Capitolo 7

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"Rinuncia al tuo potere di attrarmi ed io rinuncerò alla mia volontà di seguirti."

WILLIAM SHAKESPEARE 

MICAH
Quella notte tutta la rispettabilissima gioventù di Woodland si ritrovava in spiaggia, un falò enorme era stato eretto proprio al centro esatto, una miriade di tende giacevano sparse tutte intorno. La musica era ovunque, così come i ragazzi che ballavano, bevevano o si rincorrevano l'un l'altro, alcuni troppo sbronzi perfino per reggersi in piedi. La serata era iniziata nel migliore dei modi, Ezra sapeva farmi divertire, ma adesso mi ritrovavo lì, in piedi, con lo sguardo puntato su quella folla brulicante, in cerca di Liv. Non sarebbe stato semplice.
- Ehi, New York! -
Blake Williams era ammiccante nel suo vestitino bianco alla Marilyn Monroe, aveva perfino lo stesso trucco, poi mi dedicò il suo profilo, probabilmente quello peggiore, mostrandomi un trucco che ricordava i motivi di uno scheletro. - Che te ne pare? -
- Wow, che figata. - le dissi, facendole l'occhiolino. Mi chiesi che cosa mi sarei dovuto aspettare da una come Liv.
- Già. E tu, invece? Vuoi fare l'anticonformista e venire ad una festa di Halloween senza travestimento? -
- Ma questo è un travestimento, il primo della sua specie, ma non l'ultimo di certo. Sto soltanto celebrando il mito di me stesso, Blake ... un giorno vedrai un manipolo di ragazzini con la mia faccia come maschera andare in giro per le strade, a seminare terrore.
Quella rise. - Sei soltanto troppo pigro per pensare ad un costume probabilmente. -
- Troppe chiacchiere, signorina. Mi si è seccata la gola, dove posso prendere qualcosa da bere? -
Blake sorrise e mi fece strada, ancheggiando sinuosamente. Forse me la sarei potuta spassare un po' con lei, in mancanza di altro, pensavo con lo sguardo fisso sul suo posteriore. Fu così che mi beccò Liv. Aveva le braccia conserte ed era ferma accanto alla roba da bere. Alzai lo sguardo su di lei e mi costrinsi a chiudere la bocca. Quella sera indossava un veste lunga e bianca, così luminosa che risplendeva di mille colori perfino al buio. Aveva due piccole ali bianche sulla schiena, dove i capelli, legati in un'acconciatura morbida, scendevano quasi a ricoprirle del tutto. Il suo viso era candido, la sua pelle splendente. I nostri occhi si incontrarono, i miei piedi cambiarono direzione e in un attimo mi ritrovai davanti a lei.
- Ehi ... -
- Ehi ... -
- Chi sei tu che avvolta nella notte inciampi nei miei più reconditi pensieri? - recitai in un sussurro, abbagliato da lei. Da quella Giulietta stupefacente.
Liv rise e scosse la testa. - Non rubarmi mai più le battute, Romeo. Anche se ... ti manca qualcosa. - mi guardò attentamente e si avvicinò. - Tipo uno stupido costume del '500. -
- Sono abbastanza Romeo anche senza quello. - era quella la mia occasione ... non potevo chiedere di meglio. I miei occhi caddero sulla sua pochette, era aperta e da lì riuscivo a vedere il cellulare. - Dov'è James? -
- Verrà più tardi, era a cena con i suoi, la madre faceva il compleanno ... - spiegò quella, tranquilla.
- Andiamo a fare un giro allora. -
- Come? -
- Sì, dai ... voglio farti vedere un posto. -
- Ma dovevamo vederci qui ... -
Le dedicai il mio miglior sorriso da bravo ragazzo. - Ti troverà, andiamo, vi sentirete per cellulare. -
- Dov'è Blake? - chiese lei, confusa.
- Doveva vedersi con un tipo. - feci spallucce e mi augurai di non trovarmela lì da qualche parte. Poi allungai la mano verso quella di Liv, e abbassai lievemente il viso. Sapevo quanto facesse uscire di testa le ragazze quel mio semplice movimento ... dovevo sembrare così indifeso. Lei sospirò e prese la mia mano con forza.
- Andiamo allora. Ma sarà un giro breve, sai io e James dovremmo parlare. E' da un po' che non ci vediamo. -
- Una festa in spiaggia piena zeppa di gente ... è il posto ideale per risolvere problemi di coppia. - ironizzai, guadagnandomi un'occhiataccia che sfociò in una risata.
- Chi ti ha detto che abbiamo problemi di coppia? -
- La gente felice non risolve problemi, Liv. - ci stavamo allontanando dalla folla, quello era il momento adatto per agire. Mi avvicinai troppo ad un ragazzo mascherato che veniva dalla nostra parte, sbattendogli contro con la spalla. Liv incespicò appena tra la sabbia, quel tanto che bastava per distrarsi un attimo e permettermi di afferrare il suo cellulare.
- Guarda dove vai! -
- Scusami, amico, hai ragione. - spensi il telefono e con uno scatto felino lo riposi nella tasca interna della mia felpa.
- Allora cos'è che fa la gente felice, Micah? - mi chiese quella con i suoi occhi chiari puntati sul mio volto.
- Per iniziare fa le passeggiate al chiaro di luna ovviamente. -
Liv sbuffò e fece finta di volermi lasciare la mano, ma io la strinsi più forte e anzi ne approfittai per intrecciare le mie dita con le sue. Era così morbida e fresca, perfetta stretta alla mia. Entrambi ci guardammo le mani.
- Siamo felici, quindi? -
- Ci stiamo avvicinando, tesoro. - le dissi, mentre seguivo il percorso che avevo fatto qualche notte prima, durante i miei vagabondaggi dovuti all'insonnia e a quella voglia incessante di andare contro le regole di Jack, qualsiasi fossero.
- Come fai a conoscere un posto a me sconosciuto? Sei qui da un mese ... -
- Mi piace andare in giro di notte, mettiamola così. -
- Qualcosa mi dice che tu abbia avuto a che fare con il piccolo incidente dell'altra mattina di mio padre ... -
Risi. - Hai intenzione di denunciarmi, Liv? -
Lei scosse la testa, nervosa, e si fermò un attimo, adesso aveva le braccia conserte. - Sa che sei stato tu, Micah. Non ha prove, ok ... -
- E anche se ce le avesse non mi importerebbe. Te lo dico sinceramente. -
Liv sgranò gli occhi, poi vidi un sorriso triste fare capolino dalle sue labbra perfette. - Ti invidio, sai? Devi essere pazzo, certo ... ma questa tua noncuranza delle regole ... vorrei soltanto avere metà del quarto del menefreghismo che possiedi tu. -
Il mio cuore mancò un battito. Feci per parlare, ma lei mi zittì. - E non è un complimento comunque. E' un casino, ok? Ha richiesto il tuo fascicolo direttamente dalla tua vecchia scuola di New York e io ... -
Dio, non poteva essere vero. Stavolta fui io a ricoprire le sue parole con le mie. - E tu ovviamente l'hai letto. -
Lo vidi nel suo sguardo, ma lo sapevo già in fin dei conti. Avevo azzeccato. Ero confuso, per poco non iniziai a ridere dal nervoso. - E che ci fai qui con me? Ti diletti ad andare in giro di notte mano per mano con uno psicopatico? E' il piacere del brivido di Halloween, eh?
Liv si scurì in volto. - Hai proprio una bella opinione di te. -
- Mi conosco da una vita, sai. Qualcosa l'avrò capita sul mio conto ... -
- Bene, quindi non sei un tipo raccomandabile, come se non l'avessi già capito. -
La guardai, esterrefatto. - C'è un po' di differenza tra ciò che pensi di me e ciò che effettivamente leggi. Non dirmi che non ti abbia sconvolto quella roba ... non ci credo. -
- Mi chiedo perché l'abbia fatto, sì. Non capisco, ma non mi sconvolge. Sono una persona strana, Micah ... non mi conosci affatto. -
- Fatti tuoi, non ho intenzione di metterti in guardia contro di me, ci penseranno gli altri a farlo. -
- Già. Dove siamo diretti comunque? -
Come diavolo faceva a cambiare discorso in quel modo? Sbuffai e ripresi a camminare, stavolta distanziandomi di qualche metro da lei. Quel bastardo di Pierce raccoglieva informazione su di me, eh ... gli avrei dato l'opportunità di provarle sulla sua stessa pelle quelle cose che si dicevano sul mio conto, dal momento che fremeva così tanto dalla voglia di acquisire conoscenze sul sottoscritto.
- Stai tenendo il broncio? - mi chiese, un po' affannata.
- Certo. Sei una spiona del cazzo. - le dissi, ma la mia offesa perse potere, perché iniziai a ridere. Sentii una pietruzza colpirmi dritto sul fondoschiena, poi una seconda che mi prese sulla spalla. - Ehi, ehi ... fermati ... che fai?!? - Liv continuava a scagliarmi i sassolini addosso, un po' ridendo, un po' incazzandosi.
- Se tu non facessi nulla non ci sarebbe niente da scoprire. E poi erano in soggiorno, aperti al pubblico e con la tua foto in bella vista ... l'avresti fatto anche tu se ti fossi trovato al mio posto. - mi urlò contro, mentre la placcavo con il corpo e le bloccavo i polsi. No, non era stata una buona idea stuzzicare il predatore, piccola Liv, pensai, quando il suo corpo morbido e coperto soltanto da uno stoffa praticamente inesistente premeva contro il mio. Respirai profondamente il suo odore e fu soltanto una piccola gomitata che mi assestò sul ventre a farmi mollare la presa. Si allontanò da me, aveva il volto in fiamme. Che non fossi stato l'unico ad aver sperimentato certi istinti animaleschi in quel momento?
- E' come se incolpassi una tigre perché segue il suo istinto, Liv. - riuscii a sussurrare un attimo dopo.
- Andiamo, certe cose puoi controllarle, non sei un animale. -
- Chiedimi prima se voglio farlo allora. - riprendemmo a camminare e per un lungo istante nessuno dei due parlò più. La luna piena schiariva la nostra via con i suoi raggi pallidi, gli unici rumori appena percepibili erano la musica lontana, dietro le nostre spalle e lo sbattere ritmico delle onde contro gli scogli del mare, sotto di noi.
- Siamo arrivati, Giulietta. Ti fidi del tuo Romeo adesso? -
Mi aspettavo di vedere il terrore sul suo volto quando feci per coprirle gli occhi con le mie mani, ma non ebbe alcuna reazione. - Se devi proprio ... -
- Temo di sì. - le sussurrai all'orecchio. La vidi deglutire un attimo, segno che la mia vicinanza quanto meno la imbarazzava. Camminammo per qualche altro metro, sempre con le mani sui suoi occhi, poi finalmente raggiunsi il punto più bello della spiaggia. Un'enorme scogliera a strapiombo sul mare ... bellissima perfino a quell'ora della notte. Lo spettacolo che ci offriva era sensazionale. Tolsi lentamente le mani dal suo viso, facendole scivolare sulle sue spalle e mi abbassai appena. - Apri gli occhi. -
Liv trattenne il respiro, i suoi occhi vagavano lungo la scogliera, il vento le spingeva via i capelli, facendoli danzare sotto la luce naturale della luna. Lei guardava meravigliata quel paesaggio sensazionale, io osservavo lei, una visione decisamente migliore di tutte le scogliere del mondo.
- Wow ... quanto è alto? -
- Sette o otto metri, niente di esagerato comunque. Ti piace? Dovresti vederlo al tramonto ... quando il sole comincia a calare oltre l'orizzonte e colora il cielo di rosso, quel rosso simile al sangue ... e si rispecchia sul mare. Ti ci posso portare di nuovo se ti va. - era una richiesta quella. I miei occhi erano fissi nei suoi, il suo viso vicino al mio. Sarebbe bastato così poco per far incontrare le nostre labbra ...
- Prima hai detto che vorresti essere come me ... -
- ... Forse vaneggiavo, Micah. -
- Posso aiutarti ... se è la libertà che vuoi, io posso dartela, Liv. - le mie mani scesero lentamente sulle sue braccia che sfiorai con la punta delle dita. La vidi rabbrividire, i suoi occhi seguivano i movimenti delle mie mani che adesso stavano risalendo lungo il collo.
Liv aprì la bocca, poi la richiuse. La sua voce era un sussurro spezzato. - A che prezzo? -
- Lasciati andare, Liv. Per un attimo ... dimentica tutto. Concentrati sul presente.- la mia bocca scese lungo il collo e lo baciai. - Micah ... -
- Shh ... non lasciarmi. - Liv aprì gli occhi, le sue mani mi strinsero le spalle mentre le nostre bocche si incontrarono in un bacio lento, terribilmente intimo. Feci un passo indietro, verso il dirupo, stringendola ancora di più. Poi le sussurrai una sola parola. - Fidati. -
Poi feci un salto, giù, lungo la scogliera. La sentì urlare, mentre affondava le unghie nella mia schiena. Poi cademmo sempre più giù, nelle calde acque della notte.

ZIEGERS

Fissavo le fiamme divampare davanti a me e bruciare i grossi tronchi d'albero ormai neri e del tutto carbonizzati. Vidi un gruppo di ragazzi appartati, sagome che baluginavano da dietro le loro calde tende. Visi che si avvicinavano, lunghe braccia che si toccavano, ombre portate alla luce dalle fiamme del fuoco.
- Ehi, siamo in riflessione? -
Dimitrij si sedette accanto a me e mi sorrise, un sorriso triste e amaro.
- No, sto soltanto per addormentarmi qui ... mia sorella ha insistito per accompagnarmi ma non ero davvero dell'umore adatto ... -
- E dai, amico, finalmente hai ottenuto un giorno libero da lavoro e lo trascorri così, a fare le pennichelle davanti al fuoco? Ti prego. -
- Dov'è Alice? Di recente vi ho visti così ... affiatati. Che cosa le hai fatto? -
Dimitrij fece spallucce. - E se avesse soltanto iniziato ad accettare quello che sono? Quello che faccio? -
- Non lo farebbe. E' una brava ragazza lei. Quindi? Le hai rifilato una cazzata, lo vedo dal tuo sguardo. -
Dimitrij si alzò. - Senti, Zieg, la mia vita sta andando a rotoli, l'hai capito? Oggi ci sono, domani potrei non esserci più ... -
- Certo, quindi trascorrere i tuoi ultimi anni in un carcere minorile potrebbe risollevare le cose! -
- Rimani fuori dai miei affari, cazzo. -
Lo guardai, anche lui mi fissò. Vidi la rabbia farsi strada nei suoi occhi per poi lasciare il posto al semplice, ma ben peggiore dispiacere. - Fai come vuoi, Dmitrij, ma non credere che non mi sia informato ... quella vena potrebbe esplodere perfino tra mezzo secolo e tu sei qui, ad usare la tua malattia come scusa per giustificare il tuo comportamento di merda. Se tua madre venisse a saperlo? Ci pensi? Se venissero a casa e ti trovassero la roba?-
- Sei un moralista del cazzo, lo sai? E non voglio più continuare questa discussione. I se e i ma non importano ... non aspetterò che quella malattia mi uccida. -
Vidi Dimitrij andar via, allontanarsi tra la folla a passo svelto e ancora una volta mi sentii il cuore terribilmente pesante. Che cosa avevo fatto? Non potevo neanche capire cosa stesse passando in quel momento, eppure non riuscivo a frenare la mia lingua di merda. Sapevo cosa fare, l'avrei trovato e costretto ad ascoltare le mie scuse, volente o nolente.
- Liv, cos'è successo? Perché sei completamente fradicia? -
Micah e la figlia del professor Pierce si stavano avvicinando al falò, il duo si fermò a qualche metro da me e così non potei evitare di sentire quello che si dicevano. Erano entrambi zuppi da cima a piedi.
- James ... eccoti. - vidi l'imbarazzo sul volto della ragazza, mentre si stringeva un po' di più nella sua felpa. Il tipo nuovo aveva soltanto una maglietta a maniche corte e stava tremando dal freddo, nonostante tutto non riuscii a non notare un grande sorriso sornione che cercava di nascondere ai presenti.
- Ti ho cercata ovunque! Si può sapere cos'è successo? - le chiese quello che doveva essere il suo ragazzo, James Qualcosa, forse della squadra di football.
- Cosa? Io ho fatto un bagno ... -
- Sei pazza! Si congela qui fuori. E il telefono ... dov'è il cellulare? Ho provato a chiamarti in continuazione ... -
La figlia di Pierce era confusa, la vidi cercare febbrilmente qualcosa nella sua pochette. - Cazzo ... il cellulare ... -
- Sarà finito in mare. - commentò Micah che adesso aveva attirato l'attenzione del ragazzo.
-In mare? Ma stai bene? - James si avvicinò alla ragazza e si tolse il cappotto per scaldarla.
- Ha la mia felpa. - Micah si mise in mezzo, guadagnandosi una terribile occhiata da parte del maschio alfa.
- Non ne ha più bisogno. - commentò quello a denti stretti, poi appoggiò il suo cappotto sulle spalle nude di Liv.
- Senti James, va tutto bene, ok? -
- Sei scomparsa! Non hai idea di quanto mi sia preoccupato. Ho cercato Blake e non aveva idea di dove fossi andata .., dov'eri? -
- Lascia perdere ... andiamo adesso. -
- Già ... - detto questo lanciò un'ultima lunga occhiata a Micah, sembrava che stesse per aggiungere qualcosa, probabilmente una minaccia, ma Liv lo strattonò appena. - Andiamo, James. Buonanotte Micah ... - così i due scomparvero dalla nostra vista.
Il biondo si avvicinò a me, il suo sguardo era cupo. - Sai chi mi ricorda quel tipo? -
- Beh, no ... -
Gli occhi di Micah brillarono. - Uno duro a togliersi dalle palle ... -
- Mmm, è la sua ragazza ... credo non voglia cederla al primo tipo di New York che si fa vivo in città. - dissi in modo sincero, sperando di non offenderlo. Che tipo era quel Larssen?
- Come se potesse fare qualcosa. - Micah rise di gusto, poi mi diede una pacca sulla spalla e si congedò. - Ci si vede in giro amico. Vado a celebrare i miei successi con una bella sbronza. -
Lo salutai e decisi di fare due passi per schiarirmi le idee. Liv, Alice ... era l'amore, o forse l'ossessione o l'interesse per quelle ragazze a spingere Micah e Dimitrij all'azione? Ed io? Avevo mai combattuto per una roba del genere? No, non credevo nell'amore, questo era ovvio. Aveva avuto qualche avventura, certo, ma mai niente di serio. E non avevo mai fatto il primo passo ... non c'era niente per cui valesse la pena combattere, o meglio, nessuno. Sarebbe stata sempre così la mia vita? Sarei rimasto solo? Era questo il mio futuro? Per un attimo un brivido mi percorse la schiena e mi lasciò immobile, tremante. Il pensiero di trascorrere la mia vita da solo mi scosse profondamente ... soltanto in quel momento mi resi conto di dover fare qualcosa. Erano pensieri che mi tormentavano da tempo quelli ... dall'ultimo incontro con Zilke, a dire il vero. Avevo iniziato a sentirmi così anormale ... come un giocattolo rotto, qualcosa che sfuggiva alle normali leggi umane. Ero una persona fredda? Timorosa di creare legami con la gente? Forse. Beh, quando i tuoi genitori ti abbandonano alla tenera età di tre anni suppongo che crescere con qualche problema di fiducia sia più che normale, pensavo tra me e me.
- Zieg? -
Il mio cuore mancò un battito per la paura. - Chi è? -
- Sono qui! Sono Margaret!
Sforzai gli occhi e finalmente riuscii a vederla, era seduta su una roccia e si teneva la testa tra le mani.
- Maggie, che ci fai qui? -
- Credo di aver esagerato con la birra stasera. Ho bisogno di un po' di pace. -
Mi avvicinai a lei e mi sedetti vicino. La guardai attentamente e benché fosse molto buio riuscii a cogliere i tratti lievi del suo volto. Era una bella ragazza la mia amica, di statura piccola, ma con tutto al posto giusto.
- Perché mi stai fissando? - si portò una mano al viso ... la stavo mettendo in imbarazzo?
- I- io ... non lo so ... - dissi, sinceramente. Che cosa diavolo mi stava passando per la testa in quel momento? Dovevo alzarmi da lì, prima di creare un casino assurdo.
- Stai cominciando a vedermi come una donna, Zieg? -
Margaret si avvicinò a me, la sua mano accarezzò la mia e in un attimo la intrappolò in una stretta delicata, ma pur sempre una stretta. Il mio cuore stava scalpitando, cercai di parlare, di non fissare il suo viso, di fuggire.
- Non sai quanto l'ho desiderato in questi anni ... pensavo fosse ovvio ... quello che io provo per te. -
Deglutii, stavo per alzarmi da lì, quando sentii le sue mani intorno al mio collo e le sue labbra sulle mie. Rimasi immobile, quasi boccheggiante. La lingua di Margaret forzò le mie labbra e una volta aperte la sentii muoversi. Serrai la bocca e mi alzai da lì, con il cuore a mille.
- Zieg! - vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime e mortificazione.
- I- io ... mi dispiace, Margaret, non posso. -
- Ti faccio proprio schifo, è così? - adesso stava piangendo a tutto spiano e io non sarei riuscito a rimanere lì neppure un istante in più.
- Non è così. Io ho qualcosa che non va ... non è colpa tua. -
La vidi scuotere la testa, poi improvvisamente mi colpì dritto al petto con tutto il suo corpo. - Sei un bastardo, Zieg! Sei il ragazzo più freddo e disinteressato che abbia mai conosciuto. Ho perso anni sperando che tu ti accorgessi di me! Che idiota! Vattene. -
- Maggie, ti prego ... - la mia voce era un sussurro, i suoi pugni continuavano a colpirmi, le sue urla avrebbero attirato l'attenzione.
- Vattene, bastardo! - Mi spinse via con violenza, poi scappò dalla parte opposta, facendo quasi cadere a terra una coppietta che si stava avvicinando alle nostre parti.
- Che diavolo ti passa per la testa, stronza? - urlò la ragazza, sostenuta adesso dal suo accompagnatore. I miei occhi passarono dal suo viso a quello del ragazzo che le stava accanto. Syd Zilke ricambiò il mio sguardo con incredibile fermezza. Nessun segno di sorpresa, né di qualche altra emozione sul suo volto.
- Che cosa le hai fatto? - mi chiese la tipa che stava con lui. Era alta, dai capelli chiari, fisico perfetto. Ed era una donna ...
Ero confuso e non solo. C'era qualcosa nel profondo del mio petto, un malessere che non sapevo descrivere. Qualcosa di terribile.
Non riuscivo a parlare, non riuscivo a guardarlo neanche un istante in più, così cominciai a retrocedere, prima di aumentare il passo e allontanarmi da quella situazione di merda. Magari avessi potuto seminare anche quell'insensata rabbia che mi spaventava.
- Deveroe! Ehi! -
Zilke mi si parò davanti, mi aveva seguito! - Che diavolo vuoi? -
Quello mi fissò, confuso. - Va tutto bene? -
- E a te che importa? - chiesi, rabbioso. - Perché non ti levi dalle palle? Sembravi abbastanza occupato prima. Torna a fare quello che facevi. -
- Tu sei fuori. -
- Perché mi hai seguito? -
- Volevo accertarmi che stessi bene, tutto qui. - disse quello, freddo come sempre.
- Alla grande. -
- Non mi sembra. -
- Se avessi bisogno di uno psicologo non verrei da uno come te. - e lasciai andare tutto il mio odio e il mio disgusto in quella decina di parole.
Stavolta vidi il suo sguardo incupirsi, le sue braccia erano troppo rigide. Mi avrebbe picchiato? - Non mi dire ... ma guarda un po' ... -
Mi strinsi le braccia contro il corpo e lo fissai. - Cosa? -
- Il piccolo Deveroe è geloso ... - Syd proruppe in una risata bassa, era così soddisfatto che i suoi occhi grigi brillarono di pura gioia. - Davvero interessante. Nuove consapevolezze?
- C-che cosa ... io geloso? Ti piacerebbe ... - risposi a denti stretti. - Sono solo stupito. Una donna, Zilke? Davvero? -
- Mi piace provare un po' di tutto, amico. Qualche problema? - feci spallucce e mi costrinsi a camminare, via ... lontano da quel depravato.
- Mi fai solo schifo, Zilke. - non riuscii a trattenermi. Non mi importava se mi avrebbe fatto saltare i denti a uno a uno, dovevo proprio sfogarmi con qualcuno.
- E tu pena. - Quello rise e mi schiacciò l'occhiolino. - Torno dalla mia fiamma, Deveroe. Mi hai stancato sul serio. - andai via mentre Syd faceva lo stesso.
Non potevo farcela, dovevo fermarmi. Mi ritrovai sul ciglio della strada, le ginocchia strette contro il petto e lacrime bollenti che non avrei riuscito a trattenere neanche se ci avessi provato con tutto me stesso.
Che cosa mi stava succedendo? Mi alzai da lì dopo minuti o forse ore, ancora una volta avrei rifiutato la verità.


EZRA
Quando arrivai al falò la musica e la gente mi sommerse, mi rigiravo la borsetta fra le mani e mi preparavo mentalmente ad un'altra delle mie magistrali interpretazioni del ragazzo premuroso. Mentre mi facevo strada tra la folla vidi di sfuggita Micah allontanarsi con Liv, mi sfuggì una risata, era proprio determinato. Lanciai una sommaria occhiata alla gente intorno a me e dopo qualche secondo di ricerca trovai Caroline seduta in disparte. Mi affiancai a lei passandole una mano intorno alle spalle.
- Caroline? –
- Ezra! – disse quasi piangendo e mi abbracciò.
- Ma dov'eri finita? Sono sceso alla rimessa e non ti ho trovata, poi ho trovato questa -. Spiegai, porgendole la borsa – ero terribilmente preoccupato ... –
- Oddio, lui ... lui ... era lì, mi sono ritrovata sola ... con lui – mormorò agitata.
- Mio Dio stai bene? Ti ha fatto del male? –
- No. – rispose in un sussurro, ma la sua mente la riportò a quello che era successo e le lacrime cominciarono a scendere lungo le sue guance.
- Caroline? –
- Scusami, io ... credo che andrò a casa adesso. Non voglio restare qui –
- Ti accompagno? –
- No, mio fratello sarà qui a minuti. Spero che prendano quel bastardo! –
Ad un tratto una risata squillante attirò la nostra attenzione, era Ariette. Stava ridendo con un'amica giusto oltre le fiamme del falò di fronte a noi e reggeva in mano una maschera da lupo. Era il travestimento che aveva scelto per quella sera, sotto mio suggerimento. Quando vide la maschera Caroline sgranò gli occhi e scattò in piedi, poi si diresse verso le due ragazze, io ero subito dietro di lei.
- Tu! – urlò a mia sorella – che diavolo è quella!? -
- Scusa? – chiese lei accigliata
- Dove hai preso quella maschera? Lo trovi divertente? –
- Ma che diavolo vuoi? Sei ubriaca? Ezra, perché non richiami il mastino? –
- Sei tu, non è vero? Tu mi stai tormentando! – urlò, afferrandola per un braccio.
- Caroline, calmati, di che parli? – le chiesi io abbracciandola e facendole lasciare il braccio di Ariette.
- Aveva quella maschera! Quando mi ha aggredita poco fa! Mi ha fatto quelle cose! È stata lei ! –
- Non so quale sia il tuo problema, stronza, ma io non ho fatto niente. –
- Siamo state insieme tutto il tempo ... – confermò l'amica di Ariette.
- Erano in due! –
- Non noi, il solo guardarti mi fa venire da vomitare, figuriamoci passare pomeriggi interi a spiarti, sai che divertimento! – disse mia sorella stizzita, poi si avvicinò di più a lei e la fissò dritta negli occhi – biondina, non è che per caso te lo sei sognato? Non è che per caso stai andando fuori di testa? –
Al suono di quelle parole Caroline cadde a terra in ginocchio, era decisamente alla frutta. Ariette si lasciò andare ad una risata di scherno e se ne andò senza aggiungere altro. Io mi sedetti accanto a quella povera stronza ed ancora una volta l'abbracciai.
- Devi credermi, è successo ... –
- Ti credo, ma davvero pensi che sia stata Ariette? Insomma non credo che arriverebbe a tanto, può essere stronza ma ... -
- È tua sorella, non ti chiedo di dubitare di lei. Cercherò le prove! – in quel momento il cellulare di Caroline squillò e nel vedere un messaggio non letto sullo schermò fui felice che Micah se ne fosse ricordato con tutto il gran da fare che aveva avuto quella sera.
- È tuo fratello? – lei aprì il messaggio e rimase pietrificata.
- Ci sono così tanti lupi travestiti da agnelli a questo mondo, ma quello era decisamente il lupo sbagliato. Ritenta, potresti essere più fortunata! Non vedo l'ora di incontrarti di nuovo – lesse lei con la voce tremante. – non era lei. Mio Dio! Lui mi sta osservando anche adesso! –
Prima che potessi aggiungere qualcosa il fratello di Caroline comparve davanti a noi, lei lo abbracciò e dopo avermi stretto la mano la guidò oltre la mia visuale. Era stata una serata davvero divertente tutto sommato ed adesso che la piccola rompipalle spaventata si era tolta dai piedi potevo tornare a rilassarmi. Mi diressi verso una parte della spiaggia poco illuminata, a ridosso degli alberi e mi distesi lì. Non rimasi solo a lungo, sentii dei passi vicino e dopo pochi secondi apparve Ariette.
- La tua futura moglie è parecchio isterica ... –
- Non chiamarla in quel modo! –
- Perché no? –
- Perché non è la mia futura moglie. –
- Però siete una bella coppia, peccato che di questo passo la rinchiuderanno in un manicomio. Sai a cosa pensavo mentre la vedevo vaneggiare e tu la stringevi forte?-
- A cosa? –
- A quello che mi hai detto qualche giorno fa, al fatto che avrei visto il cambiamento in te. Al fatto che hai detto tutte quelle cose sul tuo vero io e sul fatto che non ti conoscevo davvero e mi sono ritrovata a pensare una cosa. Non è strano che dopo quel discorso parecchio accorato Caroline abbia iniziato ad essere perseguitata? –
- Davvero? Non ci ho fatto caso a questa coincidenza ... –
- Una coincidenza dici? –
- Che altro allora? Sarà stato un caso! -
- Quindi è un caso che anche la persona che la perseguita portava lo stesso costume che mi hai consigliato di indossare -
- Naturale! La vita è piena di avvenimenti casuali ... –
- Come quelli che accadono a casa nostra di tanto in tanto, vero? –
- Sai come si dice? Il caso è la via che usa Dio quando vuole restare anonimo ... –
- Einstein? –
- Già. Ma visto che hai sollevato l'argomento te ne sei accorta? – chiesi alla fine fissandola negli occhi, quegli occhi uguali ai miei.
- Di cosa? - domandò lei facendo finta di non aver capito.
- Lo sai ... –
- Tutto quello che so, è che ogni giorno che passa non riesco a pentirmi di quello che provo. Ogni giorno che passa sento di appartenere a te più del giorno precedente ... – rispose sostando una mano sul mio viso, io la tolsi con un gesto rapido.
- Non qui, ci vedranno! – mormorai, lei si alzò e mi diede le spalle.
- Su una cosa eri tu a sbagliare. Io ti conosco perfettamente come conosco me stessa, la parte di te che tu ritieni tanto segreta ed oscura, è quella che conosco meglio. È quella che amo. –
Se ne andò così, senza aggiungere altro. Io rimasi solo a quel punto, chiusi gli occhi e restai ad ascoltare i suoni della notte con uno strano calore nel petto. Non era la solita rabbia, era qualcos'altro, qualcosa che non seppi definire in un primo momento. Tutto quello che sapevo era che Ariette mi procurava quella sensazione, tutto quello che sapevo era che mi piaceva come mi faceva sentire. Tutto quello che volevo era farlo durare per sempre.

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora