"Nessuno è più misantropo di un giovane deluso." Herman Melville
MICAH
Il secondo studio della dottoressa Cassandra Sullivan sorgeva appena fuori città, anche quella volta aveva scelto un complesso davvero elegante quanto mastodontico, acquistato con il denaro spillato ai molti ricconi in cura da lei, tra i quali c'eravamo anche io e Jack.
Lo studio sarebbe stato affidato alle cure di Yvonne Sullivan, la promettente primogenita neolaureata di Cassandra. Ovviamente tutti i pezzi grossi della città convergevano lì quella notte, difatti si preannunciava proprio un party di merda, eccetto per il buffet ricchissimo di roba alcolica.
A tal proposito mi accinsi a fare un'incredibile scorpacciata di tartine e martini, ma proprio quando afferrai il bicchiere vidi lo sguardo di mia madre folgorarmi.
- Micah ... -
- Hai ragione, dovrei essere allergico ai gamberi, grazie per avermelo ricordato. - ribattei con un sorrisino sul viso mentre mi accingevo a rimettere la tartina ai frutti di mare al suo posto.
- Micah, il bicchiere. - mi avvertì lei, con il suo tipico cipiglio hitleriano.
- Andiamo, è Jack l'alcolizzato della famiglia, mica io! - quella triste verità non dovette piacerle affatto perché un attimo dopo il mio martini finì dritto dritto sul vassoio.
- La prego di non servire alcol a mio figlio. -
Non volevo crederci, l'aveva appena detto, proprio al cameriere. Qualcuno avrebbe dovuto rimetterci. Mi era appena stato portato via l'ultimo baluardo di salvezza, il lascia passare che mi avrebbe assicurato una bella sbronza da manuale e fatto evitare la fiacchezza disarmante di quell'oscenità che osavano chiamare party.
Così mi ritrovai a girare tra gli ospiti, accompagnato da quella terribile musichetta lounge di sottofondo, come se la mia vita non fosse altro che un infinito aperitivo senza senso. Alla fine mi ritrovai accanto a Jack, perfetto nel suo completo color avorio, totalmente messo a nuovo dopo la sua parentesi dark da alcolizzato accanito.
Mi accostai a lui con un sorriso incoraggiante sul viso che però sortì l'effetto contrario.
- Cosa diavolo vuoi, Micah? - biascicò, ben attento che non ci fosse nessuno eccetto me a portata d'orecchio. Aveva mantenuto una posa assolutamente perfetta, come un amorevole padre adottivo che scambia due chiacchiere con il figlio, ma dentro di lui, doveva proprio ribollire di rabbia e minacce malcelate.
- Ah, nulla ... mi annoio parecchio a dire il vero, sai com'è quando ti privano dell'unico spasso della serata. - buttai lì, con gli occhi puntati sul cocktail di Charles Meyer, fermo a qualche passo da noi.
Jack sospirò profondamente. - Saresti qui per provocarmi? -
- Nah, soltanto per informarmi sulla tua salute attuale. Sai, l'altra sera stavo facendo zapping e ad un tratto mi sono imbattuto in uno di quei programmi di pseudo-medicina, insomma alla fine mi ha appassionato parecchio, uno studioso era pronto ad affermare che attualmente la cirrosi epatica è tra le prime dieci cause di morte in occidente così mi sono chiesto se tu l'avessi presa se tu l'avessi sviluppata o se devo pensare a qualcosa di alternativo per farti fuori. -
Vidi il viso di Jack voltarsi verso di me quasi a rallentatore. - Brutto figlio di ... -
- Va tutto bene qui? - mia madre cinse le nostre spalle, il sorriso sulle mie labbra si allargò ulteriormente nel constatare quanto avessi fatto incazzare Jack con quelle semplici paroline appena sussurrate. Era fin troppo facile.
- Perfettamente. - rispondemmo all'unisono, poi mia madre allungò un bicchiere verso lo stronzo. - Acqua tonica per te, caro. -
Cercai di non scoppiare a ridere quando vidi quell'idiota sorridere forzatamente e ringraziare. La mia vita stava andando a puttane, era vero, ma la sua stava andando perfino oltre, a trans, come minimo, pensai, ridacchiando tra me e me.
- L'acqua tonica fa bene. Niente cirrosi epatica con quella. - sussurrai prima di immettermi elegantemente tra la folla riunita intorno alla dottoressa Sullivan.
Ariette era lì, sentivo il suo sguardo seguirmi dal momento stesso in cui avevo messo piede in sala, alla fine decisi che una piccola faida tra vicini non avrebbe fatto male a nessuno dei due, non quando l'alternativa era sedere su un divano e pregare che il lampadario potesse crollarmi dritto in testa per tirarmi fuori da quello strazio.
Era appoggiata al muro, portava i capelli legati quella sera ed un abito da sera nero, senza spalline, decisamente sexy.
- Wow, che eleganza, signorina Meyer. Se Ezra ti vedesse in simili vesti probabilmente non ti porterebbe a letto comunque. - esordii con un grosso sorriso sulle labbra.
Di rimando ricevetti un'occhiata divertita. - Ah, sì? Credevo avessi ricevuto quel messaggio, Larssen. Ma forse ti ho sopravvalutato pensando che sapessi leggere ... -
Scossi la testa e mi avvicinai ulteriormente a lei, tanto da farla retrocedere fino alla parete lì vicino e appoggiare poi le mie braccia ai lati del suo viso. - Oh, sì ... ero a letto con tuo fratello quando l'ho ricevuto, a dire il vero. - il suo viso ebbe uno spasmo che svanì un attimo dopo. - Sai, ho anche pensato di mandarti dei fiori per il miracolo appena avvenuto, ma poi mi sono detto ... quella sfigata starà ancora festeggiando l'evento, quindi probabilmente non li noterebbe neppure! -
Fu un attimo, la mano di Ariette strinse con violenza il colletto della mia camicia.
- Non oserai toccarmi ... non davanti a tutta Woodland. - sussurrai a denti stretti, mi stavo godendo quel momento, con tutto il mio cuore.
- Ti brucia, è così evidente ... ti stai rodendo dentro per il fatto che io continui a sentirlo, nonostante tutti i tuoi avvertimenti. Magari non sei poi così importante per lui, ci hai mai pensato, Micah? Hai mai valutato questa possibilità? -
- La valuto almeno una volta al giorno, Ariette. Questo è il motivo per cui mi tengo pronto a colpire per primo, credimi ... se le cose non dovessero andare come mi aspetto ... saresti la prima a saperlo, te lo assicuro. -
Il suo viso si contrasse in un'espressione di confusione mista a paura. - N-non ci provare, non toccarlo ... -
- Allora è semplice, gira a largo da tuo fratello e non dovrai assistere al suo funerale. -
Mi avrebbe colpito, sapevo di essermi spinto troppo oltre, ma la voce stridula di Yvonne Sullivan amplificata all'ennesima potenza distrusse il momento. Ariette mi spinse via.
- Sta lontano da noi. - ringhiò contro il mio orecchio.
- Non c'è più un voi, Ariette. - cantilenai, divertito, mentre la vedevo sfrecciare via.
Lo spasso sembrava essere giunto al termine ed io non avevo la minima idea di come avrei impiegato il resto della serata. Mia madre fungeva da guardia del corpo, impediva a Jack di cadere in tentazione, così continuava a seguirlo ovunque andasse, ben attenta che non bevesse neppure un sorso di punch lievemente alcolico.
Fantastico, era come badare ad un bambino in poche parole, Jack era off limits per me quella sera, così alla fine decisi di ricorrere alla mia scorta segreta, le ultime due pillole che mi erano state date da Dimitrij.
Mi diressi verso la toilette maschile, poi chiusi la porta alle mie spalle e ciò che vidi a quel punto mi sconvolse parecchio.
C'era una ragazza davanti a me, poteva avere più o meno la mia età, ma ciò che mi colpii più di ogni altra cosa fu che la trovai praticamente nuda.
- Ma ciao ... - i miei occhi passarono in rassegna il suo corpo magro, fin troppo, a dire il vero. Vidi le ossa sporgenti dei fianchi, poi guardai il suo seno, in quelle condizioni quasi inesistente, ed infine lasciai scorrere lo sguardo sugli arti lunghi, modellati alla perfezione, ma davvero molto scarni.
Quella mi fissò, non sembrava affatto imbarazzata, anzi i suoi occhi mi sfidarono, erano scuri e allungati. - Che diavolo ci fai qui? -
- Io? E' il bagno degli uomini questo ... ma prego, continua pure a fare ciò che stavi facendo ... -
Quella si portò i lunghi capelli dietro le orecchie. - I vestiti mi ingrassano, ok? Vai a farti un giro se non ti sta bene ciò che vedi. -
- Non ho detto questo. Insomma, possiamo coesistere, sai? Io prendo le mie pillole, tu continui a fissarti allo specchio. Qual è il problema? -
I suoi occhi luccicarono nell'udire quelle parole. - Hai detto pillole? -
Bene, mi ero appena ritrovato tra le mani una psicopatica tossica, doveva essere proprio la mia giornata fortunata quella.
Gliene allungai una. - Fanno vomitare? - mi chiese lei, dopo averla mandata giù senza porsi il minimo scrupolo.
- No, non vedo perché dovrei prendere una pasticca che ti fa vomitare, cazzo, non siamo mica a Hogwarts, no? Dovrebbe farti sballare ... anche se nel tuo caso, dubito possano funzionare. - biascicai, evitando di aggiungere altro. Poi mandai giù la mia. - Come ti chiami? Chi sei? - ero curioso, non riuscivo ancora a capire cosa stesse accadendo in quel dannato bagno super chic.
- Dana. - nel frattempo stava armeggiando con la lampo del suo abito nero. - Che domande fai? Chi credi che sia? Una psicologa? Sono una fottuta paziente della Sullivan. -
Nervosetta la ragazza, fantastico. - E tu? - i suoi occhi scuri mi fissavano, indagatori.
- Micah, paziente anch'io. -
- Ti fai? - era anche molto diretta. Saltellò sui piedi, poi riuscì a infilarsi le decolté nere. Era molto alta, doveva sfiorare il metro e novanta con quelli.
- Beh, quando perdo tempo ... -
- Hai l'aria di uno che ne perde molto. -
- Beccato. - sorrisi e in quel preciso istante vidi qualcosa simile ad un sorriso affiorare su quel viso emaciato. - Tu? -
- Io sono un caso disperato. La Sullivan mi tiene in terapia da quattro anni ormai. -
- Che hai combinato? -
- Sono un fottuto casino. Ho diverse patologie, tra le quali anoressia, tendenze suicide, depressione, un principio di ninfomania, dipendenza da farmaci ... - a questo punto la vidi trafficare con la sua pochette, alla fine tirò fuori una fiaschetta. - e infine l'alcol non mi fa schifo. - ne bevve un grosso sorso, poi me la passò. - Vodka liscia. -
La mandai giù, poi ci scambiammo un'occhiata di pura soddisfazione. - Wow, ho proprio trovato la persona giusta allora. -
Dana sghignazzò appena, era davvero strana. Soprattutto quando la vidi spruzzarsi qualcosa in gola. - Spray al mentolo, i miei non devono sentire il puzzo dell'alcol. - spiegò saggiamente.
- Oh. - non trovai nient'altro da dire.
Alla fine uscimmo, mi ritrovai a parlare con lei, era completamente fuori dal mondo e questo la rendeva una delle persone più assurde che avessi mai conosciuto in tutta la mia vita.
- Ero una fotomodella, cazzo ... ho visitato le città più importanti del mondo, Parigi, Milano, Londra, New York e adesso sono seduta qui, a dover affrontare queste tre tartine enormi. Cazzo, quel mondo mi ha devastato, credimi. -
- Ti credo. - le assicurai, con lo sguardo puntato al piattino con il cibo. C'erano tre tartine microscopiche, sua madre le aveva ficcato quel piatto tra le mani e adesso la controllava, a debita distanza sì, ma aveva comunque gli occhi puntati su di noi.
- E' la tua cena questa? -
Dana sospirò. - Mi aiuti a finirle? -
- Cazzo, vorrai dire a cominciarle ... Mangia su. -
- Perché? - i suoi occhi scuri si socchiusero in un'espressione ostile.
- Perché lo fanno tutti. - ribattei stupidamente, eppure quella risposta sembrò convincerla. La vidi afferrare una tartina con le sue lunghe dita, poi la morse appena, mandandola giù con estrema lentezza.
- Che cazzo ci voleva? - le chiesi, sorridente. Poi sentii battere sulla mia spalla. Mi voltai per incontrare il viso confuso di Ezra. Si era vestito di tutto punto, era arrivato giusto in tempo per infastidire il padre con la sua presenza.
Lo vidi piegare la testa di lato, poi i suoi occhi si fissarono sulla mia accompagnatrice che lo osservava di rimando. - Ne vuoi una? - gli chiese, allungando il piatto.
- Quelle sono tue, finiscile. - le ordinai, mentre tornavo ad Ezra. - E tu che ci fai qui? -
- Fai amicizia velocemente, vedo. - considerò con le labbra distorte in una smorfia di puro disappunto.
- Sono un tipo socievole, che vuoi farci. Piuttosto che intrattenere corrispondenze a distanza preferisco parlare di persona con la gente. - la frecciatina fu chiara ad entrambi, tanto che lo vidi irrigidirsi. - Tranquillo, è qui da qualche parte, non l'ho ancora annegata nel secchiello del punch, se te lo stessi chiedendo. -
Lo sguardo di Ezra si fece ancora più cupo.
- Chi avresti annegato nel punch? - chiese Dana, curiosa, di rimando le lanciai un'occhiatina autoritaria. - Ehi, finisci quella roba e ti darò delucidazioni sulle mie inimicizie, ma solo dopo che avrai finito. - poi tornai ad occuparmi di Ezra. - Tuo padre è in fondo alla sala, se è lui che vuoi vedere. -
- Non sono venuto qui per lui, Micah, né per Ariette ... - poi si avvicinò a me, portò le labbra al mio orecchio. - Ho appena ucciso Caroline. -
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THOSE BAD ANGELS
Ficción GeneralLontano dalle luci e dal chiasso della città più bella e trasgressiva della California, Los Angeles, sorge Woodland Hills. In questa cittadina, tra la monotonia della routine quotidiana e qualche avvenimento non degno di nota, quattro ragazzi sono i...