Capitolo 50

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"Ognuno dovrebbe perdonare i propri nemici, ma non prima che questi siano impiccati." Heinrich Heine 

MICAH

Fissavo gli alberi scorrere veloci intorno a me fino a diventare una macchia verde indistinta da tutto il resto che faceva sfondo a quel paesaggio. La pioggia picchiettava sul parabrezza in modo costante, l'atmosfera fuori era un po' come quella che sentivo dentro di me. Un infinito e tedioso inverno.
- Lo faremo davvero? - la voce di Ezra mi giunse inaspettata, per un attimo avevo perfino dimenticato che lui fosse lì, seduto al posto del passeggero, con gli occhi puntati sulla strada.
Sapevo a cosa si riferiva, doveva averci pensato praticamente tutto il giorno e non potevo biasimarlo per quello.
- Beh, sì ... andrò fino in fondo, questo è il mio disegno. -
- Parli come se ti aspetti che io abbia intenzione di tirarmi indietro all'ultimo istante. -
- Non fare il ferito, Ezra, voglio soltanto che tu ti senta libero di fare ciò che meglio credi, non ti sto chiedendo poco e lo sai. -
Il silenzio tornò a regnare sovrano, mancava poco all'ufficio della Sullivan ormai, quel pomeriggio toccava a me e a Jack, mia madre era stata esentata da quello spettacolino ipocrita messo su da quella psicologa da quattro soldi.
- Poi? Cosa faremo? Cosa ne sarà di noi? -
Un attimo di tentennamento. - Personalmente non intendo trascorrere il resto della mia vita in prigione ... - non aggiunsi altro, Ezra era intelligente, avrebbe capito.
- Neanch'io. -
- Allora suppongo che lo sappiamo entrambi come andrà a finire. L'unica cosa che serve è il coraggio e quello, di certo, non manca. -
Sentii un brivido percorrermi la schiena mentre pronunciavo quelle parole, avevo condiviso il mio progetto con qualcuno, con l'unico che avrebbe potuto capirlo ed appoggiarlo pienamente.
- Hai già pensato a come faremo? - Ezra parlava con voce neutra, come se stessimo affrontando un discorso da nulla.
- In parte sì. - era vero, vedevo quella scena ogni notte, non nei miei sogni perché non dormivo poi molto, ma nella dormiveglia che precede un sonno agitato, l'unico che potevo permettermi. - So che darò una possibilità a Dio, se davvero esiste, se davvero gli importa di qualcuno, qui su questa terra desolata, gli darò l'opportunità di fermarci, di stroncare le nostre vite prima che saremo noi a mietere vittime. -
Ezra annuì piano.- I fucili di Dimitrij potrebbero tornarci utili. -
- Non ha senso pensarci adesso, no? Quel ragazzo ... non credo di averlo ancora capito a dovere. - ammisi, mentre facevo qualche manovra di parcheggio e infilavo la mia auto tra altre due macchine.
- E' tornato con Alice, non farà delle sciocchezze, lui non si è liberato della sua ancora di salvezza, Micah. -
Ezra aveva ragione come spesso accadeva. - Adesso capisco perché tu abbia deciso di rivelare ogni cosa a Liv. - aggiunse un attimo dopo.
Stavamo smontando dall'auto, entrambi ci coprimmo il capo con il cappuccio della felpa, continuava a piovigginare incessantemente. Avevo scelto io quella via, l'unica che avevo reputato possibile per uno come me.
Mi chiesi cosa stesse facendo in quel momento, volevo immaginarla a girare meravigliata in una di quelle biblioteche cittadine immense, con pile di libri che sembravano toccare il cielo, seguita e ammirata dal suo nuovo gruppo di amici, gente che l'avrebbe fatta sentire amata, così come lei meritava.
Lontano da Pierce, lontano da me ... sarebbe sopravvissuta, avrebbe iniziato una nuova vita all'insegna dell'indipendenza da ogni legame stretto in passato.
- Lui è condannato alla morte, Micah, credo che alla fine verrà con noi, dopotutto cos'ha da perdere? Non ha futuro, non può neppure essere operato ... -
Feci spallucce. Alla fine ci ritrovammo di fronte al portone della villa, Ezra si sedette sulla scalinata laterale, coperta da una tettoia.
- Non vuoi entrare? -
- Nah, non ho voglia di vedere quell'idiota della Sullivan. Inizierebbe a parlarmi di mio padre, di quanto farebbe piacere a tutti se tornassi a casa, preferisco evitare. -
- Beato te, personalmente sarò costretto a vederla una seconda volta stasera. - biascicai, irritato.
- Inaugura il suo nuovo ufficio? E' stasera? Ci saranno i miei genitori, suppongo, e anche Ariette.
- Già, e udite, udite ci sarà anche la famiglia Larssen al completo. Cosa mi tocca fare ... - stavo per entrare quando improvvisamente la mia attenzione fu attirata da un movimento dall'altra parte della strada. Jack stava smontando dalla sua auto, lo vidi aprire l'ombrello e dirigersi a passi svelti verso l'entrata.
- La sua mano ... -
- A quanto pare ha ripreso a guidare ... - completai, lanciando un'occhiata ad Ezra che a sua volta fissava Jack.
- Cosa ne farai di lui? -
Era una bella domanda a cui seguiva una bella risposta. - Farò ciò che fanno i gatti con le loro prede. L'ho ferito, ma adesso gli darò l'impressione di aver finito con lui, lo farò allontanare, gli farò recuperare un po' di terreno e quando penserà di essere ormai al sicuro, prossimo alla vittoria, lo raggiungerò e a quel punto sferrerò il mio ultimo attacco...e sarà letale. -
Ezra rise piano, Jack era riuscito a raggiungerci nel frattempo, ci fissò con la sua appena ritrovata aria boriosa. - Ragazzi ... -
- Signor Larssen. - rispose il mio amico, l'espressione dipinta sul volto di Ezra era spaventosa.
Entrai lì dentro, con un unico, solito proposito: fare il bravo, tenere duro per qualche altra seduta soltanto e poi, se fossi stato abbastanza fortunato, la Sullivan avrebbe deciso di lasciarci andare tutti a quel paese.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora