Capitolo 13

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"Stiamo tutti scontando una condanna a vita nella segreta dell'io."  Cyril Connolly  

MICAH

Stavo appena tornando a casa da scuola abbastanza soddisfatto da quella giornata, era stata poco educativa e tanto divertente. Ricordai il volto paonazzo di Pierce mentre mi interpellava sul concetto dell'amore in Romeo e Giulietta e stava a sentirmi ... doveva aver capito, eccome se aveva inteso, pensai, sentendomi montare dentro un senso di soddisfazione inspiegabile. Aprii la porta di casa e mi guardai intorno, c'era un tipo mai visto seduto in salotto e, appena mi vide, balzò in piedi, protendendo la sua mano verso la mia. Era giovane, sui trenta, aveva una valigetta e l'aria di uno completamente fuori posto. Un venditore porta a porta?
- E lei chi è? Anzi non voglio neanche saperlo. - dissi un attimo dopo mentre prendevo le scale e lasciavo lo sconosciuto dove l'avevo trovato.
- Sono il professor Adams. Il suo nuovo insegnante privato ... -
Mi voltai, improvvisamente tutto si faceva chiaro. - Ah. E che ci fa qui? -
Quello mi fissò, confuso. - Avrei dovuto tenere la mia prima lezione con lei questo pomeriggio, credevo lo sapesse ... -
- Ah, no, qui in casa mi evitano come la peste da quando il mio patrigno ha scoperto di non poter più operare per via della mia coltellata alla mano. -
Vidi il professor Adams mentre tentava disperatamente di dire qualcosa di sensato, di certo non si aspettava niente del genere.
- E potrebbe anche denunciarmi, ci crede? Comunque per le lezioni ho sistemato la cosa. Non ho bisogno di lei. - dissi con un sorriso incoraggiante sul volto.
- Beh, ma sua madre mi ha già pagato ... - finalmente era riuscito a proferir verbo ed era tenace, a quanto pare.
- Sì, beh ... si goda i soldi, ne hanno molti, potrà spillarne un sacco. Deve solo reggermi il gioco e far finta che mi stia dando delle lezioni. -
- Cosa? Ma non potrei mai ... - il tipo parlava e parlava, aveva il volto paonazzo e sembrava terribilmente imbarazzato. Dio, professor Adams, si tolga dalle palle, stavo per dire, ma poi sentii il mio cellulare vibrare nella tasca dei jeans, così lo presi e notai con enorme sorpresa che Liv mi stava chiamando.
Oh, la mia dolce Giulietta sentiva già la mancanza del suo Romeo? Dopotutto non ero riuscito a beccarla per i corridoi quella mattina ...
- Ehi ... che ti avevo detto? Non puoi stare senza il tuo ragazzo di New York preferito! - iniziai, con il tono di voce più suadente che conoscevo, di rimando dovetti allontanare il cellulare dalle mie orecchie con il rischio di permanenti danni all'udito. Sbattei le palpebre, Liv urlava ... urlava contro il sottoscritto.
- Voglio saperlo. Devi dirmelo. - disse alla fine, quasi senza fiato dopo un minuto buono di parole urlate e impossibili da capire. L'espressione sul volto del professor Adams era confusa quanto la mia.
- Denoto che potresti avercela con me ... -
- Denoti bene! Che cosa hai detto o fatto a mio padre? Non l'ho mai visto così furioso in diciassette anni di vita. Gli hai parlato di me? Di noi? -
- Ah, ma allora c'è un noi ... - ghignai, piano ma non abbastanza da non farmi udire.
Liv urlò di nuovo. - Stai zitto, Micah, o giuro che ti ammazzo. Peggiori sempre le cose. Voglio sapere cos'è successo! -
- Devo stare zitto o devo parlare? Sono un po' confuso. -
Se mi avesse avuto davanti probabilmente mi sarei beccato più di uno schiaffo, ma ecco qual'era una tra le migliori invenzioni del ventunesimo secolo: la tecnologia.
- Mi ha detto che non si fida di me, che mi circondo di gente sbagliata nonostante lui faccia di tutto per proteggermi e che da ora in poi non avrò la sua fiducia. - la sua voce era flebile adesso, potevo percepire la disperazione che stava provando e mi odiai ... mi odiai perché non riuscivo mai a tenermi nulla dentro, perché sentivo costantemente il bisogno di sconvolgere tutto e tutti con le mie insinuazioni del cazzo. Ma ancora più di me stesso odiavo quel bastardo di Pierce.
- Gli hai detto d-di quei baci, Micah? Del fatto che abbiamo passato del tempo insieme? -
- No, cazzo, no ... non ho detto nulla del genere, avrò fatto qualche allusione ma non mi sono spinto a tanto. Non lo farei ... - non adesso almeno, pensai, con una strana sensazione bruciante nel petto ... era odio e rancore verso quello stronzo di Pierce. - Deve aver capito male. -
- Non ha importanza, sono comunque finita. Non è mai stato un tipo molto liberale, l'avrai capito, ma adesso ... -
- Adesso cosa? Lasciami venire da te, so che lui è ancora a scuola ... -
- Cosa? Ma allora non hai capito proprio nulla di quello che continuo a ripeterti da due settimane a questa parte? Devi starmi lontano. -
Mi infuriai. - Non ho capito un cazzo, ma forse perché le tue azioni non corrispondono alle tue parole! Ci hai mai pensato? - avevo alzato la voce, tanto da far preoccupare il professor Adams che mi fissò con sguardo perplesso.
- Stia tranquillo, sono soltanto delle stupide scaramucce tra innamorati. - gli dissi, sorridente.
- Scaramucce tra innamorati? Vai a quel paese, Larssen! - urlò Liv. Eppure sembrava un po' più calma, pensai, mentre mi ritrovavo a parlare da solo come un idiota. Aveva staccato, così non mi rimase che tornare in stanza e riflettere sul terribile danno che avevo provocato.
- Signor Larssen? -
Mi voltai ancora una volta verso quel tipo di cui avevo dimenticato perfino l'esistenza. - Senta, non ho voglia di giocare a scolaretto e insegnante, non è la giornata adatta. Pensi alla mia proposta, rifletta attentamente ... se è furbo non rifiuterà. - poi salii le scale e presi per camera mia, sentendomi un po' come un mafioso italo-americano alle prese con un subordinato.
Ero terribilmente triste e frustrato, inizialmente parlare in quel modo a Pierce mi aveva fatto sentire un Dio, ma adesso ... col senno di poi ... non che avessi mai avuto molto senno, però era stata una mossa avventate e controproduttiva quella. Presi una sigaretta dalla giacca appesa all'armadio e mi sedetti sul parapetto della finestra, avevo bisogno di aria. L'accesi, un'esplosione di rosso e arancio proprio come quello del cielo in quell'istante.
- Ehi, Giulietta, mi stavi aspettando? -
Sorrisi. Ezra mi fissava dalla sua finestra, i raggi del sole ormai morente coloravano di rosso i suoi capelli altrimenti neri come la notte. Aveva il suo solito sguardo meditabondo.
- Che ti prende? Hai la faccia di uno che ha appena subito la peggiore sconfitta che possa esistere. -
- Ho fatto un casino, amico. Un fottuto casino. - risposi, scuotendo la testa.
- Jack e le sue Jackate? - mi chiese, abbassando un po' la voce.
- Magari! Quell'enorme figlio di puttana è caduto in depressione da quando ha scoperto di non poter più operare a causa mia, quindi per un po' ce l'avrò fuori dai piedi. A proposito di Jack, mi sa che non te l'ho ancora detto, ma forse mi denuncerà. -
Vidi il disappunto sul viso di Ezra. - Avresti dovuto tagliarli la lingua allora. -
- Cazzo, ho più denunce io che Naomi Campbell! - dissi, e non riuscii a trattenermi dal ridere, anche Ezra si unì alle risate generali. - Comunque ho fatto un casino anche con Liv. Quel bastardo di Pierce le ha detto delle cose ... -
- Non vuole più vederti? -
- Beh, non che prima facesse i salti di gioia quando provavo ad avvicinarmi a lei, ma credo che adesso mi odi proprio. -
- Non considerando il fatto che continua ad essere impegnata. - aggiunse Ezra, piano.
- Com'è che me ne dimentico sempre? - mi chiesi, mostrandomi sorpreso. Scoppiammo a ridere, stavo per aggiungere qualcosa, ma la comparsa di Ariette dal giardino ci distolse dalla nostra conversazione.
- Allora? Avete finito di ciarlare come due allegre comari? Papà vuole che gli dia una mano con della roba in macchina ... - disse lei, rivolgendosi al fratello.
Vidi Ezra fremere di rabbia, ma abbassò la testa e mi salutò. - Ci si vede domani a scuola allora. Non deprimerti troppo, sono dell'idea che prima o poi tornerà. Sei pur sempre il suo Romeo, no? Alle ragazze piacciono le storie tormentate. -
- Solo alle ragazze? - gli chiesi, lanciando una lunga occhiata prima a lui e poi alla sorella, adesso di spalle. Ezra sbuffò e scomparve oltre la finestra. Gettai il mozzicone di sigaretta ed entrai in casa, la mia depressione non sarebbe durata un attimo in più. Mi gettai sul letto e presi ancora una volta il cellulare, il numero di Liv era lì, tra le chiamate ricevute ... premetti il pulsante verde e aspettai che si decidesse a prendere la mia chiamata.
- Cosa vuoi? - rispose al decimo squillo, quando avevo ormai perso le speranze.
- Fare la pace, che domande ... - dissi sommessamente.
La sentii sospirare, un attimo di silenzio. - Sarà sempre così con te, vero? Mi farai incazzare, ma non mi permetterai mai di escluderti dalla mia vita una volta per tutte. -
- Vuoi che scompaia, Liv? - le chiesi senza un tono preciso. Mi sentivo improvvisamente freddo, quello strano stato d'animo che capita pochissime volte nella vita. Come se non me ne importasse niente di nessuno, me compreso ... ed era davvero così. Forse lo percepì dalla mia voce, perché la sua si fece bassa, cauta.
- Prima hai detto che le mie parole non corrispondono alle mie azioni ... -
- Rispondi alla mia domanda. - le dissi seccamente. Non poteva eluderla, non glielo avrei permesso.
- Sì, starei meglio senza di te. Non avrei problemi, me ne starei con il mio ragazzo, a svolgere la solita vita che conduco da due anni a questa parte. Anzi, ti dirò di più, vorrei non averti mai conosciuto, Micah Larssen. -
Strinsi un attimo gli occhi, ma quello fu l'unico cedimento sia dentro che fuori. - Ok ... -
- Non ho ancora finito. - si fermò un attimo, poi riprese. - Ma come mi hai già fatto notare prima sai bene che ciò che dico non corrisponde a ciò che desidero e faccio. E so che se ti avessi qui, se avessi le tue labbra vicino alle mie non potrei trattenermi dal baciarti. E adesso chiudo e non provare a chiamarmi ancora. I-io sono terribilmente confusa. - disse tutta d'un fiato, poi riagganciò, lasciandomi a bocca aperta.
Sorrisi senza che riuscissi a trattenermi, la mia Giulietta stava cedendo ad ogni passo un po' di più ... sarebbe bastato un solo bacio, il terzo, quello decisivo. E tutto sarebbe cambiato. James era bello che andato ormai, così restava un'unica pedina ancora in gioco e per quanto fosse spaventosa e temibile, io non mi sarei fermato.
- Guardati le spalle, Pierce. -

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora