"L'amore senza una completa fiducia diventa una triste oscurità densa di errori e incomprensioni." Romano Battaglia
MICAH
- Ehi, scusa per non aver preso la tua chiamata prima, ero nel bel mezzo del colloquio con il direttore. - la voce di Liv mi giunse dall'altra parte del telefono, sembrava serena, forse un po' stanca, ma tutto sommato ok.
- Fa nulla. Allora? Com'è andata? -
La sentii ridere nervosamente. - Beh, sembrerebbe bene, la commissione era disponibile, mi hanno chiesto ciò che studio, quello che mi piacerebbe approfondire in futuro, insomma, niente di nuovo. Presto saprò il verdetto. - adesso sembrava anche un po' eccitata. Che la libertà la stesse entusiasmando più del dovuto?
Potevo capirla, non doveva essere semplice vivere con una presenza oppressiva come quella di Pierce addosso, l'idea di fuggire per un po' da Woodland doveva essere dolce.
- Sono contento per te allora. Vedrai che andrà tutto bene ... non ti lasceranno scappare, ne sono certo. -
Ed era vero. Liv aveva tutte le carte in regola per poter studiare a Philadelphia, aveva degli ottimi voti, tanta voglia di riuscire e soprattutto, ancora di più, un desiderio assurdo di scappare da Woodland. Inoltre Pierce avrebbe fatto di tutto pur di tenerla lontana da me, perfino vivere per qualche mese senza la sua unica figlia.
- Va tutto bene? -
Mi riscossi dai miei pensieri. - Sì, scusami. E' solo che sto guidando. - era vero, almeno quello. Girai a destra e mi immisi nella solita stradina secondaria che mi avrebbe portato dalla carissima dottoressa Sullivan.
- Ah, è vero. Hai la seduta di famiglia oggi ... senti, non credo ci sia bisogno di farti mille raccomandazioni, è così? -
- Starò calmo. Te lo prometto. E no, non è necessario, tu ed Ezra siete stati abbastanza chiari. -
Liv rise piano. - Bene, a quanto pare non sono l'unica a preoccuparmi per te. -
No, non lo era. Di recente la cerchia di gente che cercava di gettare acqua sul fuoco era cresciuta.
- Tu piuttosto quando torni? - chiesi con un pizzico di malizia nella voce.
Potevo quasi immaginare il viso imbarazzato di Liv nel sentire le mie parole.
- Presto, ormai che ci sono farò un giro in zona, sai, per capire un po' come funziona se dovessero prendermi, ma giovedì sarò lì. A proposito ... - qui la sua voce si incupì appena. - ... hai già iniziato le lezioni con mio padre? -
- Domani. - tasto dolente.
- Comportati bene. -
Sbuffai, esasperato. - Perché? Credi davvero che il mio comportamento lo farà ravvedere? -
- Credo che se gli assicurassi di comportarti bene con me potrebbe perfino aiutarti seriamente a passare l'anno. -
- Oh, Liv, quanto sei ingenua ... - tristemente ingenua, avrei voluto aggiungere, non aveva affatto chiara l'idea che suo padre si era fatto di me, non si trattava più di antipatia reciproca, avrei osato parlare di odio arrivati a quel punto.
Ero fuori dall'edificio adesso, parcheggiai al solito posto, notando in quel momento l'auto di mia madre, a qualche metro dalla mia. E così erano già arrivati, lei e il suo futuro marito storpio.
- Puoi soltanto provarci? -
- Senti, devo chiudere, ci sentiamo stasera, ok? -
La sua voce si fece bassa, cupa. - Va bene ... - poi ci fu un attimo di silenzio, alla fine presi la parola.
- Mi manchi. -
- Anche tu ... -
Era vero, avevo bisogno di un po' di luce nella mia vita del cazzo, e lei rappresentava tutta la purezza che non avevo mai conosciuto prima di allora.
Avrei dovuto tenerla stretta, aggrapparmi a quell'ancora di salvezza che qualcuno aveva deciso di gettarmi, forse con l'intento di salvare il salvabile, ma la mia presa non era solida abbastanza da trattenerla.
Stavo colando a picco comunque, ad una velocità spaventosa. L'oscurità davanti ai miei occhi era impenetrabile, si attaccava a me con lo stesso orribile bisogno con cui io stesso mi attaccavo alla parta marcia che risiedeva in me. Ed era molta, sempre in espansione.La porta dell'ufficio era aperta, segno che stavano aspettando soltanto il sottoscritto prima di poter dare il via a quella seduta che personalmente ritenevo inutile, quanto ridicola.
Dopotutto un bravo attore non va mai in pensione, pensai, mentre mi dirigevo a passi sicuri verso le due figure sedute intorno alla scrivania della dottoressa Sullivan.
I miei occhi caddero immediatamente su Jack e seppi che non l'avrei avuta vinta quella volta.
Era irriconoscibile dall'ultima volta in cui l'avevo visto in quell'ufficio. Era un uomo totalmente nuovo, perfetto nel suo abito elegante grigio chiaro. Il suo sguardo era vivo, ma tranquillo, il suo modo di sedere composto ma allo stesso tempo disponibile mi sussurrava che qualcuno stava tentando di fottermi il posto di primadonna, quel giorno.
Jack aveva deciso di reagire, giocando le stesse carte che io stesso avevo usato per liberarmi di lui. E, ovviamente, eravamo gli unici, lì dentro, ad aver chiara la situazione che si prefigurava davanti ai nostri occhi.
- Micah, come va? - mi chiese gentilmente la Sullivan. Sedeva dietro la sua scrivania, di fronte c'era mia madre che divideva me e Jack. Era tutto studiato ovviamente.
- Tutto bene, a lei? -
- Non posso lamentarmi. Allora, prego ... - poi mi indicò la sedia con un gesto della mano.
- La ringrazio. - mi sedetti, incrociando adesso lo sguardo teso di mia madre. L'anello di fidanzamento brillava al suo dito, doveva proprio andarne fiera.
- Ho creduto che i tempi per una riconciliazione fossero ormai maturi. - iniziò la Sullivan, i suoi occhi neri passavano in rassegna ognuno di noi, fermandosi, un attimo dopo, su Jack. - Il signor Larssen ha terminato le sue sedute di riabilitazione, ho parlato personalmente sia con l'assistente sociale che si occupava del corso, sia con lo psicologo a lui destinato e, dopo un colloquio attento con la sottoscritta, ad oggi posso considerarlo del tutto guarito. E' strabiliante la forza che ha dimostrato in questi ultimi mesi, signor Larssen. -
Jack sorrise, poi fece spallucce. Sembrava il riflesso della sanità mentale, quel fottuto bastardo. - Non negherò di aver passato momenti difficili durante la mia fase di riabilitazione, la tentazione di bere anche un solo bicchiere era fortissima, ma il suo aiuto e soprattutto quello delle persone a me care ... - qui osservò mia madre con sguardo amorevole.
Avrei potuto vomitare.
- Mi ha davvero aiutato ad uscire da quel tunnel senza fondo nel quale stavo crollando. Riconosco ogni mia colpa, ogni mia mancanza nei confronti di Micah ... - il solo sentire il mio nome pronunciato da quelle labbra mi fece venire i brividi. Lo odiavo, ancora più visceralmente di quanto lo avessi detestato prima. - Ed è per questo che non pretendo un perdono immediato, non sono uno stolto. So che avrei dovuto comportarmi da vero padre con lui, so che avrei dovuto capire tempestivamente quanto la situazione fosse difficile da sopportare. Ma spero in una possibilità di riavvicinamento ... sarebbe l'ideale, mi farebbe dormire sonni più sereni. -
So io che sonni ti farei dormire, Jack, sonni eterni.
Improvvisamente lo sguardo di tutti era puntato sul sottoscritto, come in attesa di una risposta a quell'invito accorato di seppellire l'ascia di guerra invece di piantargliela dritta nel cranio.
Non parlai, non sarebbe uscito niente di buono neppure ad impegnarmi con tutte le mie forza, così alla fine fu la Sullivan ad interrompere quel silenzio imbarazzante.
- Allora ... le buone intenzioni ci sono tutte da parte del signor Larssen. Come potete perfettamente capire non avrei mai acconsentito ad un incontro di famiglia se non avessi davvero creduto con fermezza nella piena e totale sincerità da parte del mio paziente. C'è qualcosa che vorresti dire? - qui si rivolse a me. - Di certo sarai già a conoscenza delle ultime novità ... -
- Si riferisce al matrimonio. Certo, ne sono a conoscenza. - annuii, lasciandomi pervadere da un profondo senso di disgusto.
Poi ricordai le parole di Ezra. I suoi occhi mentre mi afferrava per le spalle subito dopo scuola e scandiva queste esatte parole. "Giocatela bene, Micah. Hai faticato così tanto per liberarti di lui, non mollare adesso ... la Sullivan deve assolutamente credere che tu sia sincero."
Aveva ragione, dovevo soltanto ricordarmene.
- So quanto sia importante questo matrimonio per mia madre. Jack la rende felice, in qualche modo, ed io farò il possibile per far funzionare le cose. -
Mia madre era totalmente spaesata, si sarebbe aspettata di tutto, eccetto quelle parole uscire dalla mia bocca. La dottoressa Sullivan, invece, sembrava soddisfatta, di certo sapeva che non potevo davvero mettere da parte tutto il risentimento che c'era stato tra me e Jack, però credeva nella possibilità di una riappacificazione, lenta ma totale.
- Bene, questo non dovrà necessariamente portare ad una condivisione di spazi. - precisai.
Avevo faticato così tanto per tenerlo lontano dalla mia vita, figuriamoci se fosse piombato di nuovo in casa.
- Certo, non vogliamo affrettare le cose, non fa mai bene anticipare i tempi. - acconsentì la dottoressa.
- Nicole è una buona compagna e madre, ha sempre diviso il suo tempo equamente. - disse Jack e per poco non scoppiai a ridere davanti a tutti quegli idioti.
Equamente? Stavo condividendo casa con altre tre persone da ormai due settimane e mia madre non se ne era neppure accorta!
Alla fine, dopo altre chiacchiere inutili che vertevano soprattutto su quanti progressi avesse fatto quello storpio di Jack negli ultimi mesi, fummo lasciati liberi di andare via da quello che stava diventando lo spettacolo più ipocrita al quale avessi mai preso parte.
Eravamo fuori quando mia madre si accostò a me.
- Ehi, stavo pensando che potrei cucinarti qualcosa di buono stasera, una cenetta tra madre e figlio con il tuo piatto preferito ... -
- Ho un impegno. - dissi, mentre aprivo lo sportello dell'auto. - Mi vedo con i miei amici, ma non preoccuparti ... considerala come se l'avessimo fatta. - aggiunsi con tono sbrigativo.
Sapevo che c'era rimasta male, così come sentivo il suo bisogno di avere quella conversazione, nonostante sarebbe finita come entrambi prevedevamo.
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THOSE BAD ANGELS
General FictionLontano dalle luci e dal chiasso della città più bella e trasgressiva della California, Los Angeles, sorge Woodland Hills. In questa cittadina, tra la monotonia della routine quotidiana e qualche avvenimento non degno di nota, quattro ragazzi sono i...