Capitolo 61

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  "Noi siamo l'enigma che nessuno decifra. Siamo la favola racchiusa nella propria immagine. Siamo ciò che continua ad andare avanti senza arrivare mai a capire. " Jostein Gaarder


MICAH

Vuoi spiegarci perché ci hai portati qui? - chiese Dimitrij mentre osservava una nuova linea di pattini.
- E lo chiedi pure? - i miei occhi trovarono finalmente ciò che stavo cercando. - andiamo ... - dissi un attimo dopo, con il cuore che batteva un po' di più di prima.
Il reparto dedicato al golf era enorme, Jack aveva buon gusto in fatto di negozi, questo dovevo concederglielo.
Le mazze erano disposte ovunque, appese ai muri, appoggiate dentro le loro sacche, esposte in delle teche. Era davvero il paradiso del golfista quello!
- Dio, con quella Micah? - Ezra doveva aver intuito. Non stava cercando di contestare la mia stravaganza, forse era soltanto stupore quello che sentivo nella sua voce.
Poi ci arrivò anche Dimitrij. - E' la tua arma? Userai quella? -
Annuii lentamente mentre venivo attirato verso quella che mi parve la più luminosa di tutte. Era in acciaio forgiato, così brillante e saldo che mi lasciò senza parole. Rimasi un attimo in contemplazione, chiedendomi quante testa avrei mietuto con una mazza del genere.
L'immagine appariva chiara e quanto mai allettante nella mia mente. Un gruppo di ragazzini che fuggiva terrorizzato, i più veloci sarebbero riusciti a nascondersi, mentre gli altri ... i più sfortunati sarebbero caduti sotto i colpi violenti e precisi della mia mazza. Sangue e materia cerebrale ovunque, perfino sul mio volto. La mia vista si macchiava di rosso, ma non mi importava, io procedevo, sempre più eccitato. Mi vidi percorrere le scale, la mazza che picchiettava sugli armadi, come un anticipo della tragedia che si sarebbe abbattuta su tutti loro. Schiamazzi di terrore ovunque, sagome di studenti che provavano a fuggire via, a nascondersi dal mio sguardo vigile.
Ma nessuno poteva sottrarsi ad un angelo punitore.
- Ha proprio un ottimo gusto. -
Sbattei le palpebre, poi misi a fuoco la figura maschile adesso accanto a me. Era un commesso.
- Vuole provarla? - aggiunse un attimo dopo con un sorriso a trentadue denti sul viso.
- Su di lei? - mi lasciai sfuggire, tornando in me nel vedere lo sguardo tra il confuso e il preoccupato del tizio.
- Stavo scherzando ovviamente. -
Ci ritrovammo tutti a ridere, poi il ragazzo prese uno sgabello e ci salì sopra, pronto a mostrarmi quella incredibile creatura in acciaio.
- Questo è uno dei pezzi migliori che abbiamo. Fantastica sotto ogni punto di vista. E' ideato per il golfista che pratica con frequenza regolare e che vuole unire tolleranza e tocco forgiato. - iniziò dopo averla allungata verso di me. La presi, in estasi ormai.
- Oh sì, il tocco forgiato mi piace parecchio ... - mi ritrovai a sussurrare, completamente ammaliato da lei. Era davvero tutto ciò che desideravo, era perfetta e doveva essere mia.
- E poi diciamolo, non è soltanto incredibilmente efficiente, ma anche elegantissima. Noti la testa fusa con finitura nera al nickel! -
- La prendo. -
Il commesso era fuori di testa almeno quanto me, iniziò a blaterare riguardo ai prodotti di manutenzione, ma diciamocelo ... per quello che dovevo fare l'avrei usata soltanto una volta in tutta la mia vita. Non avrebbe avuto senso comprare roba per una mazza che sarebbe finita tra le prove della scientifica.
Il costo era esorbitante ma non me ne importava, le mie aspettative di vita erano basse ormai e inoltre non l'avrei neppure pagata io. Feci il nome di Jack, uno tra i loro migliori clienti, poi provai di essere il figlio mostrando la mia carta d'identità e a quel punto il commesso gentilmente addebitò il costo della mazza sul conto di Jack.
Quando uscimmo da lì mi sentivo un bambino alla vigilia di Natale, ero talmente euforico che decisero di portarmi al 154.
Lasciai la mia adorata mazza in auto e mi diressi al locale, seguendo i miei due amici che si erano limitati ad assecondare le mie ossessioni senza aggiungere nulla, almeno quel giorno.
Zieg non c'era, probabilmente l'avevamo mancato da poco, pensai, poi Vince ce lo confermò.
- Ehi tu, dimmi, marchi bene con il nostro amico, vero? - gli chiesi un attimo prima che andasse via con le nostre ordinazioni.
Quello mi fissò con i suoi grandi occhi azzurri, non sembrava aver preso bene quel mio cercare informazioni. - E a te cosa importa? Credi che sia qui a rispondere alle domande pretenziose di un diciassettenne? -
- Che cosa hai detto, scusa? -
Vince storse le labbra. - Hai sentito perfettamente. Quel ragazzo è rimasto da solo, ve ne siete almeno accorti? Non so cosa sia successo tra Zieg e voi e sinceramente non mi importa neanche, ma se davvero ci tenete a lui vedete di fare qualcosa. Non credo stia bene. -
Rimanemmo un attimo in silenzio, Dimitrij ci stava fissando con sguardo disperato.
- Non c'è niente che possiamo fare, lo sai. - Ezra stava parlando con lui. - Zieg non è come noi, l'unico modo per tenerlo il più possibile fuori dai guai è evitarlo ... -
Aveva ragione, sarebbe già finito nella merda comunque, visto la compagnia che aveva frequentato fino a quel momento, ma quanto meno potevamo preservarlo dalle accuse più pesanti.
- Parlerò con Syd, gli chiederò di stargli vicino, mi sento un fottuto fallimento. Su ogni fronte. - Dimitrij seppellì il suo viso tra le mani, fortunatamente era arrivato da bere e fu direttamente il figlio del signor Maver a servirci questa volta.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora