Capitolo 39

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"Stelle ,nascondete i vostri fuochi!

non permettete alla luce di illuminarei miei oscuri e profondi desideri." WILLIAM SHAKESPEARE - MACBETH

MICAH

Stavo correndo disperatamente nella foresta irta di vegetazione. L'aria era calda, quasi soffocante, quello era un luogo velenoso.
Lo sconosciuto mi stava dietro, non mi avrebbe lasciato andare, mi avrebbe riportato con gli altri, a morire. Nessuno sarebbe dovuto fuggire al suo schema ed io ci ero riuscito.
Inciampai, mi rialzai quasi senza fiato ormai. C'erano delle luci in lontananza, un latrato di bestie che si faceva sempre più forte. Erano a caccia, guidati dall'odore della mia paura.
Corsi senza fermarmi, ma sentivo l'essere dietro di me guadagnare terreno, la luce della sua torcia era sempre più vicina adesso, così aumentai il passo, ormai allo stremo delle mie forze. Poi i miei piedi scivolarono sulla sabbia e per poco non finii inghiottito nel baratro che mi si presentava davanti.
Vicolo cieco.
Mi voltai verso l'essere che si era fermato a poco meno di due metri da me. Il suo viso era nascosto da una maschera bianca che ricopriva ogni cosa, perfino gli occhi.
Come aveva fatto a darmi la caccia?
Un terrore assurdo prese possesso di ogni mio muscolo, vidi l'essere avanzare e fu quello il momento in cui presi una decisione, l'unica. Mi lasciai cadere giù con le spalle rivolte verso il baratro nero.
Mi svegliai di soprassalto, avevo la sensazione che il letto stesse sprofondando con me sopra, così strinsi spasmodicamente le lenzuola.
Nello stesso istante la porta si aprì, la sagoma di Ezra entrò con passo lieve, poi, quando si accorse che non stavo esattamente dormendo, si fermò.
- Ancora incubi? -
- Niente di che. Nessun gemello malefico che prova ad uccidermi questa volta. - la voce mi uscì a stento, tossii piano. Dovevo ancora riprendere respiro.
Ezra si sedette sul letto, liberandosi delle sue scarpe. - Scusami, sarei dovuto tornare prima ... -
- Non sei il mio baby-sitter, Ezra. - mi sentivo meglio adesso, ma sapevo che se fossi stato da solo non avrei più ripreso sonno.
- Questi sogni ... da quanto tempo li fai? -
- Davvero? Un'altra psicanalisi? Non ci starai prendendo la mano? - quello rise, poi lo vidi stendersi accanto a me. Sapeva di Ariette, doveva aver passato la sera con lei a giudicare dal profumo.
- Da sempre, che io mi ricordi. Combatto con loro da una vita. - era vero, anche da bambino trascorrevo nottate intere a fissare il soffitto, incapace di riaddormentarmi dopo un incubo particolarmente truce.
- Combatti con il tuo subconscio probabilmente, ci hai mai pensato? Con la parte più irrazionale e animalesca di te ... -
- Beh, vuoi dire che in questa testolina bionda c'è un tipo con una maschera bianca, capace di vedere senza guardare, che da la caccia all'altro me? -
Vidi la fronte di Ezra corrugarsi. - Potrebbe rappresentare tutto ciò che non osi dire, i tuoi istinti più bassi e nascosti che vengono fuori nel momento in cui le tue difese sono quasi del tutto assenti. -
- Cazzo, se fosse davvero così avremmo un grosso problema tra le mani. A me piace vederla in modo più semplice, dottor Freud. -
- Tipo? -
Lo guardai, sorridente. - Ieri sera ho mangiato pesante! Zieg continua a cucinare come una vecchia nonna alle prese con i nipotini preferiti! Andiamo, se continua così mi farà davvero ammazzare dal mio gemello malefico una notte di queste! -
Ezra rise, poi lo sentii avvicinarsi a me fino a quando le nostre braccia non si sfiorarono. - Ci sono cose che non vuoi dire ... -
La sua mano raggiunse la mia e la strinse. Era piacevole quel contatto, lo era sempre stato con lui.
- Non ti giudicherei mai, Micah. - Ezra si sollevò su di me, il suo viso era mezzo illuminato dalle prime luci dell'alba provenienti dalla tapparella mezza sollevata.
- Puoi fidarti di me. -
- Non è questione di fiducia, Ezra. -
Ed era vero. - E allora? - mi chiese, insoddisfatto dalla mia risposta vaga.
Da quando era diventato curioso e impaziente quanto il sottoscritto?
Non trovavo le parole giuste, neppure nella mia mente, come avrei potuto spiegare ad un altro qualcosa che non riuscivo a capire neppure io?
- All'inizio erano come delle immagini che non riuscivo a interpretare, da qui si è passato a delle intenzioni, ma non è un progetto, non ancora. E se ne parlassi a voce alta diventerebbe qualcosa di reale. -
- Beh, allora rendilo reale. Qual è il problema? - Ezra mi fissava con i suoi occhi azzurri illuminati dall'emozione.
- Il problema è che non so se lo voglio! - gli voltai le spalle, mi sentivo stanco, forse perché piuttosto che dormire finivo per combattere contro il mio subconscio folle, forse perché sapevo quanto dovesse essere snervante per Ezra non essere a conoscenza dei miei pensieri più oscuri.
- Piuttosto, tu dove sei stato? - conoscevo già la risposta, ma in quel momento non mi andava di far morire la conversazione in quel modo.
- Prima sono passato a casa da Ariette, poi ho impiegato il mio tempo a scombinare la psiche già abbastanza provata della dolce Care. - Ezra rise piano, per lui doveva essere stata una serata piacevole.
- Perché lo fai? Hai chiuso con tuo padre, lei non è più un problema, eppure continui a tormentarla ... vuoi che finisca male? -
Anche in quel caso conoscevo la risposta, volevo semplicemente vedere fino a dove si sarebbe spinto. Avrebbe avuto il coraggio di ammettere le sue intenzioni?
Quello mi fissò a lungo, tanto che per un attimo credetti che non mi avrebbe più risposto, ma alla fine parlò. - Sai, potrei dirti che affermarlo a voce alta potrebbe renderlo troppo reale e non so se è quello che voglio ... -
Feci spallucce, però sotto sotto stavo ridendo. - Ma? -
- C'è un ma? -
- Certo che sì, l'ho sentito dalla tua intonazione. -

THOSE BAD ANGELSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora