47 Come si sente un bullo?

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▪Cristina

Io e la mia migliore amica combiniamo sempre guai.
Oggi abbiamo preso da parte una ragazza in bagno e abbiamo inziato a spintonarla a vicenda tra di noi.
Questa ci supllicava di fermarci, ma noi ridevamo, sembrava che stessimo giocando a pallavolo.
Io non la presi al volo e questa cadde a terra.
La mia migliore amica urlò "punto miooo"
"Non vale così però"
La ragazza per terra piangeva.
"Non siamo le migliori giocatrici di pallavolo della scuola?"
"Si, che lo siamo"
Alzai la ragazza prendendola di peso dalle spalle.
"Ora è il momento della battuta"
Le tirai un forte schiaffo in fondo alla schiena e poi la spinsi.
"Vi prego, basta mi sta venendo da vomitare"
"Ma perché tutte le nostre preferite ci pregano? Cazzo, non siamo a messa, contavamo su di te per avere dei nuovi modi per chiedere pietà"
"Raga cistì, la bidella" ci avvisa una nostra amica fuori dal bagno, il tempo di aprire la porta che la bidella ci trova abbracciate entrambe alla nostra vittima.
Ad alta voce le dicevamo "ti vogliamo tanto bene", nell'orecchio invece le sussurravamo "se dici qualcosa, ti facciamo volare dalla finestra".
Già, io e la mia migliore amica venivamo definite due bulle.
Zero peli sulla lingua, quando alla tipe che si credevano la Madonna scesa in terra dicevamo "tesoro se vuoi brillare, datti fuoco" e zero filtri quando facevamo scherzi alle nostre vittime prescelte.
Sceglievamo sempre chi era più debole, chi sapevamo che nessuno sarebbe stato abbastanza coraggioso per intervenire.
Non venivamo mai scoperte, figurati noi con la faccia da angioletti, cosi brutali e spietate? Impossibile.
Noi dalla buona famiglia, sempre presente e così disponibile? Impossibile.
Noi con i voti alti e il comportamento sempre a 10? Impossibile.
Eppure c'era qualcosa in noi di sadico, come se tutto quello che non potevamo fare a casa o sotto gli occhi di tutti, dovessimo farlo comunque, ma di nascosto.
Eravamo come quelle persone che lanciano il sasso e nascondono la mano, eravamo bulle insieme e ne andavamo fiere.
Poi un giorno, la chiamata all'ufficio del preside, qualche nostra vittima aveva confessato.
Eravamo nella merda.
Non presero provvedimenti, ci punirono direttamente come ci meritavamo.
Prima ci fecero stare di più a scuola, poi ci mandarono ad un corso riformatorio, poi decisero di dividerci : una delle due doveva cambiare scuola, se ne andò via lei e mi lasciò in eredità tutto l'odio di quelle persone che insieme avevamo deriso, ma da sola non ero nessuno, non facevo neppure più paura. Io imparai la lezione, lei credo che non l'abbia capita e si sia già trovata un'altra migliore amica là. Non ci siamo più sentite né viste.
Mi rimase sempre il carattere un po' strafottente,  prendevo ancora in giro le tipe con 3kg di trucco, ma mi mancava lei. Senza lei non era nulla divertente.
La cercai più volte, ma mi sentivo la vittima.
Parlava e parlava delle sue avventure nella nuova scuola, io stavo zitta ad ascoltare.
"Te invece che mi dici? Ti stai scassando lì scommetto"
"No, sono le stesse persone, hanno le stesse solite reazioni, non ho fantasia per fare nuovi scherzi e da sola non avrebbe neppure senso. E poi sai che c'è? Penso non sia più divertente, le persone ci stanno male"
"E che te ne frega di loro adesso?"
"E se fossi te al loro posto, lo troveresti divertente?"
"Quel corso riformatorio ti ha fatto il lavaggio del cervello, io per fortuna sono riuscita a non ascoltare manco una parola, dovevi farlo anche te"
"Io ho ascoltato e penso che il bullo è quello che fa le cose solo quando è in gruppo, io non ho più te a sostenermi, non ci riesco"
"Quanto sei fiacca"
"Io non voglio più far del male a nessuno"
E così che capì che io non ero nata per fare la più forte del gruppo, lo facevo solo per non fingermi la più debole.
Decisi di aiutare, invece che ferire.

Addio fottuti pensieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora