Capitolo 15

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"I fiori sulla tomba del nemico hanno sempre un profumo inebriante."

Stanisław Jerzy Lec

MICAH

- Ed è proprio grazie all'arrivo di una compagnia teatrale che Amleto potrà mettere alla prova le reali intenzioni del re Claudio, solo così egli riuscirà a capire se le parole del padre, apparso sottoforma di spettro, siano reali o solo un tentativo da parte di un demone di assassinare il re. - poi la campana suonò e Pierce finalmente chiuse la bocca. Sentivo il suo sguardo su di me mentre raccoglievo la mia roba e la infilavo nello zaino. Ero stato l'unico della classe a muovermi. - Studiate i primi tre atti della tragedia, inoltre esigo una relazione di almeno cinque pagine su un personaggio a vostra scelta, ovviamente tra quelli che trovate qui dentro. Visto che abbiamo un elemento come Larssen in questa aula è sempre meglio specificare. -
- Ah, non si preoccupi. L'ultima volta che ho svolto i suoi compiti per casa è stata ... ah, no ... in effetti non l'ho mai fatto. - gli risposi di rimando, facendo spallucce.
Tutti stavano trattenendo il respiro, come sempre. Ma Pierce non sembrava turbato, anzi vidi le sue labbra piegarsi appena in quello che doveva essere un sorriso. - Ah, crede di fare uno smacco al sottoscritto non studiando, signor Larssen? Mi creda quando le dico che non me ne potrebbe importare meno della sua situazione ... sarà triste, non è così? Vedere i suoi amici diplomarsi, andar via da questa città, mentre lei ... lei resterà qui, bloccato al quarto anno. Con me.-
Quel "suoi amici" poteva benissimo venir tradotto con "Liv". Ed eravamo entrambi consapevoli di quello che Pierce stava cercando di dirmi.
Ti porterò via mia figlia, Micah, mentre tu rimarrai qui, a rigirarti nei tuoi enormi fallimenti come un maiale che si rivolta nel fango. Ecco cosa sarebbe uscito dalle sue labbra se non avesse cercato di camuffare quelle parole.
Presi lo zaino e me lo misi in spalla. - Ognuno raccoglie ciò che semina, non è così che si dice? Beh, a domani professor Pierce.- lo salutai prima di immergermi nel corridoio fitto fitto di gente.
Ezra era scomparso, c'era qualcosa che non andava, l'avevo sentito così agitato al telefono, così non da Ezra ... beh, il tipo francese avrebbe potuto dargli dei grossi grattacapi, ma non aveva voluto spiegarmi altro. L'avrei dovuto scoprire io il resto, come sempre in fin dei conti.. E l'avrei fatto prima o poi, forse più prima che poi, pensai, quando i miei occhi incontrarono quelli di Ariette, ferma dall'altra parte del corridoio. Aveva una brutta cera, sembrava che avesse pianto di recente, la vidi armeggiare nervosamente con l'armadietto, poi mi feci notare.
- Signorina Meyer, come va la vita? -
Ariette sorrise appena, ma il suo fu un sorriso di circostanza. - Tutto bene. A te? Hai finito con le lezioni? -
- Sì, beh ... no, ma chi ha più voglia di rimanere in questo posto? Sembra che tutti siano altrove oggi. - risposi, confuso.
- E' così. C'è una conferenza, hanno riunito i migliori studenti di ogni anno. Se con quel "tutti" ti riferisci ad una certa ragazza mora, con due grandi occhi verdi e un padre alquanto incazzato ... beh, anche lei è lì. -
Questo spiegava molte cose. - Con tuo fratello, scommetto! Ah, la vita della gente intelligente deve essere terribilmente piatta. Per fortuna noi l'abbiamo scampata. - stavolta Ariette sorrise sul serio, poi chiuse l'armadietto e prese lo zaino. Stava per ribattere qualcosa quando improvvisamente un ragazzo alto si frappose tra noi due. Sollevai il sopracciglio. Lo conoscevo. Era Pierre.
- Ariette, tuo padre mi ha detto di portarti a casa. Sai, mi ha generosamente prestato la sua seconda auto. Visto che abbiamo entrambi finito, che ne dici se cominciamo ad andare? - parlò in un inglese quasi perfetto, non così tanto da mascherare la sua provenienza però. Fissai Ariette e la vidi sussultare visibilmente.
- Non importa. Aspetterò Ezra. - ribatté, secca.
Pierre inspirò forte. - Tuo padre mi ha esplicitamente chiesto ... -
- Non hai sentito quello che ti ha detto, per caso? Cos'è non li usate i cotton fioc in Francia?- soltanto in quel momento i suoi occhi si puntarono nei miei. Talmente arrogante da fingere sorpresa nel sentire le mie parole.
- E tu ... chi saresti? - le sue labbra sottili si aprirono in un sorriso viscido. Odioso.
- Il vicino figo. Quello che ruba sempre la ragazza a chiunque. -
Pierre rise forte. - Come dici? Andiamo, Ariette. - allungò il braccio verso il polso della ragazza che però si ritrasse velocemente dalla sua presa.
- Non mi toccare, cazzo. - i suoi occhi chiari, così simili a quelli di Ezra, brillarono di pura rabbia. Non mi era mai sembrata così simile a lui prima di quel momento.
- Ti porto io a casa. Vieni. -
Ariette non se lo fece ripetere due volte, andammo via da lì, seguiti dallo sguardo pieno di rancore di Pierre.
- Quel bastardo ... i suoi genitori e i miei ... continuano a tramare alle nostre spalle, come se non fossimo nient'altro che merce di scambio. -
- E' quello che siete per loro. - dissi seccamente, vidi lo sguardo di Ariette rabbuiarsi ulteriormente. - Cioè, non voglio dire che non ci sia altro oltre questo, forse sotto sotto a qualcuno di loro importa qualcosa, ma l'attaccamento al denaro, alla propria posizione nella società ... è più forte ed importante di qualsiasi altra cosa in circolazione. Perfino dei loro stessi figli. -
Ariette annuì lentamente. - Sai, a volte vorrei non essere mai nata. -
- Capisco. -
- Micah, puoi lasciarmi qui in centro? Non voglio tornare a casa ... sono certa che lo troverei lì. -
La guardai, e per la prima volta percepii qualcosa simile alla paura nel suo sguardo. - Senti, rimarrei con te sul serio, ma ho un fottuto appuntamento con la Sullivan tra poco ... -
La vidi annuire. - Lei è una grande amica di mamma, non è male, sai? -
Eccome se lo sapevo. Dio Ezra aveva interceduto in nome della loro grande amicizia e mi aveva anche risolto un problema, come minimo potevo avere la decenza di occuparmi della sorella, adesso. - Sai che ti dico? Andiamoci insieme, non le dispiacerà vederti. -
Ariette sgranò gli occhi. - Non voglio essere un disturbo, puoi lasciarmi qui ... davvero. -
- Non sei un disturbo, considerala una simpatica gita fuori porta. -
Misi la musica e ci incamminammo lungo la superstrada che ci avrebbe portati dritti dritti nell'enorme villa-studio della dottoressa Sullivan, la mia nuova migliore amica. Nessuno dei due accennava a parlare, ci stavamo godendo il relax di quel primo pomeriggio soleggiato, con il cielo terso e luminoso sopra le nostre teste e la strada affollata davanti a noi.
- Ezra ti terrà al sicuro. -
- I- io lo so ... -
- Ed è quello che ti preoccupa. - conclusi, certo di aver azzeccato anche quella volta.
Vidi i suoi occhi vagare lungo il paesaggio, non mi aspettavo alcun tipo di risposta, a dire il vero.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora