Capitolo 38

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"Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto."  RICHARD BACH


MICAH

Quel pomeriggio Liv ed io lo trascorremmo sullo strapiombo sul mare dove ci eravamo baciati per la prima volta. La scelta la fece sorridere, poi tirò fuori un contenitore con dei biscotti al cioccolato dentro, mentre io sistemavo il plaid intorno e sotto di noi.
- Questi li ho fatti io. - me ne allungò uno ed io lo morsi direttamente dalle sue mani.
Risi. - Mmm, deliziosi. Non è che tuo padre ti ha aiutato, vero? -
- Oh, ti prego ... credi che te li avrei fatti provare in quel caso? - finimmo entrambi per ridere, l'uno stretto all'altro.
Era una giornata fantastica, il cielo era terso e luminoso, come in piena primavera, e le nuvole rade creavano dei motivi fantasiosi.
Se fossi stato un bambino avrei trovato qualche somiglianza, ma adesso era come se avessi perso perfino la capacità di sognare.
- A che pensi? -
- A quando ero bambino ... passavo giornate intere a fissare il cielo, sdraiato con le spalle sull'erba del giardino. Mi lasciavo incantare dal volo perfetto degli uccelli, quanto avrei voluto essere uno di loro. Libero, incurante di ciò che succede intorno a me ... -
- E poi cos'è successo? Quando hai smesso? - sentivo la spalla di Liv accanto alla mia, si era sdraiata con me.
- Lo sai, beh la morte di un genitore decreta la fine della tua infanzia. -
- Ci pensi mai a come sarebbe stato se loro non fossero morti? - anche lei fissava le nuvole adesso, a quanto pare qualcuno qui non aveva perso la vena sognatrice tipica dei bambini.
Liv era incredibile proprio per questo, perché nonostante il terribile dolore di una perdita del genere, era cresciuta come la persona che era prima che sua madre le fosse strappata via. A differenza mia.
- Se tuo padre fosse stato vivo non saresti qui adesso ... - disse lei con un pizzico di tristezza nella voce.
- Già, e Jack non sarebbe mai entrato nella nostra vita, né Carl. Avrei vissuto in Francia. - Forse sarei diventato una persona migliore di questa, pensai, ma non lo dissi ad alta voce. Non nutrivo grandi speranze, in effetti. C'era qualcosa che non andava ed era dentro di me, indipendentemente dai miei trascorsi burrascosi con il resto dell'umanità. - E con ogni probabilità non ci saremmo mai incontrati. -
Liv nascose il suo viso contro il mio petto, mugolando. - E invece magari sarei venuta in vacanza a Parigi, mia madre e mio padre ci sono stati per il viaggio di nozze, ma lei giurava di volerci ritornare prima o poi. -
Risi forse. - Beh, non è poi così piccola Parigi. Dici che ci saremmo beccati in giro? -
- Ovviamente. Smettila di non credere al destino. - gli occhi verdi di Liv brillarono, seminascosti dal plaid, mi venne voglia di avvicinarmi, attirarla ancora un po' a me e baciarla, ma mi fermai. Dovevo andarci piano, volevo che fosse lei a scegliere in che casini ficcarsi.
Dovette intuire il mio sguardo, perché attirò la mia mano alla sua. - Tutte le persone della tua vita ... a volte non credi che siano qui per un motivo? Deve essere tutto scritto, Micah. -
- Cazzo, allora credo di essermi beccato Stephen King come autore del mio destino. - risi forte, Liv scosse la testa, divertita.
- Ti prego, non nominarlo. Mi fa venire in mente mio padre. - sussurrò lei, ma stava ridendo.
- Perché? E' un appassionato di Stephen King? -
- Non direi, tutto il contrario. Afferma che non comprerebbe mai e poi mai dei libri che puoi trovare scontati al supermercato, accanto alle ricette di cucina. -
- Tipico di Pierce! Allora, era davvero una persona migliore prima? - chiesi, curioso e anche un po' scettico.
- Sai, quando hai detto che la morte di un genitore ti porta a crescere in un solo istante, credo che la morte di mia madre abbia toccato più la sua crescita che la mia. - Liv sembrava pensierosa. - Ti suonerà incredibile. Stento a ricordarlo anch'io ... -
C'era qualcosa sul suo volto, una preoccupazione nascosta da un sorriso, ma visibile ai miei occhi.
- C'è qualcosa che non va? - Mi voltai completamente verso di lei, incrociando le mie dita con le sue.
Lei scosse appena la testa. - Tra qualche giorno dovrò fare una sorta di colloquio con il preside di una scuola prestigiosa a Philadelphia. A mio padre farebbe piacere se la frequentassi per qualche mese, hanno un corso di preparazione per le grandi università davvero interessante ... ho dato un'occhiata veloce al depliant. - spiegò, i suoi occhi evitavano i miei.
Ed ecco che Pierce aveva fatto la sua mossa, e a giudicare dallo sguardo di Liv doveva conoscere i gusti e gli interessi della figlia.
- Bene, quando parti? -
- I-io non so neppure se mi prenderanno. -
- Andiamo, non fare la modesta, Liv! Sei intelligente e studiosa e tuo padre farebbe di tutto per farti avere quel posto. -
Avevo ragione e lo sapevamo entrambi. Inutile aggiungere altro.
- Il colloquio è sabato. Mio padre è andato a parlare con il suo amico, quando tornerà a casa mi farà avere altre notizie. - poi guardò l'orologio. - A proposito, dovrei andare ... -
Annuii lentamente, poi mi mossi come un automa, raccolsi il plaid, lo arrotolai e lo richiusi nella busta, sentivo lo sguardo di Liv su di me, come se fosse in cerca di un cedimento o qualcosa che poteva rivelarle i miei sentimenti al riguardo.
Non volevo che andasse via, non volevo darla vita a Pierce, ma non le avrei detto assolutamente nulla, anzi. Lei desiderava quell'opportunità, pensava già ad un futuro diverso, lontano da Woodland e sapevo quanto doveva averlo sognato.
- Micah, va tutto bene? -
- Certo. Però fammi sapere come andranno le cose, ok? -
Liv sorrise appena. - Certo. - stava per andare verso la sua auto, ma io mi ritrovai a rincorrerla. La fermai, attirandola a me con il braccio. E al diavolo tutte le buone intenzioni di andarci piano, probabilmente quello sarebbe stato il nostro ultimo bacio o incontro.
Liv dovette leggermi negli occhi, si lasciò baciare, aggrappandosi a me come se non avesse atteso nient'altro. La baciai a lungo, assaporando quel momento che temevo sarebbe stato l'ultimo.
- Credevo non ti piacessi più ... - sussurrò sulle mie labbra.
La guardai, confuso. - Cosa? Perché? -
- Perché non ci avevi più provato da quella volta in macchina ... -
- Io volevo soltanto darti una sorta di via d'uscita da questa relazione strana ... però credo di non esserci riuscito fino in fondo, dopotutto. - l'avevo trascinata con me sulla passerella durante la sfilata, giocando carte false per poter stare al suo fianco soltanto due settimane prima. A chi volevo darla a bere?
- Sei una persona terribilmente complessa, Micah Larssen. - poi mi baciò ancora una volta.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora