne diresti se facessimo un improvvisata a tua madre dopo il lavoro? O magari riaccompagnassimo quello schianto di ragazza che hai a casa dopo la scuola? Che ne diresti se passassimo a ferro e fuoco tutti quelli che conosci? vuoi giocare al tavolo dei grandi, accomodati. Ma ti avverto, perdere tutto è semplice. –
Quando il mio sguardo si tramutò da spavaldo a distrutto fu soddisfatto e se ne andò. Mi lasciò così, sdraiato e sanguinate a terra. Cosa stavo facendo? In cosa mi stavo cacciando? Per cercare di aiutare le persone a me care stavo per mettere tutte loro in serio pericolo, mi sarei davvero spinto così oltre? Cercai di tarmi su e lentamente mi avviai verso la città. Come potevo fermarmi adesso e lasciare tutto così? Centinaia di domande mi affollavano la testa e l'unica consapevolezza che avevo guidò il mio corpo verso il capanno. Non potevo tornare a casa ridotto così, sarei rimasto lì c'era una piccola branda su cui sdraiarmi. Volevo solo sistemare le cose, solo rendere tutti felici alla fine, avrei sopportato tutto quanto per far si che ciò accadesse. Li avrei protetti, sarei morto per loro. Quando arrivai mi sdraiai sul lettino e chiusi gli cocchi. Il corpo mi faceva male ed anche la testa. I loro volti mi passarono davanti nel buio, mia madre, Alice, Zieg, erano importanti per me. Cosa avrei dovuto fare? In quel momento andare avanti era l'unica cosa che riuscivo a pensare, l'unica azione che il mio corpo contemplasse. Se volevo giocare avrei dovuto imparare a perdere. Avrei perso allora, per sedermi a quel tavolo verde dove si gioca pesante, dove si gioca con le vite degli altri. Mi sarei seduto ma avrei perso tutto prima di iniziare a giocare, prima di mettere davvero in pericolo qualcuno, sarei stato solo. Avrei messo in gioco solo una vita.
ANGOLO AUTRICI: Eccoci qui! Pronte con un nuovo capitolo tutto per voi! :) Innanzittutto vi volevamo ringraziare, questa settimana ci avete proprio riempito non solo di recensioni e visite, ma anche di gioia! Non possiamo fare molto per ringraziarmi, eccetto provare a donarvi un sacco di colpi di scena e momenti emozionanti con i nostri quattro ragazzi! Quindi ci impegneremo al massimo per voi!
Ah, la frase che Micah cita nel paragrafo di Ezra è tratta da "Funny Games", uno dei nostri film preferiti! E lo consigliamo anche a voi se non l'avete già visto.Un bacio enorme a tutte!
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THOSE BAD ANGELS
Narrativa generaleLontano dalle luci e dal chiasso della città più bella e trasgressiva della California, Los Angeles, sorge Woodland Hills. In questa cittadina, tra la monotonia della routine quotidiana e qualche avvenimento non degno di nota, quattro ragazzi sono i...