16- Le bugie, il gioco di squadra e il portafortuna

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P.O.V Caleb

Sedici anni prima

Corro senza fiato per tutte le stanze di casa, che mai prima d'ora mi era parsa tanto grande, e credo quasi di esserci riuscito, per la prima volta di averlo veramente seminato, per questo volto le spalle alla porta dello sgabuzzino che affaccia sul corridoio notturno, ma è una mossa troppo azzardata perché poco dopo la sua mano mi afferra per la calotta degli abiti, non appena tendo di scappare.

<Si può sapere dove credi di andare?>, chiede calma la sua voce.

<Fuori, lontano dalla mamma>

<E perché mai?>, lo domanda, ma è una trappola, per questo rimango in silenzio. <Ammetti che hai rotto il suo vaso preferito per fiori>

<No!Non ho rotto quel vaso, te l'ho già detto>

<Caleb ... non è bello mentire, lo sai>

<Non sto mentendo!> ribatto con convinzione, ma non è altro che un'ulteriore bugia contro degli occhi troppo perfetti, fuori dalla portata dei miei.

<A me puoi dirmelo che è successo, lo sai che ti crederei>

<Questo non è vero>

<Perché dici così?>

<Perché altrimenti mi avresti già creduto>

Per alcuni minuti non replica, così rimaniamo entrambi in piedi, io di fronte a lui, ancora deciso a dargli la schiena e a tenermi la mia bugia divenuta per me una realtà, ma a quanto pare non gli sta bene. Con una sola mossa, troppo veloce rispetto a come riesco a muovermi io, mi fa ruotare e mi porta di fronte a se, chinandosi nel frattempo così da risultare alla stessa altezza.

<Questo perché mi accorgo sempre quando menti>

Il modo con cui mi guarda ... non mi è mai piaciuto mi fa sentire un debole, ed io non voglio esserlo.

<Non ho rotto quel vaso, cerchi solo di incolparmi perché sei stato tu e non hai il coraggio di dirlo alla mamma!> gli grido addosso fino quasi a rabbrividire dallo sforzo al termine della frase, ma lui rimane impassibile inginocchiato al mio fianco, con quel verde puntato addosso come un laser, pronto a giudicarmi.

<Non è bello nemmeno dare la colpa agli altri, e tu lo fai spesso>

<Questo perché ti odio!>

<Mi odi?>

<Si!>

<Perché?>

Non lo so ... non so rispondere ... so solo che lo faccio, da sempre, è una cosa con cui convivo e mi fa stare male.

<Perché la mamma vuole più bene a te>

<Non è vero, la mamma vuole bene a entrambi>

<No, crede solo a quello che gli dici tu, a me non mi ascolta>

<Alcune volte lo fa, è vero, ma sai perché? Perché non pensa sia la verità, se tu le dessi modo di farlo, smettendo di mentire come un bambino capriccioso, lei ti ascolterebbe volentieri. Non pensi sarebbe tutto più facile, così?>

Serro le labbra e non faccio altro che fissarlo con odio, perché pur essendo consapevole in parte di aver rotto io quel vaso c'è un altro lato di me che crede fermamente sia stato lui a farlo, che sia lui la causa di tutto, ed è la parte di me che domina, mi è impossibile screditarla.

Ali di farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora